Bambini che giocano, coppie che si baciano, paesi in festa. A Palazzo Reale di Milano, 300 immagini ripercorrono la vita professionale di Letizia Battaglia oltre il cliché di fotografa della mafia. Fino al 19 gennaio 2020.
Letizia come gioia. Battaglia come lotta. Che la si legga come lotta gioiosa o gioia combattiva, Letizia Battaglia (Palermo, 1935) porta il nome del suo approccio alla vita: dal suo interesse incondizionato per le vicende del mondo al suo sconfinato amore per il prossimo. Non soltanto una fotografa e nemmeno una semplice reporter, bensì un’attivista che ha saputo testimoniare, denunciare e scuotere le menti. Tra le più importanti figure della fotografia contemporanea, Letizia Battaglia ha lottato e continua a lottare con un’unica arma: la sua macchina fotografica, che restituisce agli occhi di chi guarda una realtà senza filtri.
A Palazzo Reale, 300 fotografie ripercorrono la sua carriera, declinata in un percorso narrativo che esplora diverse tematiche e supera lo stereotipo della fotografa della mafia. A curare la mostra Storie di strada, in programma fino al 19 gennaio 2020, è Francesca Alfano Miglietti, a cui la Battaglia riconosce il merito di aver saputo mettere ordine nella sua vita: «La mostra qui a Milano racchiude la mia vita. Mi sono commossa a guardare le sale allestite, stamattina. Francesca ha saputo raccontarmi con ordine».
Promossa da Comune di Milano | Cultura, Palazzo Reale e Civita Mostre e Musei, la mostra anticipa il palinsesto I talenti delle donne, che nel 2020 proporrà iniziative multidisciplinari dedicate ai personaggi femminili protagonisti nella cultura. Milano, che in quanto città è lo spazio prediletto dall’artista per l’osservazione della realtà, non è scelta a caso: è qui che l’artista, all’età di 36 anni, ha preso in mano la sua vita:
«Nel ’71 ero appena arrivata a Milano con la mia piccola esperienza, senza soldi, senza futuro. Proposi degli articoli a vari giornali, dal Corriere a Il Giorno, e loro mi dissero “E le foto?”. Fu così che inizia a costruire la mia vita».
E così, la Milano degli anni ’70 emerge dagli scatti della fotografa siciliana: non la città patinata e ingannevole che siamo abituati a vedere, bensì la Milano della gente, delle manifestazioni e degli spettacoli, dei personaggi di spicco dell’epoca e dei bambini dei quartieri popolari.
Letizia Battaglia non si è meritata fama e consenso del pubblico per la sola bellezza dei suoi scatti, ma anche e soprattutto per il valore etico e civico che ha saputo attribuire alla fotografia: ci sono i bambini che giocano alle armi nelle strade polverose di Palermo, tra i suoi scatti più famosi; i ritratti a Pasolini al circolo Turati, durante un dibattito dedicato alla censura e alle vicende processuali del film I Racconti di Canterbury; gli attimi rubati a giovani coppie innamorate di cui sembra sentire il battito del cuore; la Palermo del 2018, a colori, durante il Pride.
E poi, certo, le immagini più crude, quelle impresse nella memoria del popolo italiano con le quali Letizia Battaglia si è affermata tra le prime fotoreporter donne in Italia, nel periodo in cui dirigeva il team fotografico del quotidiano comunista L’ORA di Palermo: i funerali di Peppino Impastato, la madre che con dignitosa compostezza regge la foto del figlio ucciso dalla mafia, o quelle scattate per caso all’omicidio di Piersanti Mattarella, che vede l’attuale presidente della Repubblica Sergio Mattarella trascinare fuori dall’auto il corpo esanime del fratello, ennesima vittima della criminalità organizzata.
Una critica sociale profonda e costante che ha saputo superare gli stereotipi per restituire un’immagine dell’Italia così com’è. Letizia Battaglia si è sempre interrogata su ciò che la circonda, dalle situazioni più critiche ai piccoli momenti in grado di rivelare la bellezza della vita, trasformando il suo sguardo in immagini immediate, vive e straordinarie – immagini che oggi rappresentano un viaggio a ritroso nel Bel Paese, ma soprattutto nell’anima di una donna che ha dedicato tutta la sua vita alla fotografia.
«Ho pianto, mi sono chiesta “Sono io che ho scattato queste foto?”. Non sono perfette, ma hanno un senso. Concludere qui, nella città in cui ho iniziato, è fantastico. Francesca ha messo ordine nei piccoli gesti che hanno composto la mia vita. Oggi più che mai sento forte il valore della riconoscenza per la vita. Un fotografo è spesso solo, ma in questi momenti io non sono sola»
Informazioni
5 dicembre 2019 – 19 gennaio 2020
Lunedì 14:30-19:30
Martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9:30-19:30
Giovedì e sabato 9:30-22:30
Biglietto Open 15 €, Intero 13 €, Ridotto 11 €