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Milano a lume di candela. Per la prima volta in Italia la luce di Georges de La Tour

Georges de La Tour (studio) L'educazione della Vergine, 1650 ca. olio su tela 83.8 x 100.3 cm The Frick Collection New York U.S.A. Georges de La Tour Pagamento dei debiti olio su tela 99 x 152 cm Lviv National Art Gallery Lviv Ucraina
Georges de La Tour (studio) L'educazione della Vergine, 1650 ca. olio su tela 83.8 x 100.3 cm The Frick Collection New York U.S.A.
Georges de La Tour (studio)
L’educazione della Vergine, 1650 ca.
olio su tela
83.8 x 100.3 cm
The Frick Collection
New York
U.S.A.
Georges de La Tour (1593 – 1652) (Studio of)
The Education of the Virgin, c. 1650
oil on canvas
33 in. x 39 1/2 in. (83.82 cm x 100.33 cm)
Purchased by The Frick Collection, 1948.
Accession number: 1948.1.155

Per la prima volta in Italia una mostra dedicata a Georges de La Tour. A Milano va in scena l’Europa della luce, a Palazzo Reale dal 7 febbraio al 7 giugno 2020. Per la prima volta in Italia una mostra dedicata al più celebre pittore francese del Seicento e ai suoi rapporti con i grandi maestri del suo tempo.

Georges de La Tour (studio) L'educazione della Vergine, 1650 ca. olio su tela 83.8 x 100.3 cm The Frick Collection New York U.S.A.
Georges de La Tour
Pagamento dei debiti
olio su tela
99 x 152 cm
Lviv National Art Gallery
Lviv
Ucraina

La mostra, promossa e prodotta dal Comune di Milano Cultura, Palazzo Reale e MondoMostre Skira, è a cura della Prof.ssa Francesca Cappelletti e vanta un comitato scientifico composto da Pierre Rosenberg (già direttore del Louvre), Gail Feigenbaum (direttrice, Getty Research Institute), Annick Lemoine (direttore, Musée Cognacq-Jay), Andres Ubeda (vice direttore, Museo del Prado).

La mostra a Palazzo Reale e gli studi del catalogo riflettono sulla pittura di Georges de la Tour, caratterizzata da un profondo contrasto tra i temi “diurni”, crudamente realistici, che ci mostrano un’esistenza senza filtri, con volti segnati dalla povertà e dall’inesorabile trascorrere del tempo e i temi “notturni” con splendide figure illuminate dalla luce di una candela: modelli assorti, silenziosi, commoventi. Un potente contrasto tra il mondo senza pietà dei “diurni” e la compassionevole rappresentazione delle scene “notturne” che colpisce ancora oggi. Dipinti che conservano il segreto della loro origine e della loro destinazione. Come rimane un mistero la formazione del pittore, compresa la possibilità o meno di un suo viaggio italiano.

La prima mostra in Italia dedicata a Georges de La Tour, attraverso dei mirati confronti tra i capolavori del Maestro francese e quelli di altri grandi del suo tempo – Gerrit van Honthorst, Paulus Bor, Trophime Bigot, Hendrick ter Brugghen e altri – vuole portare una nuova riflessione sulla pittura dal naturale e sulle sperimentazioni luministiche, per affrontare i profondi interrogativi che ancora avvolgono l’opera di questo misterioso artista.

Georges de La Tour Maddalena penitente, 1635 - 1640 olio su tela 113 x 92.7 cm National Gallery of Art Washington D.C. U.S.A.
Georges de La Tour
Maddalena penitente, 1635 – 1640
olio su tela
113 x 92.7 cm
National Gallery of Art
Washington D.C.
U.S.A.

Un progetto che si presenta particolarmente complesso per diversi aspetti, tra i quali il numero di prestatori (26 da tre continenti) che ha coinvolto alcune delle più grandi istituzioni internazionali come la National Gallery of Art di Washington D.C., il J. Paul Getty Museum di Los Angeles, la Frick Collection di New York, il Chrysler Museum di Norfolk, la National Art Gallery di Lviv, più una grande partecipazione delle istituzioni museali regionali francesi, come il Musée des Beaux-Arts di Nantes, il Musée du Mont-du Piété di Bergues, il Musée départemental d’Art ancien et contemporain di Epinal, il Museée des Beaux-Arts di Digione, il Musée Toulouse-Lautrec di Albi, il Musée départemental Georges de La Tour di Vic-sur-Seille.

Nonostante l’alone di mistero che avvolge l’artista lorenese e la sua opera, da decenni ormai Georges de La Tour è uno dei pittori prediletti dai francesi e non solo. Inevitabile il paragone con un altro insigne pittore del primo Seicento, l’inquieto Caravaggio, con il quale il francese condivide il senso drammatico, teatrale, della composizione e lo studio accurato della luce, anche se non si sa se La Tour abbia mai avuto modo di ammirare le opere del Merisi.

Georges de la Tour (Vic-sur-Seille,1593– Lunéville, 1652), è una delle grandi riscoperte artistiche del Novecento. Dal 1915, anno in cui il tedesco Hermann Voss pubblicò un articolo rivelatore sulla sua opera, il pittore del Seicento francese non smette di affascinare generazioni intere di storici dell’arte, che si prodigano alla ricerca di documenti, quadri e disegni preparatori che testimonino l’attività di un artista straordinario, non convenzionale ed emozionante.

La Tour fu un pittore molto stimato ai suoi tempi, originale per la mistura di spiritualità e di realismo, sempre in bilico fra delicatezza e brutalità. Guardato spesso con una certa diffidenza: padre di 11 figli, dal carattere difficile e con un gran numero di cani randagi. Eppure ebbe successo prima nel Ducato di Lorena dove nacque, e poi a Parigi dove fu nominato, nel 1639, pittore del re Luigi XIII.

Le sue tracce, e quelle della sua opera, si persero però durante tutto il XVIII e XIX secolo, non solo, ma anche a causa delle guerre per l’indipendenza che sconvolsero la sua terra natale.

Tra i capolavori presenti in mostra, spicca la commovente intensità emotiva della Maddalena penitente (National Gallery of Art di Washington D.C), La lotta dei musici (J. Paul Getty Museum) che esprime con crudo realismo uno dei temi più cari al pittore francese, le scene di gruppo raffiguranti frammenti della vita popolare, così come di nuda realtà parla il Suonatore di Ghironda col cane (Musée du Mont-de-Piété di Bergues), anche questa tra le più rappresentative dell’opera di La Tour.

La Tour è un artista enigmatico, che ritrae angeli presi dal popolo, santi senza aureola né attributi iconografici, e che predilige soggetti presi dalla strada, come i mendicanti, dipingendo in generale gente di basso rango più che modelli storici o personaggi altolocati. I pochi quadri riconosciuti come autografi sono perlopiù di piccolo o medio formato, intimi, privi di sfondo paesaggistico, notturni e, soprattutto nella presunta ultima fase artistica, quasi dei monocromi dall’impianto geometrico, semplice ma modernissimo per l’epoca.

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