Una serata magica alla scoperta della Gypsotheca rivivendo la vita e i lavori del più grande scultore neoclassico italiano: Antonio Canova.
Antonio Canova (1757-1822) è stato il più grande scultore italiano del Neoclassicismo e il suo ricordo pervade la città di Possagno, grazie alla Gypsotheca che il fratello Monsignor Giovanni Battista Sartori fece costruire dall’architetto Francesco Lazzari tra il 1832 e il 1836 nel giardino di casa Canova. L’edificio nacque con il preciso scopo di raccogliere tutto il materiale rimasto nell’atelier di Roma, in via delle Colonnette, e donargli una nuova casa a Possagno. L’edificio originario, denominato anche ala ottocentesca, presenta una pianta rettangolare suddivisa in tre settori e si conclude con un’abside, il soffitto è coperto da una solenne volta a botte con cassettoni.
Nel 1917 una granata colpì il tetto della Gypsotheca distruggendo alcuni gessi e lesionandone altri, ma grazie all’aiuto dei restauratori Stefano e Siro Serafin la Gypsotheca riaprì i battenti nel 1922. Durante la seconda guerra mondiale i gessi furono spostati all’interno del tempio di Possagno fino al 1946, anno in cui tornarono nella loro casa. Nel 1957 Carlo Scarpa venne chiamato per aggiungere una nuova ala all’edificio (poi denominata ala Scarpa), composta da uno spazio rettangolare che si restringe verso la fine, le cui pareti sono sostituite da finestre che donano luce naturale e illuminano i bozzetti e le statue.
Accanto alla Gypsotheca c’è la casa natale, un edificio seicentesco (ristrutturato tra fine ‘700 e inizio ‘800) trasformato in museo per raccogliere i dipinti ad olio e tempera, i bozzetti, gli strumenti del mestiere e alcuni arredi originali. Completa il tutto un piacevole giardino organizzato secondo una struttura veneta, con aiuole di fiori, alberi da frutto e un bellissimo roseto. Oggi questa realtà è un riferimento per i musei del mondo che custodiscono gelosamente i capolavori in marmo del Canova, tra cui l’Ermitage di San Pietroburgo, il Victoria & Albert Museum di Londra e il Metropolitan Museum of Art di New York.
È in questa cornice unica ed estremamente suggestiva che si svolge una splendida iniziativa: Alla luce di Psiche. Questo evento si propone di unire il museo alla realtà locale di Possagno, grazie a una cena con prodotti locali, e permette di conoscere le superbe opere del maestro Canova attraverso una visita guidata alla Gyspotheca completamente al buio e alla casa natale.
La cena apre la serata nello splendido spazio della foresteria, una sala intima e accogliente, in cui i partecipanti sono invitati a prendere posto e conoscere i nuovi compagni di viaggio: i partecipanti infatti si trovano a condividere i tavoli. Ad accompagnare le chiacchiere dei commensali una buonissima cena a base di prodotti locali e di stagione, un modo perfetto per far conoscere le meraviglie culinarie del luogo.
La serata prosegue poi con la divisione in due gruppi per usufruire meglio dell’occasione di poter avere un museo tutto per sé per un’intera serata.
Una parte della visita è dedicata alla casa natale del Canova, appartenuta prima al nonno Pasino, tagliapietre e scultore locale. La casa, donata insieme alla Gypsotheca al comune di Possagno nel 1853, raccoglie una collezione molto nutrita: si parla di 43 disegni, 120 incisioni realizzatedal Canova per ideare una prima versione della scultura, e 51 dipinti, realizzati tra il 1798 e il 1800 dal momento che lo scultore fu costretto a tornare a Possagno dopo l’arrivo dei francesi a Roma (scelta obbligata non avendo con sé il materiale necessario per scolpire). Punto di forza della casa è la riproposizione dell’atelier dell’artista con la ricostruzione dei vari passaggi che compongono la tecnica usata da Canova per la creazione delle sue opere: la tecnica del vuoto a perdere. L’intero processo di sbozzatura della statua, dalla sua prima vita come bozzetto in terracotta alla sua copia a grandezza reale in gesso, fino alla versione in marmo, era compiuto per lo più dai collaboratori dell’atelier. Canova portava le ultime scalpellate alla scultura, rendendo le linee più decise e delicate e passando le superfici prima con pietre pomici o cartocci di pannocchie e successivamente con una patina rosa per rendere le statue di “vera carne” (oggi molte statue hanno perso questa patina a causa dei restauri, l’unica ad averla conservata è la Maddalena di Genova, conservata a Palazzo Bianco).
Il momento sicuramente più suggestivo della serata è la visita alla Gypsotheca, a luci artificiali spente e illuminata solo da alcune lanterne che segnano gli spazi. L’intento è quello di ricreare l’atmosfera che Canova aveva nel suo studio di Roma, quando fuori era buio, i collaboratori erano andati a casa e l’artista si trovava da solo a guardare le sue creazioni alla tremula luce di una lanterna ad olio e ne ultimava i dettagli. Come catapultati nel passato, ci si ritrova a godere di questi gessi e marmi (la collezione vanta un totale di 120 pezzi) con la sola luce calda di queste piccole lanterne capaci di catturare ogni panneggio, ogni ricciolo delle acconciature e ogni piega del corpo delle statue, creando un gioco di luci e ombre capace di lasciare senza parole tante sono la forza e la perfezione che trasmettono. Ogni statua deve essere vissuta a 360°, la luce che ondeggia sulle pieghe rivela i segreti di ogni scultura riportando emozioni vere e travolgenti: questa è la magia del Canova.
Avvicinandosi a Venere scolpita nell’attimo di incoronare Adone ci si perde nello sguardo di amore e preoccupazione che scorre tra i due (siamo nel momento in cui Venere cerca di dissuadere Adone a partecipare alla caccia al cinghiale perché gli sarà fatale) e si rimane estasiati di fronte al gioco di luci e ombre creato dal gesso imperfetto e non levigato, particolare di rilevanza perché questa scultura è l’unica a dimostrare il passaggio precedente alla creazione della forma (un involucro in gesso bianco che ricopre il modello in argilla a grandezza reale e che e permette di creare il negativo nel quale poi verrà versato del gesso liquido. Una volta solidificato questo diventerà il modello da cui prendere le misure per sbozzare il blocco di marmo). Di tutt’altra natura il legame che invece lega il gruppo scultoreo di Venere e Marte, dio totalmente dedito alla guerra da non lasciarsi fermare neanche dalla dea dell’amore, che cerca in ogni modo di attirarlo a sé in un abbraccio sinuoso ma vano. La luce poi si porta su alcuni dei gruppi scultorei più eleganti e femminili del Canova: le tre Grazie, Paolina Borghese, il cui gesso è stato creato sul corpo della donna stessa tanto le sue forme erano perfette, e la Venere italica. I movimenti sinuosi di queste donne sono resi ancora più aggraziati dalla luce che danza tra le pieghe dei corpi e dei superbi panneggi che ricoprono in maniera delicata le fanciulle. Uno sguardo attento va dedicato anche ai piedi delle tre Grazie, immortalati in una danza armonica ed eterna. Chiude la visita la statua della Maddalena penitente, completamente accasciata su se stessa in preda a un dolore intenso che però traspare appena da quella goccia di luce sulla guancia che si nota avvicinando la lanterna al suo viso. Tutto intorno, “nascosti” nell’ombra, altri gruppi scultorei leggermente illuminati ma capaci comunque di trasmettere potenza e bellezza.
Un’esperienza magica e capace di lasciare una sensazione completamente diversa di queste sculture che alla luce del giorno regalano un’emozione capace di smuovere qualsiasi visitatore, ma che forse solo illuminate dalle fiammelle delle lanterne esprimono appieno la loro potenza e il loro fascino, grazie alle sapienti doti che solo un maestro come Canova può padroneggiare.