Sergio Mattarella, nel suo discorso di fine anno, ha parlato dei social come “occasione per ampliare le conoscenze, poter dialogare con tanti per esprimere le proprie idee e ascoltare, con attenzione e rispetto, quelle degli altri”.
Se 35 milioni di italiani usano quotidianamente i social, come emerso del Report Digital 2019 Italia di Hootsuite e We Are Social, è evidente che il mondo della Cultura non può e non deve ignorare questo pubblico. Per quanto la Cultura abbia a volte guardato con snobismo questo non più “nuovo mondo”, è nella sua natura educare a un uso virtuoso dei media, spesso usati per diffondere false notizie e incentivare all’odio.
La Cultura deve fare sua la battaglia contro la disinformazione che pullula nel web, trasformando anche i social in luoghi d’incontro e di racconto del nostro patrimonio culturale.
Casi italiani
Una missione che già da tempo alcune realtà italiane hanno abbracciato, con risultati straordinari, in termini anche di crescita di visitatori. Chi di voi non segue i profili social delle Gallerie nazionali di arte antica di Palazzo Barberini e Galleria Corsini deve iniziare, come buon proposito di questo 2020. Perché quando giochi a #ABCbarberinicorsini e di settimana in settimana scopri, per ognuna delle 21 lettere dell’alfabeto, storie e capolavori “da perdere la testa”, non puoi far altro che avere una voglia irrefrenabile di vedere questi magici luoghi. Il tutto secondo una strategia comunicativa che ha fatto dei social il suo mezzo di punta, senza abbandonare gli altri canali e invitando i cittadini, specie i romani, a entrare nel Museo e a prendere posto.
Se poi sei in cerca di un Museo, o meglio di una Fondazione, con cui chiacchierare, ridere e rimanere a volte a spiazzato per la sua irriverenza, ti tocca frequentare i profili social della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino. Diamante dell’arte contemporanea, la Fondazione, nei suoi canali social, si allontana quanto più possibile da una comunicazione istituzionale (e, diciamolo, a volte incomprensibile) eleggendo i “meme”, sempre sagaci e irresistibili, a spazio di racconto – e non racconto – della Fondazione, a suon di #occupysandretto.
All’estero gli esempi virtuosi sono innumerevoli e nel nostro Bel Paese non mancano istituzioni culturali con profili social, come conferma l’Istat nel report “L’Italia dei Musei 2019” in cui si afferma che il 53,4% dei musei ha un account sui più importanti social media. Tuttavia essere presenti non basta, bisogna prendersi cura dei contenuti, con amore, passione, studio e strategia. Il cammino è ancora lungo, ma necessario.