Tre mariti (Napoleone Bonaparte, Adam Neipperg e Charles-René de Bombelles), Maria Luigia, la duchessa amata dai parmigiani anche per aver cambiato il volto di Parma, non è particolarmente ricordata per le monete coniate. Fa eccezione la pezzatura argentea da 25 grammi, che la zecca di Milano nel 1821 produsse per conto della duchessa col valore da 5 lire. Tre, pare coniati in memoria della morte del fu marito, Napoleone, avvenuta a Sant’Elena il 5 maggi 1821, gli esemplari coniati. Un niente se si tien conto che nel 1815 delle presse uscirono 92.544 esemplari e 43.996 nel 1832. Rara fin da subito, con lo scorrere del tempo la moneta ha visto accrescere il suo interesse. Nel 1984, segnala il catalogo Gigante, in conservazione ad un soffio dal fior di conio, registrò un prezzo martello di 69.300.000 lire, mentre nel 2014, asta Genevensis, il prezzo realizzato ammontò a 166.279 euro.
Il 28 ottobre, asta Nomisma a San Marino (www.nomismaweb.com), chi intendesse far propria la moneta che fece la sua prima apparizione in asta Santamaria del 1961, deve disporre di almeno 250.000 euro. Questa la stima segnata nel catalogo dell’importante vendita Nomisma numero 60 che comprende 500 lotti. Non forse tutte rarità come segnato in copertina del catalogo, ma sicuramente monete di grande importanza. Come Matteo Del Grande aveva fatto dieci aste fa, quanto ad essere festeggiata con importanti monete era stata, per l’appunto, l’asta numero 50.
Difficile, tra tante importanti monete, fare delle scelte. Del lotto top, quello appunto di Maria Luigia, abbiamo detto. Ora parliamo delle 2 doppie d’oro di Mantova, mandate a produrre da Ferdinando Gonzaga (1612-1626), secondogenito di Vincenzo I e di Eleonora de’ Medici che, appena ventenne, Paolo V creò cardinale. Due anni prima la coniazione della moneta d’oro della Pisside, e cioè nel 1612, lasciata Roma fece ritorno a Mantova per cingere la corona ducale rimasta vacante per la morte del fratello Francesco. Eccellente opera di Gaspare Mola, uno dei migliori incisori del Seicento del Barocco italiano, al diritto la moneta propone il profilo del giovane cardinale Gonzaga, mentre il rovescio è occupato da due angeli che sorreggono la pisside – di qui il nome della moneta – che, secondo la tradizione, conterrebbe terra imbevuta col sangue di Gesù, raccolta dal soldato romano Longino che con la propria lancia trafisse il costato di Cristo. Stima: 15.000 euro.
Bello e prezioso pure l’aureo di Marco Aurelio Tacito che sul finire del 275, ormai sessantacinquenne (un’età avanzata per l’epoca), salì sul trono imperiale rimanendovi fino al giugno del successivo 276. Secondo alcuni studiosi “le coniazioni fatte nel breve regno di Tacito manifestano in forme varie e abbondanti il consueto patriottismo ottimistico”. Come la Roma eterna raffigurata sul rovescio del conio imperiale che Nomisma propone a 20.000 euro, e che nel 2006 spuntò 35.000 franchi svizzeri.
Ben rappresentata la monetazione papale tra la quale spicca il doppio fiorino di camera di Adriano VI, papa per un anno e nove mesi. La piccola moneta del peso di 6,77 grammi d’oro, mostra da un lato lo stemma dell’ultimo pontefice straniero prima di Giovanni Paolo II e dall’altro Pietro pescatore. Un elemento figurativo che ricorre con una certa frequenza sulle monete dei romani pontefici. La stima attribuita è di 30.000 euro. Esattamente come la piastra d’argento per la Sede Vacante del 1724 che portò all’elezione di Benedetto XIII dopo un conclave durato dal 20 marzo al 29 maggio e molti colpi di scena e intromissioni delle grandi potenze. Le immagini rispettano l’antica consuetudine: stemma del cardinale camerlengo, in questo Annibale Albani, sovrastato dalle insegne di Sede vacante e dal lato opposto lo Spirito Santo, mostrato sotto forma di colomba, che illumina un cielo in precedenza coperto da nubi.
Tanto di cappello, tra le copiose monete dei Savoia, alle 20 lire del 1821 di Vittorio Emanuele I, presentato come “di gran lunga il miglior esemplare conosciuto”, e di conseguenza offerto a partire da 150.000 euro.
Non mancano, si capisce le monete dei nostri giorni. O quasi. La serie divisionale, composta dagli spiccioli che vanno da 1 a 10 lire del 1947 che in conservazione fior di conio (se da un qualche cassetto spunta uno di questi spiccioli, che sicuramente presenta segni più o meno evidenti legato al passaggio di mano in mano, di borsellino in borsellino, il suo valore è infimo) prevede una partenza da 6.000 euro. In vendita Varesi (www.varesi.it) del 12 novembre, la sola monetina da 10 lire, s’intende in conservazione fior di conio, praticamente passata direttamente dalla pressa alla collezione, è proposta a 5.000 euro. Due prove, nell’ordine delle 10 lire col Pegaso e l’ulivo del 1946 (€ 8.000); le 50 lire del 1950 con l’Italia laureata e Vulcano che lavoro all’incudine (€ 2.000) e le mitiche 500 lire d’argento del 1957 con le bandierine rovesciate (€ 12.000). Nella vendita del 9 novembre Numismatica Ranieri di Bologna (www.numismaticaranieri.it) offre un esemplare della stessa moneta di prova, ma in conservazione quasi splendida, quindi con segni di usura, a 5.000 euro.
ASTA
Lunedì 28 ottobre, Palace Hotel, Serravalle, via Cinque Febbraio, Repubblica di San Marino
Lotti 1/500
Dalle ore 15
ESPOSIZIONE Lunedì 28 ottobre, Palace Hotel, Serravalle, via Cinque Febbraio, Repubblica di San Marino
Dalle ore 9,30 alle 15