La fotografa Veronica Gaido intervistata al Motel
Cara Veronica,
bentrovata al Motel Nicolella, spero che questa moquette non sia troppo âgée per i tuoi gusti. Mentre ti scrivo queste poche righe di presentazione mi è venuta in mente la prima volta che ci siamo conosciuti, diversi anni fa, a Montecarlo (che detta così pare la più colossale delle sboronate, ma è vero).
Avevo capito che eri una persona particolare quando appena finita la cena, verso mezzanotte, sei partita per tornare a casa in Toscana, con davanti una notte di guida. E tra l’altro dopo diversi bicchieri di bianco (gli amari non li ricordo).
Beh, per chi non ti conoscesse, sei una fotografa, o sarebbe meglio dire artista ormai. Sono talmente tanti i tuoi progetti di cui ho scritto articoli in questi anni che non li elenco tutti perché dimenticherei qualcosa di sicuro.
Nel 2001 hai collaborato con la biennale di Venezia di Harald Szeemann per il bunker poetico di Marco Nereo Rotelli. Nell’agosto del 2002 la tua prima mostra “sabbie mobili” presso lo spazio di Massimo Rebecchi a Forte dei Marmi, curata da Maurizio Vanni.
Poi l’Henraux, il mio amico Enrico Mattei, Essaouira… e via.
– Oggi, attraverso un like su Instagram sono venuto a sapere che vivi a New York. A New York? E che ci fai lì?
Mi sono trasferita perché questa città è un crocevia cruciale di cultura innovazione arte ricerca e letteratura. Nel mio mondo essere qui equivale per gli artisti del ‘400 essere a Firenze. La parte interessante nel vivere un esperienza newyorkese è in realtà lo specchio di culture che mi riflettano informazione di prima mano e mi permette di lavorare con maggiori precisioni su quelli che sono i miei progetti, in tutti questi anni spesi a cavallo tra la professione e l’arte il poter dialogare con artisti, fotografi, galleristi mi sta servendo per poter cominciare a pensare a nuovi progetti sia di immagine che di arte. Ogni angolo che vedi, ogni cosa che mangi ogni persona che racconta la sua storia ti scatena mille spunti di riflessione.
– Parliamo dei tuoi inizi: se non sbaglio hai scattato anche di moda?
Ho iniziato lavorando al Super Studio 13 in via Forcella a Milano e all’epoca non esisteva ancora il digitale ma solo lastre e pellicole e poca possibilità di sbagliare. O sapevi usare “gli attrezzi” dello studio o non ti potevi certo improvvisare.. e anche se ora lavoro con il digitale uso ancora la stessa metrica come se scattassi in pellicola, mi soffermo osservo e aspetto il momento migliore sia che sia una campagna sia che sia un progetto. Non amo scattare un milione di foto per poi scegliere una, quando sento che l’immagine che ho in testa sta per arrivare scatto, è come quando incontri il grande amore. Per me la moda è stato un mondo pieno di creatività che mi permetteva di sperimentare di costruire situazioni surreali e viaggiare tanto. Rileggendo oggi le mie fotografie vecchie dei vari lavori è come se rileggessi la mia vita, momenti belli e momenti brutti.
– Che tecnica usi quando scatti? sei una super digital o ti piacciono le vecchie Hasselblad?
Il modello tecnologico non mi è mai interessato passo da una reflex ad un medio formato a seconda dell’obbiettivo che devo raggiungere conosco la tecnica ma la mia priorità finisce sempre nel cercare l’emozione più grande. Colleziono vecchie macchine fotografiche, non per il modello perché immagino le mani che hanno scattato, per esempio l’altro giorno sulla Madison ho incontrato un fotografo che sembrava uscito da un vecchio film degli anni 60 con un lungo cappotto di pelle e una camera che faceva polaroid sono stata attratta dalla sua storia.
– Quali sono i tuoi fotografi preferiti, quelli da cui hai rubato qualcosa?
Diciamo che ho preso in prestito.. ahah rubare è una brutta cosa.
Non ho un fotografo preferito a seconda del giorno cambiano i miei fotografi passo da Robert Frank a Nan Goldin, Brassai, Diane Arbus, Weegee, Andre Kertez, Tina Modotti, Cindy Sherman, Dorothea Lange e molti altri. Sono i miei Maestri a cui mi sono ispirata, poi sopratutto “ho preso in prestito” dai Maestri Fiamminghi e da quelli del Rinascimento ho passato giornate a studiare le loro luci i dettagli e sognare.. sognare..
– Progetti in cantiere? Ne avrai sicuramente. Li hai sempre.
Sto lavorando sui ritratti mossi e sugli still life, e ancora sulle architetture. I miei progetti sono sempre in divenire non si esauriscono mai e mi piace sempre affrontare gli stessi temi con approcci diversi magari dopo altri libri o poesie che mi hanno in qualche modo influenzato ritorno a fotografare con un idea diversa ma sempre lo stesso tema.
– Che cosa bevi? Cosa posso offrirti?
Preferibilmente vini rossi tosacani ma qui a Ny un Martini Dry con Oliva