Luigi Valadier fa ritorno a Galleria Borghese, Roma, grazie ad una grande mostra a lui dedicata. Orafo, argentiere, bronzista: l’artista è stato poliedrico interprete del suo tempo e fidato collaboratore della famiglia Borghese. VALADIER. Splendore nella Roma del Settecento, in esposizione fino al 2 febbraio 2020.
Gli stessi corridoi che oggi percorriamo visitando Galleria Borghese, a Roma, un tempo recavano i segni dei passi di Luigi Valadier (1726-1785). La splendida residenza, immersa nel verde della tenuta che fu del cardinale Scipione Borghese, è da sempre legata al celebre orafo, autentico genius loci della Villa. Luigi Valadier fu infatti al servizio del principe Marcantonio e del progetto di riconfigurazione dell’edificio affidato all’architetto Antonio Asprucci; realizzò inoltre, dal 1759 in poi, numerose opere su committenza dei Borghese: come il rifacimento della cappella di famiglia in Santa Maria Maggiore e di quella del SS. Sacramento in Laterano. Da quel momento in poi l’orafo, argentiere e bronzista italiano si impegnò in numerose opere a favore dei Borghese, ma anche di altri importanti committenti, realizzando grandi imprese decorative.
Per questo Galleria Borghese custodisce alcuni capolavori dell’artista (come l’Erma di Bacco e la coppia di Tavoli dodecagonali), per questo ha deciso di dedicare il proprio autunno espositivo a questo suo grande artista del XVIII secolo. VALADIER. Splendore nella Roma del Settecento, fino al 2 febbraio 2020 in esposizione, raccoglie circa 90 opere tra sculture sacre, arredi liturgici, argenti profani, bronzi, arredi da tavola, metalli dorati con marmi e pietre dure e disegni. La vasta ed eterogenea proposta testimonia tutte le tipologie e tecniche artiche con cui Valadier si è confrontato e permette quindi di scoprirne, in una sola occasione, gran parte della produzione.
Si susseguono opere sacre come il servizio per pontificale del Cardinal Orsini da Muro Lucano e come le statue di santi dall’altare della cattedrale di Monreale; bronzi come le riproduzioni di statue antiche realizzate da Valadier per sovrani e principi europei, provenienti dal Louvre; i preziosi oggetti di arredo, dai servizi da tavola agli orologi e ai bronzetti, fino al mirabile sostegno in marmi, bronzo e cristallo di rocca del cammeo di Augusto, eseguito per il Museo Sacro e Profano in Vaticano; le straordinarie invenzioni dei deser, trionfali centrotavola, come quello ordinato dal Balì di Breteuil e poi venduto a Caterina II di Russia, oggi a San Pietroburgo, o la ricostruzione del tempio di Iside a Pompei per Maria Carolina d’Austria, dal Museo di Capodimonte.
Alcune di queste si fregiano inoltre di particolarità eccezionali, vuoi per la vicinanza con la loro posizione originaria – come nel caso delle monumentali lampade d’argento realizzate per il santuario di Santiago de Compostela, partite da Roma nel 1764 e mai più rientrate prima di questa occasione né mai prestate in precedenza -, vuoi per la rarità (e la totalità) con cui queste vengono presentate: il bronzo del San Giovanni Battista dal Battistero San Giovanni in Fonte al Laterano, restaurato in occasione della mostra, è infatti esposto per la prima volta al di fuori della sua nicchia e visibile nelle sue parti usualmente nascoste.
Lo spirito di approfondimento e ricerca che la curatrice Anna Coliva ha infuso nel delineare l’esposizione è testimoniata anche da un’importante sezione dedicata ai disegni. Questi sono infatti uno strumento fondamentale per comprendere l’evolversi del procedimento creativo di Valadier, dall’ideazione alla realizzazione dell’opera. I bozzetti e gli studi preparatori rappresentano inoltre una possibilità unica di scoprire le opere oggi disperse, come il servizio in argento dorato realizzato per i Borghese. Nel complesso la mostra si configura come dunque come una doverosa analisi dell’interprete per eccellenza di quel momento cruciale del Settecento, dal quale sono scaturiti i valori della modernità fondati sullo studio e sulla conoscenza della civiltà antica squisitamente romana.