Mario Carrara, fondatore di Meeting Art una delle case d’asta più importanti d’Italia, si è spento dopo una lunga malattia. Ai figli Pablo e Patrick l’abbraccio della redazione di ArtsLife. E il ricordo commosso del nostro direttore Paolo Manazza.
Si è spento lunedì 16 marzo, Mario Carrara, il fondatore e presidente della Meeting Art, la casa d’aste con sede a Vercelli. Aveva 74 anni e da tempo era malato. Partito da un piccolo negozio di corso Libertà, Carrara è riuscito, negli anni, a creare un’azienda che ha raggiunto il vertice delle case d’aste in Italia.
La Meeting Art è stata la prima casa d’aste in Italia a introdurre le vendite televisive, grazie alla collaborazione con le televisioni cittadine. Pochi mesi fa aveva messo a disposizione degli organizzatori gli studi di corso Adda per festeggiare i 40 anni di vita di Video Vercelli. “Compleanno”che coincideva con quelli delle aste televisive di Meeting Art. Una collaborazione, quella della sua azienda, con le emittenti televisive vercellesi che è continuata negli ultimi anni con Vercelli Web Tv.
Proprio l’emittente ha voluto ricordarlo con un commovente post social : « Il primo giorno che Mario arrivò a Vercelli, oltre quarant’anni fa, era un giorno di mercato. “Che bella città, piena di gente e vivace, che bel centro storico” – pensò, sicuramente in romanesco, tra sé e sé Mario Carrara giovane gallerista d’arte che era alla ricerca di una città dove portare la sua attività. Un amore per Vercelli che da allora Mario ha sempre provato, vissuto ed alimentato. Non c’è stata amministrazione comunale, associazione, attività culturale o di volontariato che abbia bussato alla porta di Meeting Art e che non abbia ricevuto un contributo, un sostegno. L’aver visto la sua Pro Vercelli giocare in campionato con sul petto il logo della sua azienda, era forse la cosa di cui Mario Carrrara andava più orgoglioso. Una azienda che, dalla prima sede di Corso Libertà, è arrivata ad essere la prima casa d’aste italiana per fatturato. Un amore intenso, quello di Mario, per Vercelli che probabilmente molti degli stessi vercellesi non provano. E noi che Mario l’abbiamo conosciuto fra i primi in città e la cui amicizia ha passato gli anni e tante vicende insieme, vogliamo ricordare questo vercellese, dall’accento romano. “Se vedemo, Mario”».
Sin qui la cronaca. Ora i ricordi personali. Ho incontrato Mario trent’anni fa quando la sua creatura era una piccola casa d’aste nemmeno considerata dai giganti nazionali, figuriamoci mondiali. Ricordo che allora non avevo ancora iniziato a scrivere per il Corriere della Sera. Collaboravo a La Stampa nella parte economica. E quanto il mio capo, Glauco Maggi, mi chiese di redigere un report sul mercato italiano andai a incontrare anche Mario Carrara. Fu l’inizio di una grande amicizia. Mario non ebbe da allora mai nessun segreto con me. Mi fece vedere subito tutti i suoi bilanci e i suoi conti. Per me, giovane giornalista, divenne subito una fonte di grande importanza. Condivisi con lui prima l’entusiasmo per le aste televisive e poi la grande illuminazione del Web. Nelle nostre discussioni continuavamo a ripeterci che la rivoluzione dell’online avrebbe modificato radicalmente il mercato dell’arte. Sinchè un giorno mi chiamò e mi disse: “Paolo guarda un po’ che cavolo di piattaforma ho creato!!”. Rimasi allibito. “Guarda -mi disse- sono in grado di accogliere online le offerte trenta giorni prima dell’asta reale. Posso sapere tutto in tempo reale. Capisci che significa? Ora per esempio, dieci giorni prima dell’asta, so già che ho offerte per oltre mezzo milione sul 70% dei lotti. E questo mi da la possibilità di decidere in anticipo quanti soldi posso investire per pubblicizzare questa vendita!”. Era entusiasta come un bambino. E aveva ragione. In pochi anni il fatturato della sua Meeting Art passò da qualche milione a oltre 20 milioni di euro. Ogni tanto mi telefonava redarguendomi. “Ma come a’ Paolé continui a scrivere la piccola Meeting Art? Non siamo più piccoli!!”. E aveva ragione. Altre volte si incazzava perché mi ero dimenticato nei miei articoli di citare una sua asta o un lotto importate che aveva in catalogo. Ma tutte le volte che andavo da lui mi accoglieva con un grande abbraccio e mi diceva “Caro Paolo siamo diventati importanti anche grazie a te che hai creduto nel lavoro che stavo facendo”. Ovviamente non era vero. Il merito è stato tutto ed esclusivamente suo. Io mi limitavo a fare il reporter. Certo con uomo aperto e sincero come lui per me è stata una passeggiata in discesa. Quando Pablo, uno dei suoi figli, mi ha telefonato per dirmi che non ce l’aveva fatta (eravamo in contatto costante) non mi vergono di scrivere che ho pianto. Come ora. E’ vero, dopo questa terribile esperienza del Coronavirus tutto cambierà, niente sarà più lo stesso. Ma la perdita di un amico, di un uomo sincero, di un lavoratore straordinario inciderà ancora di più sulla mia vita di giornalista. Non dovevi andartene Mario. Dovevi aspettare almeno la mia prossima mancanza per chiamarmi incazzato e finire come sempre la telefonata ridendo. Ti voglio bene. Mi hai insegnato tanto. Cercherò di raccontare tutto ai tuoi figli, Pablo e Patrick che abbraccio con tutto il cuore.
Paolo Manazza