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Femminismo e amarezza. Vienna dedica una retrospettiva a Maria Lassnig

Maria Lassnig, Sleeping with a Tiger, 1975. Maria Lassnig Foundation Maria Lassnig, Sleeping with a Tiger, 1975. Maria Lassnig Foundation
Maria Lassnig, Sleeping with a Tiger, 1975. Maria Lassnig Foundation
Maria Lassnig, Sleeping with a Tiger, 1975. Maria Lassnig Foundation

Espressionista, astrattista, pioniera della body art, la pittrice carinziana che visse anche a Parigi e New York, Maria Lassnig, è in mostra a Vienna

Per i cento anni dalla nascita, l’Albertina Museum  ricorda Maria Lassnig con una grande retrospettiva in circa 80 opere, che analizza il suo innovativo linguaggio pittorico. Una mostra in collaborazione con lo Stedelijk Museum di Amsterdam. Fino al 1° dicembre 2019.

Quell’uso energico, a tratti violento, eppure solare del colore, combinato con l’indagine fisica e psicologica del corpo umano, in particolare quello femminile, fanno di Maria Lassnig (1919-2014) la più avanzata fra gli artisti austriaci del secondo Novecento, portatrice di istanze femministe ma anche indagatrice delle angosce di un’umanità scampata sì alla guerra, ma caduta subito dopo nell’incubo del materialismo.

Spinta dall’urgenza di fissare sulla tela lo stato d’animo di una società in rapida trasformazione, negli anni della sua formazione giovanile, dopo gli studi all’Accademia di belle arti di Vienna dal 1941 al 1944, approfondì in maniera autonoma i grandi movimenti modernisti del primo Novecento, ovvero l’Espressionismo, il Cubismo e il Surrealismo. Ma non era questo che poteva soddisfare il suo rapporto con l’arte, Lassnig era alla ricerca di uno stile personale con cui provare a lasciare un’impronta nel mondo dell’arte. E a Parigi nel 1951, la conoscenza dell’Informale le aprì inattese possibilità di coniugare lo studio delle emozioni e delle sensazioni fisiche del corpo con un linguaggio pittorico che potesse dirsi libero da vincoli e dal peso del passato.

Maria Lassnig, Woman Power, 1979. Albertina Wien Sammlung Essl (c) Maria Lassnig Stiftung
Maria Lassnig, Woman Power, 1979. Albertina Wien Sammlung Essl (c) Maria Lassnig Stiftung

La mostra, curata da Beatrice von Bormann, copre il periodo che va dal 1945 agli ultimi anni di vita dell’artista, facendo risaltare il suo personalissimo linguaggio pittorico in stretta connessione con il corpo, che costituisce la cifra di questa pittrice che sa essere drammatica e sensuale, ironica e tragica insieme, che indaga l’esistenza secondo gli atavici archetipi di Eros e Thanatos, e vi affianca il radicalismo del secondo Novecento.

L’approccio di Lassnig verso l’Informale non prescinde da un massiccio uso del colore, perché a suo dire un segno eccessivamente minimalista comportava il rischio di cadere nella sterilità astratta, quando invece c’era bisogno di concretezza. Nella sua pittura il mondo antropomorfo sì incontra con quello zoomorfo, in una simbiosi fra uomo e natura drammatica e affascinante insieme, fra convivenza e conflittualità, e molto spesso le figure di animali hanno la funzione di metafora di pulsioni o aspirazioni dell’umanità.

Come racconti mitologici dell’antichità, le pitture di Lassnig si aprono a molteplici letture, possiedono la tensione latente del conflitto fra opposti, attraggono e respingono l’osservatore, riecheggiano i suoi drammi interiori e allo stesso tempo raccontano quelli di intere generazioni. L’osservazione del quotidiano si unisce alle rivendicazioni femministe; a Parigi sono gli anni dell’Esistenzialismo e delle prime avvisaglie d’emancipazione femminile, Simone de Beauvoir spiana la strada al femminismo del decennio successivo. Il suo non è un approccio esplicitamente sessuale, l’esibizione del corpo ha un carattere psicologico, diventa il simulacro di una mentalità, di una maniera di affrontare l’esistenza e i suoi feticci primordiali, come l’amore e la morte, la violenza e il pericolo della natura selvaggia. Un continuo mettersi in discussione per saggiare la propria capacità di resistenza.

Maria Lassnig, You or Me, 2005. Collezione privata Courtesy Hauser & Wirth (c) Maria Lassnig Stiftung
Maria Lassnig, You or Me, 2005. Collezione privata Courtesy Hauser & Wirth (c) Maria Lassnig Stiftung

Quello della body art sarà un percorso che Lassnig porterà avanti negli anni a seguire, che trova espressione non soltanto nelle pitture ma anche in alcune pellicole sperimentali degli anni Settanta, che si avvicinano al carattere della performance, dove la sensualità non lascia mai campo alla sessualità, anche in virtù di una certa ispirazione all’estetica surrealista. Il corpo è un leitmotiv costante nell’opera di Lassnig, che sia umano oppure animale, o ancora dalle sembianze di mostri medievali o mitologici; in questi ultimi si riconoscono le metafore di un malessere sociale nato fra le spire dell’alienazione urbana e del materialismo.

Le armi da fuoco che compaiono qua e là nelle pitture non sono tanto simboli di violenza verso gli altri, quanto potenziali strumenti di suicidio. Nonostante una pittura solare, espressa per tramite di colori delicati e luminosi, aleggia un latente senso di morte sulla pittura di Lassnig, la quale, pur seguendo con interesse l’emancipazione femminile, non sembre nutrire particolare fiducia nel genere umano.

Maria Lassnig, Self-Portrait with Stick, 1971. Maria Lassnig Stiftung (c) Maria Lassnig Stiftung
Maria Lassnig, Self-Portrait with Stick, 1971. Maria Lassnig Stiftung (c) Maria Lassnig Stiftung

Maria Lassnig. Ways of Being

Fino al 1° dicembre  2019

Albertina
Albertinaplatz 1,
1010 Wien, Austria

albertina.at/en/

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