In scena a Novara la mostra “Divisionismo. La rivoluzione della luce”, fino al 5 aprile 2020.
La luce bagna il Castello Visconteo di Novara. Una luce rivoluzionaria, quella dell’esposizione curata da Annie-Paule Quinsac, che scaturisce dal cortocircuito dei colori vibranti di ogni opera. Il Divisionismo è non solo una tecnica pittorica, ma un’estetica, usa le teorie scientifiche del colore per sprigionare intensità luminosa dalle pennellate. Prima del futurismo, prima del cubismo, prima delle avanguardie, in Italia c’erano loro: Giovanni Segantini, Pelizza da Volpedo, Gaetano Previati, Carlo Fornara, Vittore Grubicy de Dragon, Emilio Longoni. Lo studio accademico della curatrice -risale al 1972 il libro “Le peinture disionniste italienne” e ancora il più recente (2015) catalogo “Grubicy e l’Europa alle radici del divisionismo”, edito da Skira– si concretizza nella puntualità dell’informazione della mostra allestita a Novara.
L’esposizione, con otto sezioni tematiche, raccoglie quasi una settantina di opere provenienti da importanti musei, istituzioni pubbliche e collezioni private. La Quinsac, con chiarezza e semplicità, ha ripercorso la storia del Divisionismo dai prodromi fino alla consacrazione accademica. Nel prologo, la prima sala, la pittura scapigliata degli anni ’80 dialoga con quelli che saranno i Divisionisti.
Qui si manifesta l’eredità scapigliata, quella de “Il bambino Morisetti” di Ronzoni, e fa capolinea la prima opera realizzata con la divisione del colore, “La portatrice d’acqua” di Segantini (1886) – restaurato per l’occasione. La seconda sala apre le porte della Triennale di Brera del 1891, trasportando il pubblico nell’inospitale ambiente accademico che definì le sei opere divisioniste, lì presentate per la prima volta, come frutto dell’eclissi di genio. Le altre stanze indagano gli anni in cui si afferma il Divisionismo. Il percorso espositivo si snoda tra sale dedicate a singoli autori: la quarta è dedicata a Pellizza da Volpedo, il più giovane del gruppo, con i suoi primi quadri divisionisti come il piccolo “Il ponte” o i due capolavori “La processione” e “Il fienile”. C’è quella onirica che raccoglie i quadri di Previati, tra cui spicca l’intensità emotiva di “Le tre Marie ai piedi della croce”, sia nella versione olio su tela sia carboncino su cartone. Prima però, un piccolo corridoio espone il grande trittico de “La migrazione in val padana”, canto del cigno del pittore, indebolito nello spirito da eventi infelici.
7 disegni rappresentano la poetica di Segantini nella sala “il gioco dei grigi”; le sue opere sono quasi tutte in territorio austroungarico, pochissime quelle presenti in Italia. Annie-Paule Quinsac ha un debole per l’artista di Arco, il primo ad adottare la tecnica divisionista, e negli anni gli dedica un catalogo generale, 1982, svariati saggi e importanti mostre giunte fino al Giappone (Segantini Japan 1978). Seguono sale tematiche, come quella sulla neve che svincolandosi da pregiudizi e preconcetti- chi frequenta mostre sa come un tema tanto generalista possa indebolire la narrazione espositiva- regala un ambiente abbacinante e vibrante. Sembra quasi di sentire il tonfo di passi attutiti da un folto strato di neve.
Negli ambienti del castello novarese, Segantini, Longoni, Morbelli, Pellizza, Previati e Fornara, i creatori del Divisionismo, sono rappresentati nella loro evoluzione.
La scelta geografica e cronologica è ben ponderata, come afferma Paolo Tacchini, il presidente della associazione METS. La città a confine tra Torino e Milano nell’Ottocento ha vissuto un inteso fermento politico-sociale, ma sopratutto artistico e culturale. A 120 anni dalla scomparsa di Segantini, 100 da quella di Morbelli e a un secolo dalla fine del movimento artistico, Novara si colora nuovamente con pennellate divise e accostate.
Il sindaco Alessandro Canelli pone l’accento sulla capacità innovativa del capoluogo piemontese di creare una strategia che ne attenzioni il panorama artistico e l’offerta culturale. Lungimirante la scelta dei partner, dei collaboratori, degli sponsor. Fondamentale è l’apporto della Banca BPM, main sponsor, che riesce a portare in mostra, per la prima volta nel novarese e in maniera gratuita, l’opera del 1890-1891 di Gaetano Previati “Maternità”. Una secolarizzazione della sacra conversazione, un arazzo perso nel colore – come lo definirono nel 1891– opera che spiazza il visitatore già dall’ingresso del castello a piano terra.