Miserere: soffro dunque sono. La new wave del cinema greco continua a indagare il disagio della contemporaneità
Babis Makridis dirà poco e niente perfino ai cinefili più attenti. Yorgos Lanthimos, regista ormai di culto, accenderà invece una scintilla negli occhi dei meno distratti. Bene, dietro ai due registi greci c’è (anche) il lavoro di uno sceneggiatore che da anni lavora con entrambi: Efthymis Filippou. Sue le sceneggiature Dogtooth, Alps, The Lobster e Il sacrificio del cervo sacro di Lanthimos.
Makridis, dopo il debutto sul grande schermo con L (2012), sceglie di nuovo la firma Filippou per il suo secondo lungometraggio: Miserere. Dopo esser stato presentato alla scorsa edizione del Torino Film Festival, il film arriva ora anche nelle sale italiane (da 24 ottobre distribuito – coraggiosamente – da Tycoon Distribution).
Miserere mette in scena la storia di un uomo felice solamente quando si sente infelice, o meglio… Solo quando gli altri lo credono infelice. Il protagonista di questa black comedy è un uomo di successo, un avvocato, con una vita apparentemente perfetta, per quanto ordinaria: capelli ben tagliati e ordinati, un’aria distinta, bei vestiti, una bella casa vicino al mare. Un giorno, quando la moglie finisce in coma in seguito a un incidente, scopre un mondo di pietà e commiserazione nei suoi confronti, a causa della sua sfortunata condizione.
L’avvocato – non è dato sapere il suo nome – si sorprenderà così a ricercare questa commiserazione di continuo, come fosse una vera e propria droga: un omaggio dalla vicina di casa, un contatto intimo con persone che altrimenti non lo degnerebbero di attenzione diventano momenti essenziali della sua giornata, a cui non vorrebbe rinunciare
Miserere ribalta le attese dello spettatore grazie ad uno humor nero che dilaga in un mare di disagio: «Abbiamo voluto conferire alla sceneggiatura un po’ di humour – ha dichiarato il regista Babis Makridis – perché, a nostro avviso, ogni film è una commedia. Questo è esattamente quel che abbiamo spiegato alla nostra troupe. Mi piace pensare che “Miserere” abbia in sé un po’ di Jacques Tati».
Il film di Makridis si colloca alla perfezione nel solco della “tradizione” del nuovo cinema greco, silenzioso e deflagrante allo stesso tempo: nato ai tempi della crisi più nera ha trovato autori pronti a portare sullo schermo il disagio dilaniante di esistenze alienate, solitarie, allucinate: gelide e palpitanti di disagio. Oltre al già citato ricordiamo – per i più curiosi – Interruption di Yorgos Zois (2016), Luton di Michalis Konstantatos, Miss Violence di Alexandros Avranas (2013), Attenberg di Athina Tsangari (2015) e Wasted Youth di Argyris Papadimitropoulos.
“Piccoli” film coraggiosi da non lasciarsi scappare.