L’ormai ex grande artista su Instragram: “Il coronavirus è come la pasta, i cinesi l’hanno inventato ma gli italiani lo diffonderanno in tutto il mondo”.
Dopo che nel 2016 aveva avuto la “felice” idea di scimmiottare la tragedia della morte del bambino profugo Aylan Kurdi sulle coste turche, strumentalizzando una tragedia che allora scosse tutto il mondo facendosi fotografare nella stessa posizione del piccolo cadavere, nessuno aveva più dubbi sul definitivo inaridimento della vena creativa di Ai Weiwei.
Palazzo Strozzi ebbe nello stesso anno l’infelice idea di offrirgli il suo prestigioso palcoscenico. E lui confermò la fine del mito dell’artista brillante, libero e anticonformista portando a Firenze una delle sue peggiori prove. Con quei purtroppo celebri “gommoni-da-bravo-migrante” inutilmente messi a deturpare la facciata dal capolavoro architettonico del Rinascimento. Strumentalizzazione e qualunquismo, e niente arte.
Ma al peggio non c’è mai fine, si sa. E ora l’ormai da tempo ex artista torna a far parlare di sé, disgustosamente scegliendo – lo fa sempre, ora sopravvive solo di visibilità mediatica – il tema caldo del momento. Ovvero il Coronavirus. Lo fa pubblicando su Instagram un infelice post: “Coronavirus is like pasta, the chinese invented it but the italians will spread it all over the world”. Tradotto: “Il coronavirus è come la pasta, i cinesi l’hanno inventato ma gli italiani lo diffonderanno in tutto il mondo”.
Il motivo della sua rabbia anti-italiana? È ancora più indecente dello stupido contenuto. Il Teatro dell’Opera di Roma ha infatti sospeso per l’emergenza virus Covid-19 la Turandot di Puccini in programma dal 25 marzo al 5 aprile, opera di cui aveva affidato la regia ad Ai Weiwei. Probabilmente il genio dagli occhi a mandorla pretendeva che si violassero disposizioni universali. Che si esponessero musicisti e pubblico al rischio contaminazione, pur di non rinunciare al SUO capolavoro.
Con grande soddisfazione e orgoglio, abbiamo constatato che il mondo dell’arte italiana ha riservato al cinese le risposte che merita, con una sfilza di commenti indignati su Instagram. “La tua battaglia tra arte e politica si è chiusa con questo post. Da domani puoi tornare a Pechino per progettare un ospedale per il tuo amato governo… il re è nudo!”, ha scritto l’artista Matteo Basilè. Ancora più duro il collega Robert Pettena: “Discutere con un artista che ha rinunciato all’uso della ragione, e la cui filosofia consiste nell’intrattenere l’umanità con il disprezzo, è come amministrare la medicina ai morti”. Irriferibili le contumelie inviate da altri artisti, da Roxy In The Box a Tiziana Cera Rosco, o galleristi come Susanna Orlando. Definitivo Giampaolo Abbondio: “Come ci si sente ad essere il destinatario 2020 del premio GLOBAL VILLAGE IDIOT?“.
Il post Instagram di Ai Weiwei