Il primo anello di congiunzione tra pittura e cinema? Le lune di Rousseau e Méliès
1969, l’uomo sbarca sulla luna. Ma quello è un sogno che ha origini ben più antiche, e che nella mente di poeti, pittori e artisti ha preso forme innumerevoli volte, in svariate forme. Era il 1902 quando a Parigi venne presentato “A trip to the Moon” di Georges Méliè, quello che viene considerato a tutti gli effetti come il primo film di fantascienza della storia del cinema. Tra le icone più rappresentative della Settima arte la leggendaria Luna dalle sembianze umane di Méliès ha un posto speciale.
A chi si ispirò Méliès per dare “volto” a quella luna? A questa domanda ha provato a rispondere il regista e storico del cinema italiano Michele Diomà, che racconta: «Nel gennaio 2018 mi trovavo a Manhattan per la preparazione del mio primo film in lingua inglese, quando in un pomeriggio libero da impegni di lavoro, ho deciso di visitare il MoMA (The Museum of Modern Art) di New York. Tra tutti i quadri, uno in particolare mi lasciò davvero sorpreso, mi riferisco a “The sleeping gypsy” dell’artista francese Henri Rousseau, un’opera realizzata nel 1897. Nello specifico, un particolare di quel quadro aveva attratto maggiormente la mia attenzione, ovvero la luna presente alle spalle della zingara. Era la prima volta che osservavo da vicino la versione originale del quadro di Rousseau, ma quella luna aveva qualcosa di molto familiare per la mia memoria di studioso del cinema. Un istante dopo trovai la risposta! Quella era la luna che avevo visto migliaia di volte in “A trip to the Moon” .
La particolarità che hanno in comune le due lune, quella del quadro di Rousseau e quella del film di Méliès, è che entrambe hanno un volto umano ironico e surrealista, una bocca che sorride ed un occhio che sembra quasi ammiccare allo spettatore».
Continua Diomà: «In seguito a quell’intuizione ho fatto diverse ricerche, ma non ho trovato alcuna pubblicazione al riguardo, ecco perché ho iniziato a indagare per capire se poteva essere possibile affermare che Georges Méliès si fosse ispirato a “The sleeping gypsy” per creare la sua memorabile luna dal volto umano. In modo da poter dire senza remore, che le due opere rappresentano il primo anello di congiunzione tra pittura e cinematografia.
I punti a favore di questa tesi sono innumerevoli; intanto sia il regista Georges Méliès che il pittore Henri Rousseau nel 1902 vivevano a Parigi. Entrambi non facevano ancora parte della schiera di artisti che rappresentavano la Cultura ufficiale. Oggi li definiremmo artisti underground o indipendenti.
Ricordiamo che Georges Méliès era considerato qualcosa di simile a un prestigiatore che organizzava le proiezioni dei sui film per stupire ed emozionare un pubblico prevalentemente non colto, in spettacoli che si svolgevano in un’atmosfera quasi da rappresentazione circense. Allo stesso modo Henri Rousseau veniva considerato un pittore non professionista, in quanto autodidatta non diplomato in alcuna Accademia, e che soltanto negli ultimi anni della sua vita fu rivalutato, persino da Pablo Picasso che gli dedicò parole di apprezzamento, un traguardo ottenuto dopo un’esistenza di stenti.
Altro punto in comune tra Méliès e Rousseau è il loro stile onirico: nelle loro opere tutto poteva essere plausibile, anche una spedizione di scienziati sulla luna, in un’epoca in cui l’aviazione era ancora sperimentale. Ricordiamo che il primo volo senza soste da New York a Parigi avverrà soltanto nel 1927, ben un quarto di secolo dopo la prima proiezione di “A trip to the Moon”.
E per quanto riguarda lo stile onirico di Rousseau basta ricordare un’opera come “The dream” anch’essa esposta al MoMA, dove possiamo vedere raffigurata una donna con accanto degli enormi fiori della grandezza di un corpo umano, oltre a due mansueti leoni dal volto buffo, rappresentati ironicamente più come simpatici gattini che come due belve feroci.
Non è da escludere quindi che Méliès si sia potuto ispirare alla luna dipinta da Rousseau nell’opera “The sleeping gypsy” creando il primo anello di congiunzione tra pittura e cinematografia, in un periodo storico in cui soltanto la pittura era considerata arte, mentre il cinema, come sappiamo, un’invenzione destinata a divertire per pochi anni il pubblico più incolto».
Michele Diomà ha voluto inserire questa ricerca storico artistica nella sceneggiatura di “Dance again with me Heywood!”, film interamente girato a New York al quale ha partecipato anche il premio Oscar James Ivory.
Michele Diomà (1983) è un regista e produttore cinematografico italiano; tra le opere dirette, il documentario “Born in the U.S.E.”, il lungometraggio “Sweet Democracy” che si avvale della partecipazione dell’attore e drammaturgo premio Nobel Dario Fo. Il suo ultimo film, ancora inedito, “Dance again with me Heywood” è prodotto dalla New York Neorealism Factory.