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Da vergognarsi dell’Italia. Non ci sono mai i Beni Culturali nei totoministri per il Conte Bis

Beni Culturali negati alla politica Beni Culturali negati alla politica
Beni Culturali negati alla politica
Beni Culturali negati alla politica

La lettura più maliziosa vuole che il motivo sia che si tratta di un dicastero “debole”, con poche poltrone connesse, con pochissimo budget, qualcosa come lo 0,2% del PIL

E sia chiaro, qui non è una questione di destra o sinistra, gialli o verdi o rossi: la cosa si ripete da sempre, e noi siamo ancora così ingenui da continuare a stupircene. Neanche se nelle scelte e nelle liturgie della politica contasse qualcosa non diciamo l’etica, ma almeno la logica: niente da fare, passano i Letta, i Renzi, i Conte con annessi Di Maio e Salvini, i Conte Bis, ma la scena non cambia. E quel che è peggio non cambia il Paese, in questo caso specifico i media del Paese, che contribuiscono – eccome – a formarne opinioni e successive scelte. Arriviamo al dunque: non vogliamo certo ricorrere all’ormai consumato e mai verificato refrain che vuole che l’Italia detenga il 50% del patrimonio artistico globale, ma nessuno potrà negare che i nostri monumenti e la nostra ricchezza artistica costituiscano un unicum per quantità e qualità, un “asset” su cui puntare fortemente per il rilancio della nostra sconquassata e mai competitiva economia. E – quasi per paradosso – il ritornante premier Giuseppe Conte, nel suo discorso programmatico, ha assicurato che il suo nuovo governo nascerà con davanti a se molti “per”, e fra questi ha citato “per la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale“.

Giuseppe Conte
Giuseppe Conte

Eppure, come – ripetiamo – da prassi ormai cronicizzata, nelle frenetiche trattative circa la futura squadra di governo il Ministero dei Beni Culturali non compare mai. MAI. Perché? La lettura più maliziosa – lasciamo a voi giudicarne la fondatezza – vuole che il motivo sia che si tratta di un dicastero “debole”, con poche poltrone connesse, con pochissimo budget, qualcosa come lo 0,2% del PIL. Considerazioni forse ciniche? Ma allora quale sarebbe la ragione, trattandosi peraltro di un ruolo di grande prestigio anche internazionale, confermato – una su tutte – dalla primazia nella creazione dei Caschi Blu della Cultura? Niente budget, niente poltrone, nessun aspirante: alla faccia dell’etica politica. Questa situazione, è normale che sia così, trova riscontro nei media: che nella corsa di questi giorni a vaticinare la futura compagine governativa, saltano a piedi pari il ministero del Collegio Romano. O lo citano di sfuggita, quasi fosse una noiosa incombenza – spuntano svogliatamente i nomi di Anna Ascani e Gianni Cuperlo – di cui non si può fare a meno.
Abbiamo passato qualche ora in rete a compulsare le risposte alla ricerca “totoministri”: e i primi risultati confermano maledettamente questa realtà. Fanpage, Sky, Quotidiano.net, La7, Agi, Virgilio, Il Messaggero: tutti si soffermano sulle previsioni per il Vicepresidente del Consiglio, per i ministri dell’Interno, degli Esteri, della Difesa, dell’Economia, dell’Ambiente, della Giustizia, dello Sviluppo Economico, delle Infrastrutture, qualcuno si sbilancia su Istruzione e Salute. Beni Culturali inesistenti. Beffarda Repubblica, che dopo aver snocciolato le previsioni di cui sopra, chiosa con un “infine Lorenzo Guerini potrebbe entrare nel governo come responsabile per gli Affari regionali”. Infine, ma prima il Mibac non c’è: letteralmente “infine”…

Massimo Mattioli

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