Nonostante la terra abbia goduto della sua compagnia solo per un breve periodo, Antonio Lopez ha “gettato una freccia al di là dei confini del mondo”. Le pareti della fondazione Sozzani sono oggi finestre spalancate sulle fantasie trasognanti del bello, che l’illustratore, portoricano d’origine, newyorkese d’adozione, “con la sinistra conduceva e con la destra disegnava”. Più di duecento illustrazioni, fotografie, collage e video sono stati raccolti dalla direttrice di diChroma Photography Madrid, Anne Morin, in collaborazione con The Estate and Archive of Antonio Lopez and Juan Ramos, New York, l’Associazione Culturale Anna Piaggi e la Fondazione Ottavio e Rosita Missoni per la mostra “Antonio Lopez, drawings and photographs”.
L’obiettivo è costruire un racconto sul processo creativo di una mente visionaria che ha disincagliato la moda dalle immobilità stagnanti di convinzioni estetiche in cui si arenavano gli anni ’70 del secolo scorso. “Antonio è stato un maestro che ha insegnato a tutti una cosa fondamentale: difendere la propria libertà”, pronunciava il suo amico e fotografo Bill Cunningham. Lopez, infatti, riscrisse la definizione di bellezza, in contrasto con gli ideali prebellici ancora vigenti nel fashion system, e la attuò abbracciando nella sua vita lavorativa e personale-che per lui si trovavano in perfetta coincidenza- modelle di colore come Pat Cleveland e Grace Jones, visi irriverenti come quelli di Donna Jordan e Jane Forth con sopracciglia colorate e spazio tra i denti, Jerry Hall, con cui inscenò anche un matrimonio. Lopez era una cacciatore di individualità che traduceva, a partire dal suo incarico al Times in cui omaggiava il cubista Fernard Leger, in illustrazioni colorate e scomposte. Il suo stile audace di cui sono portabandiera le motocicliste su Vogue, si intreccia con un gesto elegante che ha letteralmente definito i caratteri di Vanity, rivista italiana della celebre giornalista Anna Piaggi.
La prima mostra personale dedicata a Lopez in Italia è testimone anche degli incontri sinaptici dell’artista con personalità come Juan Ramos, collega e meteorico compagno, Karl Lagerfeld, attorno a cui gravitava nel suo periodo parigino, Andy Warhol, con cui condivideva una reciproca ammirazione. Tuttavia, mentre il re della Pop art faceva in modo che il mondo performasse per lui, Lopez vedeva la vita accadere attorno a lui e ne faceva un’opera d’arte. La sua multiforme sensibilità ha plasmato le campagne per Missoni, Versace, Albini, Armani, ha colorato le pagine di Elle, Harper’s Bazaar, Interview, fino a illuminare gli occhi della nostra generazione. Antonio Lopez è stato il primo ad andarsene, nel 1987, per complicazioni legate all’Aids, ma, come racconta Grace Coddington, è anche “stato il primo a iniettarci la vita, la ha consegnata alla fantasia ed ha catturato tutti noi nei suoi sogni”.
Fondazione Sozzani
Corso Como, 10
12 gennaio -13 aprile 2020
tutti i giorni 10.30-19.30
mercoledì e giovedì 10.30-21.00