È morta Lucia Bosé, lo scorso 28 gennaio l’attrice aveva compiuto 89 anni
Addio a Lucia Bosè, l’anti-diva dai capelli blu. Secondo quanto riportato dalla stampa spagnola l’attrice era ricoverata a Segovia per una polmonite, positiva al coronavirus.
L’attrice, figlia di Domenico Borloni e Francesca Bosè, era una commessa milanese fino a quando Luchino Visconti la notò: «Lei potrebbe diventare un animale cinematografico», le disse il regista. Nel 1947 Lucia Bosè aveva vinto il concorso di Miss Italia e così le si aprirono le porte del cinema. Nella sua carriera di attrice ha recitato in grandi classici come Non c’è pace tra gli ulivi (1950) di Giuseppe De Santis, Cronaca di un amore (1950) e La signora senza camelie (1953) di Antonioni. In seguito è stata diretta anche da Luis Buñuel, Jean Cocteau, dai Fratelli Taviani, Fellini e Bolognini.
Successo, amori, gioie, lutti e sofferenze: Lucia Bosè, diva e icona dell’Italia e del cinema del dopoguerra, nel corso della sua vita e della sua carriera ha avuto tutto. Prima fidanzata di Walter Chiari e poi moglie di uno dei toreri più famosi di tutti i tempi, Dominguìn, “la Bosè” non ha mai vissuto all’ombra di nessuno.
«Considero sprecato un giorno in cui non mi innamoro di qualcosa»
La vita di Lucia Bosè assomiglia a un romanzo: prima sogno e poi incubo della Spagna franchista, sempre ribelle e anticonformista ha sempre seguito una regola ferrea: mai guardarsi indietro. Da anni portava, segno indistinguibile, i capelli blu elettrico: una vera e propria dichiarazione d’indipendenza, da tutto e da tutti.
– Nata nel 1931 a Milano da una famiglia operaia, Lucia cresce presto come tutti i bambini della sua epoca, i bombardamenti e la fuga da sfollati. A 16 anni già lavora in una nota pasticceria del capoluogo milanese quando, per una foto scattata e mandata a sua insaputa da un amico coetaneo a una rivista popolare, le arriva la notizia di essere stata selezionata al concorso per la più bella d’Italia. Ed è proprio lei, sedicenne ultima arrivata, a vincere a sorpresa il titolo nel 1947, grazie a quel suo “faccino spiritoso” di popolana di grande classe. È la svolta. Lucia, nemmeno maggiorenne, si trasferisce a Roma, entra nel clan di Luchino Visconti, da cui è spesso ospitata nella villa di via Salaria, ed entra dalla porta principale nell’avventura del cinema italiano degli anni cinquanta. Lavora in film di Michelangelo Antonioni (“Cronaca di un amore”, “La signora senza camelie”), di Mario Soldati (“È l’amor che mi rovina”) di Giuseppe de Santis (“Non c’è pace tra giù uilivi”) e di tanti altri. Secondo alcuni, il suo era un viso che ricordava quello di Anna Magnani, ma senza le limitazioni regionali e di ruolo della grande attrice. Secondo Pablo Picasso che diventerà suo grande amico, poteva incarnare varie donne rimanendo sempre credibile, un’operaia indurita dal lavoro, una borghese irrequieta, un’aristocratica destinata a soffrire, una coraggiosa emigrante. Durante tutta la sua lunga carriera professionale farà comodo ai registi che cercano una persona, non solo una presenza di scena. Dopo il lungo fidanzamento con Walter Chiari, Lucia trova il vero e forse unico grande amore della sua vita nel torero spagnolo Dominguìn.
Per lui rinuncerà al cinema e si dedicherà ad essere moglie e madre. Hanno tre figli, un quarto muore neonato. Il primogenito, Miguel Bosè, cantate e attore, diventerà a sua volta famoso quanto i genitori. I primi anni di matrimonio sono per Lucia la felicità assoluta “mi sembrava di aver atteso solo quello…”, confessa. Poi i continui e sempre più pubblici tradimenti di Dominguìn la costringono a chiedere la separazione, con grande scandalo in Spagna, dove a quei tempi, solo l’uomo poteva ripudiare la donna e non viceversa. La corte le dà torto, ma il torero acconsente al divorzio e a darle l’affidamento dei figli.
Lucia dovrà però ricominciare a lavorare come attrice per poterli mantenere e di Dominguìn rimarrà sempre innamorata. Il cinema e la televisione l’accolgono a braccia aperte. Lavora in Italia, in Spagna, in Francia. Ma non si ferma al ruolo di attrice. Scrive poesie, apre un “Museo degli angeli”, le creature celesti a cui si sente legata sin da bambina. Aiuta i figli e poi i nipoti a crescere e ad affermarsi. Curiosamente, proprio Lucia Bosè , che è stata musa di registi del calibro di Antonioni e un simbolo per l’immaginario collettivo italiano e spagnolo, confessa di “aver dimenticato” la sua vita cinematografica. “Non ne so il motivo. Forse – spiega in un passaggio del libro – perché l’hanno scritta e diretta gli altri, gli sceneggiatori e i registi che ho incontrato. La mia vita privata, però, quella la ricordo bene, perché sono stata io a dirigerla”. Ansa.it
