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Volti senza nome, geometrie senza titolo: Marisa Merz in mostra Lugano

Marisa Merz Senza titolo 1993 grafite su carta Fabriano 164 x 150 cm © SIK-ISEA, Zürich (Jean-Pierre Kuhn) Kunst Museum Winterthur, acquistato con il fondo della lotteria del Cantone di Zurigo, 1999 Marisa Merz Senza titolo 1993 grafite su carta Fabriano 164 x 150 cm © SIK-ISEA, Zürich (Jean-Pierre Kuhn) Kunst Museum Winterthur, acquistato con il fondo della lotteria del Cantone di Zurigo, 1999
Marisa Merz Senza titolo 1993 grafite su carta Fabriano 164 x 150 cm © SIK-ISEA, Zürich (Jean-Pierre Kuhn) Kunst Museum Winterthur, acquistato con il fondo della lotteria del Cantone di Zurigo, 1999
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Rame, nylon, creta e disegno. Questa la ricetta che Marisa Merz ha seguito per imporsi come unica donna del movimento dell’Arte Povera. La Collezione Olgiati di Lugano si sofferma sull’indagine che l’artista ha dedicato al volto umano in una mostra che la celebra a pochi mesi dalla scomparsa.

Non ha mai amato molto farsi vedere in pubblico e nemmeno cedere con leggerezza parti di sé ad esso. Introspettiva e riflessiva, Marisa Merz è stata solita, per un periodo della sua vita, a biforcare le sedi delle sue mostre: una parte in uno spazio pubblico – galleria o museo che fosse -, un’altra in un luogo intimo e privato, come la cantina di casa sua oppure lo studio. Due spazi complementari che segnalano il contrasto che l’artista viveva nel lasciare le sue opere staccarsi da lei, proponendole al pubblico. Una vulnerabilità che la spaventava, tanto da provare a contenerla nelle mura sicure di un posto conosciuto. Ci piace pensare che lì tenesse i lavori più veri, più intimi, più fragili. A poco più di 2 mesi dalla scomparsa la sua sensibilità artistica è nelle mani di Beatrice Merz, che ha curato l’esposizione Marisa Merz. Geometrie sconnesse palpiti geometrici. Ad ospitarla è la Collezione Giancarlo e Danna Olgiati di Lugano, che dal 22 settembre 2019 al 12 gennaio 2020 prende spunto da alcune opere già presenti nella propria raccolta – arricchite da prestiti esterni, tra cui quello proveniente dalla collezione dell’artista – per dedicare una mostra all’unica donna dell’Arte Povera.

Marisa Merz Senza titolo 1976 Argilla cruda, pittura oro, cera, su treppiede metallico 139 x 45 x 46,5 cm © Roberto Pellegrini Collezione Giancarlo e Danna Olgiati
Marisa Merz Senza titolo 1976 Argilla cruda, pittura oro, cera, su treppiede metallico 139 x 45 x 46,5 cm © Roberto Pellegrini Collezione Giancarlo e Danna Olgiati

Il suo tocco femminile ha accarezzato gli anni Sessanta dell’arte italiana portando freschezza in un movimento duro e rigido come quello dell’Arte Povera, caratterizzato dall’impostazione rigorosa e un approccio non proprio malleabile nei confronti dell’esistenza. La ricerca di Marisa Merz, al contrario, sulla quale si sofferma anche l’esposizione svizzera, ha indugiato spesso anche sulla figura umana, in particolare il suo volto, alleggerendo la sperimentazione attorno alla scultura contemporanea, di cui lei si è fatta in ogni caso interprete sfruttando rame, nylon e argilla.

Proprio da queste sperimentazioni prende piede la mostra, che attraverso 45 opere copre più di 50 anni dell’esperienza artistica di Marisa Merz. Senza Titolo del 1975 testimonia la passione per il rame, materiale leggero e flessibile, che quando utilizzato in fili da adito a soluzioni che galleggiano sul confine tra disegno e scultura. Ridurre in questo modo la divisione tra due mezzi espressivi così differenti non è cosa da nulla, ma l’artista dimostra di sapersi muovere su questo territorio affidandosi anche al nylon. Come al termine di un sentiero (quasi) obbligato, Marisa Merz prova successivamente a dare forma compiuta ad entrambe le pratiche, analizzandole in modo indipendente.

Marisa Merz Senza titolo 1976 Argilla cruda, pittura oro, cera, su treppiede metallico 139 x 45 x 46,5 cm © Roberto Pellegrini Collezione Giancarlo e Danna Olgiati
Marisa Merz Senza titolo 1976 Argilla cruda, pittura oro, cera, su treppiede metallico 139 x 45 x 46,5 cm © Roberto Pellegrini Collezione Giancarlo e Danna Olgiati

Così, se da una parte utilizza l’argilla per dare forma alle sue celebri testine di creta e portare a compimento la sua idea scultorea, dall’altra approfondisce il disegno attraverso diverse tecniche. Sono queste due soluzioni che indirizzano la sua attività più tarda alla ricerca delle sfumature dei volti, spesso irreali e per questo, forse, universali:

“Il percorso della mostra è disegnato per permettere alle singole opere di intrattenere un dialogo serrato tra loro creando, così, un campo di forza scandito da una successione di volti sconosciuti e trasfigurati, ma profondamente reali”; volti o figure che “sono eseguiti attraverso la sovrapposizione di segni e materie, in un ritmo quasi ossessivo”

Beatrice Merz

Il titolo stesso della mostra Geometrie sconnesse palpiti geometrici – frase autografa dell’artista, appuntata su una parete della sua casa-studio – si pone come sibillina guida al personalissimo universo segreto di Marisa Merz, di cui la mostra di Lugano desidera restituire la complessità lirica e rigorosa al tempo stesso.

Marisa Merz Senza Titolo 1975 Filo di rame 4 x 23 x 9 cm ciascuna © Renato Ghiazza Collezione dell'artista Courtesy Fondazione Merz
Marisa Merz Senza Titolo 1975 Filo di rame 4 x 23 x 9 cm ciascuna © Renato Ghiazza Collezione dell’artista Courtesy Fondazione Merz

*Marisa Merz Senza titolo 1993 grafite su carta Fabriano 164 x 150 cm © SIK-ISEA, Zürich (Jean-Pierre Kuhn) Kunst Museum Winterthur, acquistato con il fondo della lotteria del Cantone di Zurigo, 1999

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