Dal 18 ottobre al 31 dicembre 2019 la Cripta di S. Seplolcro, da poco finemente restaurata, ospita i tre video-performance del ciclo The Kitchen. Homage to Saint Therese di Marina Abramovich, dedicati alla Santa che identificò il proprio autoerotismo nel godimento con Dio.
Ancora una volta, dopo Bill Viola, Michelangelo Antonioni e Andy Warhol, l’antico foro milanese si rivela un’ottima location per ospitare opere video novecentesche e contemporanee.
“Gli vedevo nelle mani un lungo dardo d’oro, che sulla punta di ferro mi sembrava avere un po’ di fuoco […] Il dolore della ferita era così vivo che mi faceva emettere dei gemiti, ma era così grande la dolcezza che mi infondeva questo enorme dolore, che non c’era da desiderarne la fine, né l’anima poteva appagarsi che di Dio. Non è un dolore fisico, ma spirituale, anche se il corpo non tralascia di parteciparvi un po’, anzi molto”. (Santa Teresa d’Avila, Autobiografia, XXIX, 13)
Nel diciassettesimo secolo Bernini aveva già scolpito l’estasi di Teresa d’Avila (1515-1582) trafitta dalla freccia infuocata di un angelo, additando le sue sofferenze religiose a isteria. La Santa è anche una figura chiave della Psicoanalisi e secondo Lacan è la perfetta incarnazione del godimento femminile, rispetto a quello maschile meno inchiodato al versante dell’avere e dunque più libero e spirituale. Nel 1993 una nuova rappresentazione scultorea (Arched Figure) prova a indagare gli amplessi di Teresa d’Avila, scolpita da Louise Bourgeois (1911-2010) senza braccia e senza testa. Questa volta, anche se il titolo Estasi della mostra sembra riferirsi a una nuova riflessione sulla sessualità clericale, Marina Abramovich (Belgrado, 1946) decide di concentrarsi su un altro episodio meno conosciuto. Si racconta che la Santa, mentre stava cuocendo la minestra, fu colpita da una lievitazione involontaria e rimase sospesa in aria sopra la pentola in ebollizione. Per la prima volta provò ira nei confronti di Dio, che le impediva di scendere per nutrire se stessa e le consorelle.
The Kitchen. Homage to Saint Therese si compone di tre video, che documentano altrettante performance tenute nel 2009 dall’artista nell’ex convento di La Laboral a Gijón, in Spagna. È la prima volta che la trilogia viene presentata nello stesso spazio – nel 2018 due video erano stati installati al Palazzo Strozzi e uno era proiettato accanto a Michelangelo nel Duomo della capitale toscana , pensato, come conferma il curatore Giuseppe Frangi (Milano, 1955), nonché direttore scientifico di Casa Testori, per essere un percorso narrativo. Il primo video che incontriamo è uno zoom sulle mani dell’Abramovich che incorniciano, tremanti, un teschio antropico, simbolo della fragilità umana, ma anche gesto di protezione quasi materno nei confronti della cultura. L’inquadratura, che sacrifica la scenografia retrostante, è un omaggio a Vanitas, la natura morta dipinta da Pieter Claesz (1597-1661) nel 1630.
Nella seconda video-performance la telecamera si allarga e si scorge l’ambientazione in cui è avvenuta l’azione dell’Abramovich. La cucina nell’ex convento di La Laboral a Gijón e soprattutto la metafora del refettorio dove Teresa d’Avila e le altre monache clarisse nutrivano centinaia di orfani di minatori ogni giorno. Ma la cucina è anche un luogo della memoria familiare per l’Abramovich, che ricorda come il fumo del caffè turco faceva da sfondo ai racconti della nonna.
“La cucina di mia nonna è stato il fulcro del mio mondo: tutte le storie venivano raccontate in cucina, ogni consiglio sulla mia vita veniva dato in cucina, il futuro, contenuto nelle tazze di caffè nero, veniva letto e annunciato solo in cucina; quindi è stata davvero il centro del mio universo, e tutti i miei ricordi più belli nascono lì”.
Durante la performance l’artista è in piedi, regge una ciotola in alluminio colma di latte, sguardo a terra e aria turbata. La sua azione è dedicata ai “terremoti spirituali” che coglievano Teresa d’Avila probabilmente durante l’orgasmo, simboleggiato dalle gocce biancastre risuonanti sul pavimento a causa dei tremori dell’Abramovich.
Il terzo video in mostra è il più iconico e svela completamente il contesto in cui la performance viene realizzata. La cucina è invasa da enormi pentole, mestoli e coperchi in ferro, mentre l’artista è sospesa a braccia e gambe aperte. Il video, di dodici minuti, è sintetico rispetto alla performance, che vide l’Abramovich appesa a una carrucola per circa un’ora. L’opera si spegne con la chiusura delle gambe e l’incrocio delle braccia, come a voler annunciare il meritato riposo dell’artista.
Martina Valcamonica ha progettato l’allestimento della trilogia video-performativa con alcuni display molto simili ad altari, in dialogo con le statue presenti in sala e le pitture della Pinacoteca Ambrosiana distanti solo fisicamente dall’opera dell’Abramovich.
Estasi di Marina Abramovich
18 ottobre-31 dicembre 2019
Cripta di S. Sepolcro, Pinacoteca Ambrosiana
Piazza Pio XI, Milano
www.ambrosiana.it