“Marciume, crepe visibili”. Saltz, l’amatissimo/temutissimo critico del New York Magazine, sfotte il can-can attorno alla nuova trovata di Maurizio Cattelan
Come preteso dal copione non scritto di Maurizio Cattelan e del meccanismo da lui messo in moto con le sue trovate, tutto succede dopo. La sua “opera” non è quella esposta in galleria o in fiera, non si realizza con chi la vende né con chi l’acquista, ma con quanti ne parlano. Bene, male, basta che se ne parli. Ed in questo centra sempre il suo obbiettivo: anche le persone più avulse al giro dell’arte contemporanea, in questi giorni dibattono della celebre banana venduta per 120mila dollari (anzi, la terza per 150mila). I social si riempiono di commenti, di analisi più o meno concettuose, delle più strampalate parodie.
Parodia scelta anche nientemeno che da sua maestà Jerry Saltz, l’amatissimo/temutissimo critico del New York Magazine, che ha riformulato la “banana” nella sua accezione volgare a sinonimo di pene. Senza dissimulare divertimento, il vincitore del Premio Pulitzer, uno non certo conservatore né facile a scandalizzarsi per gli eccessi creativi, ha accompagnato il suo disegno – commentatissimo su Facebook e Instagram – con parole inequivocabili. “Joke art, shock-your-Nana-art, art about art about art: tutto questo è stato DOA (dead on arrival, morto all’arrivo, ndr) per oltre un decennio”, ha scritto Saltz, dopo aver parlato di “marciume”, di “crepe visibili” in qualcosa che rappresenta “un 1% dell’1% dell’1% del mondo dell’arte”. “Ovviamente artisti, collezionisti, dealers e critici idioti non si sono accorti che persino prenderlo sul serio is to put the gun to your own head (una pistola in testa, ndr)”.