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Enfant terrible: la storia del controverso esordio teatrale di Carmelo Bene

Carmelo Bene Carmelo Bene
Carmelo Bene
Carmelo Bene

Un racconto di un Carmelo Bene a soli 17 anni, quando nella prima del Caligola esibì per la prima volta tutto il suo talento e tutte le sue controversie.

12 ottobre 1959. Al Teatro delle Arti di Roma, platea e galleria sono stracolme di pubblico per la prima del Caligola di Albert Camus. La regia è di Alberto Ruggiero, i costumi e la scenografia di Titus Vossberg. Durante i primi dieci minuti l’azione compunta degli attori trasmette il senso di una classicità scontata. Ma quando appare sul palcoscenico il diciassettenne Carmelo Bene – sino a quel momento sconosciuto al pubblico e alla critica militante – avviene qualcosa di sconvolgente. Dalla condizione iniziale, dal taglio solenne di romanità imperiale, si transita alla maschera e al recitativo del giovane Carmelo, ingegnosa sigla interpretativa alla quale è rimasto fedele sino a quando è uscito di scena: la sonorità atonale della dizione, il gioco ritmico nasale delle parole tramutate in mantra lamentoso, gli occhi esorbitanti e mobilissimi, la recitazione ritmica fino allo scherno, del tutto priva di senso rispetto al costrutto e al significato delle parole.

Al culmine della sua performance Carmelo Bene congegna un incidente di sapore dada: con un pugno manda in frantumi uno specchio sul proscenio, e colpisce con le schegge il pubblico delle prime due file gridando: “Gli uomini muoiono e non sono felici!” Alla fine dello spettacolo esplodono sia gli applausi che i fischi in un incredibile parapiglia.

Carmelo Bene
Carmelo Bene

Posso testimoniare – perché c’ero anch’io – l’impropria indignazione di Tino Buazzelli, primo attore allo Stabile di Milano diretto da Strehler, che si mette a miagolare piuttosto penosamente per fare il verso a Carmelo. All’uscita, Alberto Ruggiero e Carmelo Bene fermano il critico teatrale Nicola Chiaramonte, il più autorevole in quel momento, che sentenzia: “È troppo presto per scrivere su questa vostra neo avanguardia”. Ed è del tutto inutile spiegargli che hanno avuto un incontro con Albert Camus. Lo scrittore, assai compiaciuto per la loro energia e giovane età, ha dato il suo assenso alla rappresentazione, ricordando al giovanissimo Carmelo Bene che Gérard Philipe aveva anche lui diciassette anni quando ha impersonato Caligola. Quella notte restano svegli inutilmente, in attesa di una recensione sul Messaggero, che ignora l’evento.

Carmelo mi ha scritto in seguito: “Trenta sere in cui ho dovuto chiudere gli occhi, anche per non vedere quale viso possa assumere la fratellanza (lo sai che ha nome Alberto [Ruggiero – ndr]”. L’ultimo round tra i due è a botte. Nell’autobiografia Sono apparso alla Madonna, pubblicata dalla Longanesi nel 1983, Carmelo Bene si libera di Alberto in poche righe: “Della regia del Caligola se ne occupò Alberto Ruggiero che non ho più rivisto da quel dì”.

Ho ancora incontrato Carmelo Bene nel 1960. Era a Genova per organizzare una nuova edizione del Caligola con la sua regia. Me lo sono trovato seduto nell’ultima fila del teatro La Borsa di Arlecchino, dove era in scena un mio testo in due atti, Erasmo Bahaus e i naufraghi, con Alberto Ruggiero regista e primo attore. Lui e Carmelo non si sono neppure salutati. Un’ultima nota mia personale: Ruggiero era completamente ubriaco quando ha recitato il mio testo. Da allora ho chiuso con il teatro. In fondo, ero un diverso. In più, ero astemio.

Carmelo Bene, Otello
Carmelo Bene, Otello

Eppure il destino iniziatico di Carmelo Bene è stato proprio Alberto Ruggiero, un torinese dalla breve e intensa passione teatrale che aveva scritto una serie di copioni mai messi in scena. Studente di chimica, nella metà degli anni Cinquanta aveva partecipato al Centro Universitario Teatrale; aveva collaborato e litigato con il regista Ernesto Cortese. Ruggiero, Lucio Cabutti e il sottoscritto avevamo organizzato a Palazzo Carignano, prima sede dell’Unione Culturale presieduta da Franco Antonicelli, una serie di manifestazioni dedicate all’arte e alla poesia nella Resistenza. Con Carmelo Bene si erano conosciuti a Roma negli anni Cinquanta. Erano due giovani passionali dal cuore d’oro che esibivano genio e abbondante sregolatezza. A Roma avevano coabitato nella stessa soffitta. Uno temeva l’altro. Uno si specchiava nell’altro. Si erano incontrati e mal soppesati nel periodo in cui avevano frequentato a Roma l’Accademia d’Arte Drammatica, diretta dal mitico Orazio Costa. Poi l’avevano abbandonata, oramai disincantati dal “recitar cantato” alla Ruggero Ruggeri, da quella cantilena monotona che ha avuto illustri eredi come Renzo Ricci, Vittorio Gassman e Giorgio Albertazzi.

È stato Alberto Ruggiero a impostare il “recitar ritmato” di Carmelo Bene, il quale ha aggiunto di suo il timbro nasale “alla Petrolini”.
È stato Alberto a presentarmi Carmelo. Carmelo avrebbe voluto un mio testo in versi per la casa discografica Ricordi. Non se n’è fatto nulla.

Per celebrare il ricordo di Carmelo e stabilirne l’importanza storica è uscita la pubblicazione Il Sommo Bene, un volume di 425 pagine che raccoglie gli atti del convegno del 2002, Le arti del del Novecento e Carmelo Bene, organizzato da Edoardo Fadini alla Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino. Sono 54 testimonianze di protagonisti di un’area culturale legata allo spettacolo. Il volume esce dopo la scomparsa di Edoardo Fadini. L’editore Kurumuny , rischiando in proprio, ha portato a termine l’impresa per il sommo bene della nostra memoria.

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