Dal 22 gennaio al 20 marzo la galleria Giò Marconi di Milano presenta una selezione di monocromi ad opera di Mario Schifano. La mostra, curata da Alberto Salvadori, approfondisce la poetica di azzeramento e rinascita che l’artista ha collegato a questi lavori.
Le forme schematiche di Schifano si andavano sempre più precisando come campo; le tele orlate da contorni rettangolari, ad angoli smussati, somigliavano a uno schermo preparato a ricevere, o ad un video appena acceso, che stia riscaldandosi; o se si vuole all’inquadratura di un reflex fotografico, che debba dettagliare una zona di veduta…
M. Calvesi, cat. mostra Galleria Odyssia, Roma 1963
A volte – al contrario dell’idea romantica di un’arte che arriva all’artista spontanea, come un flusso libero e inarrestabile – giungere alla creazione artistica è tutt’altro che semplice. La strenua ricerca dell’originalità e dell’efficacia estetica può consumare chi la perpetua, portandolo a sprofondare nel pozzo scuro dell’aridità espressiva. Attorno alle pareti di questo buco nero, la storia e il sistema dell’arte: con i suoi preconcetti, con i suoi maestri, con i suoi appassionati, con i suoi detrattori, con i suoi esperti, con i suoi costrutti, con la sua influenza sociale. Ecco allora che ci immaginiamo nel 1960 un Mario Schifano, se non consumato, almeno appesantito dalle aspettative, proprie e altrui, addensatosi attorno a lui.
Pensavo che dipingere significasse partire da qualcosa di assolutamente primario… I primi quadri soltanto gialli con dentro niente, immagini vuote, non volevano dir nulla. Andavano di là, o di qua, di qualsiasi intenzione culturale. Volevano essere loro stessi… Fare un quadro giallo era fare un quadro giallo e basta”
Mario Schifano
Un giallo in cui perdere la necessità di un senso e recuperare la pura passione per la pittura. Da questa necessità e suggestione Alberto Salvadori è partito per curare la mostra Mario Schifano. Qualcos’altro, presentata alla galleria Giò Marconi di Milano dal 22 gennaio al 20 marzo. L’esposizione si concentra infatti su un nucleo di monocromi realizzati tra il 1960 e il 1962. Al tempo, dopo Lucio Fontana e Enrico Castellani, Piero Manzoni e Yves Klein, i monocromi non sono certo una novità; quello che piuttosto sembra originale è il metodo utilizzato: smalti industriali dall’effetto lucido e coprente; colore grondante steso in maniera libera e non uniforme sulla ruvida superficie della carta da pacchi. L’intento è dare l’idea di una pittura da cartellone pubblicitario.
La poetica personale che Schifano attribuisce ai propri monocromi si indirizza quindi alla natura germinale, fondante, fertile del quadro a tinta unita. Possiamo immaginarli come un’anticamera, uno spazio fecondo che anticipa la nascita di qualcos’altro. L’emblematico titolo di questa mostra si riferisce proprio a un’opera del 1960 che Schifano realizza appena ventiseienne e a un polittico del 1962 che figura tra le opere esposte. Con efficace sinteticità da messaggio pubblicitario qualcos’altro sta forse a indicare che ciò che l’artista intendeva dipingere doveva essere diverso da quanto si vedeva in giro.
Azzeramento del gesto e del senso, dunque, un semplice pretesto per fare una pittura che riparta da zero, un incipit a qualcosa di diverso.