Dal 3 ottobre 2019 al 1 marzo 2020, la Fondazione Accorsi-Ometto, nel cuore della città di Torino, rende omaggio a Vittorio Corcos (1859-1933), pittore livornese, allievo di Domenico Morelli a Napoli, ma anche scrittore e uomo di cultura dell’Italia umbertina.
“In un ritratto quel che contano sono gli occhi; se quelli riescono come voglio, con l’espressione giusta, il resto viene da sé” era solito dire Corcos.
Sublime ed instancabile ritrattista, interprete dei costumi della raffinata società europea fin de siècle, la cui “bellezza” fu travolta dalla tragedia della Prima guerra mondiale, nella quale Corcos perse il suo unico figlio maschio.
Il percorso espositivo, curato da Carlo Sisi, si scandisce come un raffinato romanzo suddiviso in 6 capitoli. Tutto comincia con gli “Sguardi” della sezione omonima, dedicata ai numerosi ritratti femminili che portarono il corrispondente del Times, De Blowitz, ad assegnare a Corcos l’appellativo di “peintre des jolies femmes”. Appena entrati nell’elegante e luminosa prima sala della Fondazione torinese, si rimane incantati di fronte agli occhi della giovane Paolina: fanciullina dagli occhi mesti e intensamente neri, dall’incantevole bocca, e dalle guance tendenti ad arrossire per pudore.
Seguono numerosi ritratti di dame e contesse descritte con una precisione ed accuratezza fotografica intesa ad indagare l’animo femminile e la posizione della donna nella società di fine Ottocento e di inizio Novecento.
Protagonisti della seconda sezione espositiva intitolata “In posa nell’atelier”, sono illustri personalità del tempo, amici e conoscenti del pittore, come Fernanda Ojetti,lo scrittore Jack La Bolina (Augusto Vittorio Vecchi), il macchiaiolo Francesco Gioli e la moglie del pittore Adolfo Belimbau.
“Sere sono rividi il Carducci che trovai esasperato per l’affare di Zola, tanto da esserne ammalato – [ scrive ad esempio a Pascoli, alludendo alle reazioni destate dall’affaire Dreyfus] – Io mi ero seduta in un angolo del salotto con pochi amici: Carducci andava su e giù per la stanza, nervosissimo e sembrava mille miglia lontano da noi, che parlavamo sommessi, rispettando il suo malumore.” Lettera di Emma Corcos a Giovanni Pascoli, 28 febbraio 1898.
Nel salotto della “gentile signora” – la terza sezione – incontriamo i ritratti del poeta Giosué Carducci, del compositore e direttore d’orchestra Pietro Mascagni, del pittore Silvestro Lega e il sublime ritratto della moglie Emma, raffinata letterata, definita da Pascoli nell’accezione stilnovistica del termine.
La quarta sezione, intitolata “Aria di Parigi”, ci riporta al 1880, quando Corcos, su suggerimento del Morelli, si trasferisce a Parigi, dove il pittore livornese si legò con un contratto di quindici anni al famoso mercante d’arte Groupil e dove fortemente influenzato dagli impressionisti, cerco di abbandonare la precisione accademica e classicista imparata a Firenze a favore di un’esecuzione pittorica più immediata e impulsiva.
Nella quinta sezione, “Luce mediterranea”, domina il sole di Castiglioncello: la tela “In lettura sul mare” mostra la figlia Ada in compagnia di due giovani dell’alta borghesia che trascorrono il pomeriggio sul lungomare, immersi in una profonda lettura.
L’ultima sezione, “Eterno femminismo”, presenta l’opera iconica di Corcos, i Sogni.
Presentata all’Esposizione di Firenze del 1896, dove esposero pittori come Fattori, Signorini, Nomellini ma anche Manet e Burne-Jones, il dipinto fu considerato troppo spregiudicato ed audace in ragione della posa disinvolta della giovane fanciulla e del suo sguardo che sembra sfidare l’osservatore, ma nello stesso tempo ci comunica la malinconia di una gioventù ormai vicina alla tragedia della guerra.