Per Vittorio Sgarbi il Coronavirus non esiste, è una normale influenza. Parole pericolose in un momento delicato che vede il sistema sanitario italiano in difficoltà
Non poteva essere, che il bastian contrario per antonomasia rimanesse zitto per tanto tempo. Zitto davanti a una questione che sta investendo tutto il paese. E davanti alla quale tutti – cittadini, politici, scienziati – si trovano d’accordo sul da farsi. Oddio, giungeva notizia di qualche sua sfuriata nel talk show televisivi, ma quelle ormai non fanno più notizia, sono comprese nel pacchetto del personaggio.
E infatti ora Vittorio Sgarbi si mette davanti a una telecamera – stavolta personale, per un video sul suo canale Youtube – per dire con chiarezza la sua sull’emergenza Coronavirus. E sostiene con forza – con linguaggio che dire colorito è un eufemismo – che il Coronavirus non esiste. Molti, magari vergognandosene, lo pensano: lui lo urla. Non capisco tutto questo allarme, dice in sostanza, per qualcosa che è una normale influenza, che come le altre influenze colpisce più gravemente le persone anziane e con altre malattie pregresse.
IL VIDEO INTEGRALE
Parole pericolose? Sicuramente, in un momento in cui tutti predicano la cautela e vige la regola/hashtag #iorestoacasa. Ma da uno Sgarbi non ci si possono corto aspettare pensieri in linea con il sentire comune. Non mancano, ovviamente, contumelie verso i personaggi in prima linea in questo periodo di allarme, che sconvolge letteralmente le esistenze di tutti. Ed è questo aspetto che il critico d’arte sottolinea con forza: trovando immotivate le misure restrittive, che svuotano cinema, musei, mostre, ristoranti. Paradossalmente, dice fra l’altro, “in questo periodo ci sono meno malanni del solito: io ho sempre il raffreddore, quest’anno non ce l’ho”.
Poi si lascia andare a un po’ di dietrologia, che forse è la cosa che stona maggiormente: qualcuno (Spektre? Il Club Bilderberg?) vuole farci credere di essere in pericolo, “ed io per questo sono ancora più desideroso di andare nella zona rossa, andiamo tutti a Codogno!”.
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