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Ritratto della giovane in fiamme, una conversazione con Céline Sciamma

ritratto della giovane in fiamme Noémie Merlant e Adèle Haenel in una scena del film
ritratto della giovane in fiamme
Noémie Merlant e Adèle Haenel in una scena del film

Ritratto della giovane in fiamme, intervista con Céline Sciamma: «La cancellazione delle donne nel cinema è già avvenuta e avviene tuttora»

Ritratto della giovane in fiamme, il nuovo film di Céline Sciamma (Tomboy, Diamante nero), arriva al cinema dal 19 dicembre e mette al centro le donne, l’arte e l’amore. Il film, presentato in Concorso all’ultima edizione del Cannes, ha conquistato il Prix du scénario e la Queer Palm, ed è fresco di una nomination ai Golden Globe per il miglior film straniero.

La regista e sceneggiatrice francese (sua la bellissima sceneggiatura di La mia vita da Zucchina) dopo aver portato sul grande schermo le storie di giovani donne in cerca di sé stesse – delle propria dimensione e della propria identità – con Ritratto della giovane in fiamme (Portrait de la jeune fille en feu) per la prima volta ha voluto raccontare una storia d’amore.
Per farlo ci porta nella Francia del 1770, dove una pittrice, Marianne (Noémie Merlant), viene ingaggiata per ritrarre Héloise (Adèle Haenel), una giovane donna che ha da poco lasciato il convento per essere costretta a un matrimonio di convenienza. Ma Héloise si rifiuta di posare, già un pittore ha dovuto rinunciare all’impresa. È il modo della ragazza di opporsi al suo destino. Su indicazione della madre (Valeria Golino), Marianne dovrà quindi fingersi una dama di compagnia e osservare Héloise, spiandone i lineamenti, i gesti e i modi di fare, per riuscire a ritrarla di nascosto.

Céline Sciamma con Ritratto della giovane in fiamme scrive e dirige il suo film più bello e poetico, potente ed evocativo. Trasporta sul grande schermo la potenza di una storia d’amore con un linguaggio pittorico di grandissima forza visiva e incredibile sensibilità, senza voler ricreare forzosamente lo stile di un pittore (o pittrice) piuttosto che di un altro, attinge con grande sapienza (anche grazie alla stupenda fotografia di Claire Mathon) ai modi della rappresentazione che comporta la pittura stessa. Lo schermo è trattato come fosse lo spazio di una tela. Negli interni possiamo scorgere le luci calde e gli spazi oscuri di Georges de La Tour e negli esterni la nitidezza e l’atmosfera carica di attesa dei romanticisti tedeschi o dei paesaggisti americani dell’Hudson River School. ritratto della giovane in fiamme

ritratto della giovane in fiamme
Noémie Merlant e Adèle Haenel in una scena del film

Nulla è lasciato al caso in questa opera scritta con l’arguzia e la meticolosità di un film hitchcockiano. Per mettere in primo piano l’aspetto emotivo (e il realismo) della storia la regista scardina le convenzioni della cinematografia amorosa e sceglie di non usare un commento musicale, fatta eccezione per un unico brano, L’estate di Vivaldi, che diventa simbolo di un legame indimenticabile.

Il film mette in scena una dinamica intima, lontano dalla dimensione ufficiale, mondana, le due donne difatti, isolate dal mondo esterno per i giorni necessari all’esecuzione del ritratto, vivono come in una realtà sospesa, dove non ci sono uomini, vincoli sociali o religiosi: il loro amore nasce e vive lontano dal concetto stesso di tabù.
Attraverso storie come quelle di questo amore il cinema riesce a raccontare, forse meglio di qualsiasi altra arte, la natura profonda della solitudine.

INTERVISTA A CÉLINE SCIAMMA

Per la pittrice protagonista del film si è ispirata alle storie di diverse pittrici che hanno vissuto e lavorato in Europa prima della Rivoluzione francese, ma per dar vita al personaggio di Marianne ne ha inventata una ex novo per dare voce a tutte loro, tra le pittrici che ha incontrato durante le ricerche per la scrittura del film ce n’è qualcuna che l’ha colpita particolarmente?

Céline Sciamma: È difficile individuarne una, mi hanno colpito diversi punti che hanno in comune. La mia ricerca l’ho fatta accompagnata non da una storica dell’arte, ma da una sociologa perché mi interessava ricostituire questo personaggio della donna pittrice, che spesso è figlia di pittori o la compagna di qualche artista, ma le donne artiste che più mi hanno interessato sono quelle maggiormente misteriose, perché non avevano una famiglia d’arte, non si capisce da dove questa loro sensibilità ed educazione artistica provenga, e questo le rende particolarmente affascinanti.

Poi, l’altra cosa che mi interessava è la loro visione, cancellata dalla storia dell’arte, il female gaze rivolto al corpo e all’atteggiamento delle donne, quindi nelle opere di artiste donne viene presentata l’immagine femminile con delle pose e degli atteggiamenti diversi (rispetto a quelli con cui veniva immortalata dai colleghi uomini), fumano, ridono, leggono…

Una pittrice geniale, per citarne una, è stata Marie-Gabrielle Capet.

Di queste pittrici colpisce come, nonostante il talento e le carriere di successo, per loro non ci sia stato spazio tra le pagine dei libri di storia dell’arte. È quello che sta succedendo oggi alle registe?

C.S: Il cinema è in fondo un’arte giovane, ha un secolo di vita, eppure ha già operato delle cancellazioni importanti. Ad esempio Alice Guy Blaché, la prima cineasta a usare il primo piano in un’opera di fiction, è stata letteralmente cancellata dalla storia del cinema.

La cancellazione della donna artista nel cinema è già avvenuta e avviene tuttora.

Quando mi chiedono come io dialogo col cinema o con il linguaggio cinematografico semplicemente rispondo, facendo dell’ironia, che sono una donna e quindi, non comparendo all’interno di questa storia, non posso nemmeno dialogarci.

ritratto della giovane in fiamme
Adèle Haenel e Valeria Golino in una scena del film

Come è nata la scelta di Valeria Golino e com’è lavorare con lei, che oltre a essere attrice è anche regista?

C.S: Conosco da molto tempo Valeria e con lei ho sempre intrattenuto uno scambio intellettuale e cinematografico, c’è un dialogo e una conversazione molto vivace tra noi. Desideravo per questo ruolo una donna che non fosse una madre amareggiata o resa aspra dall’età, volevo piuttosto una donna che fosse ancora giovane e animata dal sentimento del desiderio.
Quello che volevo cogliere in questo film è anche questo suo lato eternamente infantile, facendo emergere al contempo una certa note di malinconia. Va notato che i giorni con cui ho lavorato con lei sono stati quattro, abbiamo girato le sue scene in quattro giorni e lei ha sempre lavorato con estrema concentrazione, dedizione e disponibilità.

Nella scrittura del film si nota come una particolare attenzione per la scelte delle parole. In un meccanismo che torna più volte in forma costante nello sviluppo della storia, come un filo rosso, le protagoniste si correggono l’un l’altra sulla scelta della parola più appropriata per esprimere concetti, sentimenti o situazioni… Sarai libera. Sarò sola. Mi hai sognato? Ti ho pensato. 

C.S: Sì, esatto, l’intenzione era di rendere come può nascere una vera comunicazione non inquinata da rapporti di forza, di ironia o di subalternità. Quella delle due protagoniste del film è una comunicazione che si compone di ascolto, come in un rimando l’altra viene a precisare quanto detto, ma mai in una situazione di scontro, ma piuttosto in una situazione di collaborazione.

Per me il dialogo amoroso è inventare una propria lingua, un linguaggio comune.

 

ritratto della giovane in fiamme

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