Nello spettacolare spazio espositivo dei Giardini della Biennale di Venezia e in un padiglione, quello nordico, che fa del dialogo con la natura circostante il suo fulcro, i paesi scandinavi ci propongono la mostra Weather report. Forecasting future.
Una cornice eclettica e internazionale, dove ogni paese presenta i suoi punti forti in fatto di arte contemporanea e dove i visitatori sono messi di fronte ai temi caldi che stanno interessando l’intero pianeta: questa è la 58° Esposizione Internazionale d’Arte. Le tematiche trattate sono varie, dall’impatto dei social media nella quotidianità alle disuguaglianze economiche ai sempre più crescenti cambiamenti climatici che avvengono nel nostro pianeta. I curatori Leevi Haapala e Piia Oksanen hanno scelto come tema portante del padiglione l’analisi della relazione tra l’uomo e gli elementi naturali legati al cambiamento climatico e all’estinzione di massa che sta caratterizzando il nostro futuro.
Un grande open space, i cui muri sono quasi del tutto sostituiti da finestre a nastro che portano luce all’interno dello spazio, ospita in un’installazione di ampio respiro le opere dei tre artisti partecipanti. Ciascuna opera occupa un suo spazio preciso senza avvicinarsi troppo alle altre, permettendo così una piena fruizione da parte dello spettatore. Nonostante la loro autonomia, tutte le opere sono legate da un intento comune:
“Il padiglione nordico non illustra tanto i fatti legati al cambiamento climatico, ma focalizza l’attenzione sulle scelte personali e sul comportamento di coesistenza tra l’uomo e le altre specie e l’ambiente che influenza le nostre vite, e su come questa relazione può evolversi nel futuro”
Leevi Haapala, curatore e direttore del Museum of Contemporary Art Kiasma
Lo studio è rivolto al futuro che gli artisti immaginano per il pianeta e per tutti gli organismi che lo abitano, grandi o piccoli che siano. L’attività umana ha alterato radicalmente l’ecosistema originale – cambiando di conseguenza anche il legame con ogni singolo organismo – e gli artisti hanno cominciato a sentire il bisogno di creare uno spazio in cui ragionare sulla situazione del pianeta. Il padiglione nordico esprime perfettamente questa necessità: gli artisti Ane Graff, Ingela Ihrman e il collettivo Naabteeri, utilizzando diversi supporti espositivi, collegano arte e scienza in un ragionamento che contrappone l’uomo ai vari microsistemi, ponendo l’accento sul fatto che “la capacità di sopravvivere come specie dipende dalla nostra abilità di percepire maggiormente il disastro naturale e risistemare l’equilibrio con gli ecosistemi naturali”.
Ane Graff si concentra sulle tossine ambientali quotidiane e il loro effetto distruttivo sui microrganismi del nostro corpo, utilizzando anche conoscenze scientifiche. Altissime teche dai vetri colorati sono sparse lungo lo spazio del padiglione e contengono delle entità umane sperimentali che si trasformeranno durante tutta l’esibizione interagendo tra loro ed escludendo il controllo dell’uomo dal processo. Il concetto di non controllo da parte dell’uomo si rifà al fatto che ciascuno di noi non si rende conto delle conseguenze disastrose che il cambiamento climatico, il riscaldamento globale, l’estinzione dei microbi intestinali e la diffusione di malattie hanno sul nostro corpo, per disinteresse o molto più probabilmente per mancanza di informazione del singolo. Graff ci vuole mostrare che anche nei livelli più intimi e nascosti ci possono essere delle conseguenze altrettanto importanti e dannose.
Ingela Ihram ci propone invece delle alghe colorate e fosforescenti che raccontano l’origine acquatica del corpo umano e le connessioni che questo ha con le altre forme di vita. In questo modo ciascuno di noi può identificarsi con altre specie animali o vegetali rompendo le barriere che dividono ogni tipologia e oltrepassando il senso di appartenenza. In altre installazioni è proprio l’artista ad accentuare questa rottura modificando il suo corpo attraverso tessuti e protesi e diventando un ibrido lei stessa.
Il duo Naabteeri (composto da Janne Naab e Maria Teeri) ha creato una sorta di banchetto per il vicinato non-umano, che circonda il padiglione dall’esterno. Attraverso un’installazione con piante che vivono in sacchi di sabbia e tubi che le alimentano grazie a compost posizionati al di fuori del padiglione, creano una sorta di piccolo ecosistema autosufficiente grazie alla mano iniziale dell’uomo. Il tutto è corredato da un video che analizza l’operato e ne spiega le funzionalità, puntando anche l’accento sulla responsabilità dell’umanità di prendersi cura di tutti i livelli di vita presenti nel nostro mondo, compresi anche quelli più piccoli come i batteri.
Tutti questi lavori permettono nel loro insieme di ragionare sulla vulnerabilità e sulla diversità dei sistemi naturali e vegetali, interesse dato anche dalla consapevolezza ambientale dei paesi nordici, considerati non solo paradiso politico ma anche ambientale, e dalla conseguente paura di perdere la natura incontaminata che tutti invidiano. Ecco che il padiglione diventa anche un modo per riconoscere il lavoro invisibile che la natura compie anche per il nostro benessere.