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Pensieri di un artista isolato. Giovanni Frangi

Giovanni Frangi Giovanni Frangi
Giovanni Frangi
Giovanni Frangi

Giovanni Frangi e le sue riflessioni di artista “recluso” al tempo del Coronavirus. Diari letterari tra confessioni e speranze, intimi e riflessivi

Non era mai successo. Nemmeno il coprifuoco della Guerra Mondiale era così rigido: tutti a casa, mattina, sera, notte. E non era mai successo che il rapporto, il contatto con l’”altro”, imprescindibile regola del vivere contemporaneo, diventasse il nostro peggior nemico. Ci voleva un pericolo invisibile, ancor più minaccioso proprio perché impalpabile, per costringerci a fare qualcosa che ormai non facciamo più: guardarci dentro. Vivere solo con noi stessi. Un riallineamento delle coscienze, che ci permette – o forse ci costringe – a rivedere certe cose con un’ottica diversa, più “pura”. Alcuni artisti italiani lo fanno con i lettori di ArtsLife: diari letterari tra confessioni e speranze, intimi e riflessivi, un ripensamento dell’arte come scelta di vita sociale. Ecco il contributo di Giovanni Frangi (1959)…

Dialogo di un artista con sé stesso

A Ciao Giovanni, cosa fai?
B Niente.
A Volevamo sapere come vive un artista in questo periodo?
B Sembra di essere dentro un film di fantascienza. Un silenzio irreale. Sento solo ambulanze.
A Anche qui da me
B La natura ci ha fregato. In due settimane o poco più il mondo ci è cambiato tra le mani.
A Come fai a dipingere?
B Infatti, come dice bene Ennio Morricone, non è il momento per la musica.
A Certo
B Ma comunque cerco di difendermi col disegno. Mi sono organizzato da subito. Ho recuperato un po’ di materiale da via Spartaco. Abito in una casa abbastanza grande e in una stanza ho attrezzato uno studio. Sopra un calcetto ho messo una tavola di legno e ho cominciato a fare delle carte. Spero di riuscire a fare qualcosa di buono.

Giovanni Frangi, Suite 24 marzo
Giovanni Frangi, Suite 24 marzo

A Ma tu con la carta sei forte
B Boh, vediamo. Non è facile adesso avere la testa libera. Voglio fare delle suite, delle mini suite. Una l’ho quasi finita è fatta di 12 pezzi. Un buon numero, anche perché io sono nato il 12 maggio. Ho preparato dei fogli tutti grandi uguali, 35x 45 centimetri. Solo Hahnemhule. La serialità mi ha sempre dato sicurezza. Mi sento a mio agio, ripeto lo stesso soggetto per una decina di volte e forse anche di più. Sono solo varianti. Perché un lavoro ti da sempre l’idea di farne un altro un po’ diverso. Fino a quando non mi stufo e smetto.
A Qual è il soggetto?
B Ho preso dal mio archivio in studio alcune immagini un po’ a caso. Fra queste c’erano delle foto di Jacaranda che avevo fatto dieci anni fa, sono delle piante che provengono dall’Argentina e che fioriscono in marzo. A Milano ne vedi un po’ dappertutto in questo periodo. Queste erano in Piazza Cairoli. Mi ricordo che passavo con la moto e mi sono fermato per fare quelle foto. Uno spettacolo. Come ci ha detto l’altro giorno David Hockney dalla sua casa in Normandia: “Do remember they can’t cancel the spring”.
A Hockney è il mio artista preferito
B Da lui si può sempre imparare qualcosa.
A Poi che fai?
B Sto finendo un libro di interviste iniziato con il mio amico Luca Fiore. Luca per due o tre anni è venuto nel mio studio in via Spartaco quando finiva di lavorare, parlavamo del più e del meno, mi faceva delle domande e registrava, registrava tutto. A cominciare dalla prima volta che ho pensato di fare l’artista. Luca ha trascritto quelle registrazioni e ne sono uscite quasi duecento pagine. Dopo tutto questo lo abbiamo rivisto insieme a Giovanni Agosti, che ci ha dato una mano, a dargli il ritmo, a togliere e a mettere alcune cose che erano in effetti fondamentali per cercare di raccontare quella storia.
A Ad esempio?
B Non so… la parte più interessante è quella della formazione. L’Accademia di Brera, la prima mostra, la Bergamini, gli amici, la famiglia, i viaggi, gli studi e le persone che ci giravano intorno. Cercavamo di capire perché uno va da una parte invece che dall’altra. Allora in questo senso era interessante ad esempio il passaggio tra la fine della centralità di Parigi e l’energia che a metà degli Ottanta arrivava anche a Milano da Berlino. La Ricerca dell’Identità. Oppure il problema della vecchiaia degli artisti, da Bellini a Tiziano o da Picasso a Cy Twombly. O ancora perché la nostra generazione non è riuscita a creare dei maestri come le generazioni precedenti? Come Fellini, Burri, Guttuso o Arbasino… Neanche Cattelan alla fine possiamo considerarlo un maestro. Cose cosi….

Giovanni Frangi, Suite 25 marzo
Giovanni Frangi, Suite 25 marzo

A Vorrei leggerlo
B Alla fine ne è uscito un libro fatto a sei mani e dovremmo pubblicarlo appena finisce questa storia.
A Con chi lo pubblichi?
B Dobbiamo ancora trovare l’editore
A Cosa ti manca?
B Stiamo scegliendo le immagini. Vorrei un libro con una serie di fotografie che siano un valore aggiunto non convenzionale. Ma non dei miei quadri. Più quello che sta dietro il quadro. La casa di Macugnaga dove andavo a lavorare. La lettera di Van Gogh col disegno. Sandro Penna in Umano non umano di Mario Schifano. La foto delle ninfee di Padova. La scatola delle Caran d’Ache. La copertina di In exitu. Varlin a letto a Bondo. Thelma. Il pavimento del mio studio di via Spartaco.
A Beh quello è forte
B Forse ci faccio una mostra con quel pavimento tagliato a pezzi.
A Come Dieter Roth?
B Si, te lo ricordi all’Hangar Bicocca?
A Ma tuo figlio dov’è in questo momento?
B Benji è a Cardiff. Ha cominciato a lavorare all’inizio di agosto per un’azienda che si occupa di creare delle relazioni tra gli studenti e il mondo sportivo e adesso sono anche loro tutti in smartworking. Ci sentiamo sempre. Lui è diventato il miglior critico del mio lavoro. Gli mando delle foto ogni tanto e al volo mi dice subito questo si, questo no. Mi fido. Ha quasi sempre ragione. Pensare che lui l’arte non la sopportava. Da piccolo mi aspettava all’ingresso dei musei, tanto lo avevo torturato. Adesso, non me lo dice, ma si vanta di conoscere bene Joseph Beuys.

Giovanni Frangi, Suite 27 marzo
Giovanni Frangi, Suite 27 marzo

A Poi?
B Niente, incredibile come il tempo vola, mi alzo, cerco di fare tutto come se fosse normale e in un attimo è l’una.
A Ma cosa pensi? Cosa cambierà?
B Non lo so, non lo so. Vorrei che tutto tornasse normale. Ma credo che sarà tutto diverso. Forse più giusto.
A In che senso?
B Ma dai, ieri ho letto che Bezos ha venduto il 3 per cento delle sue azioni prima del crollo delle borse. Ti rendi conto chi governa il mondo?
A Ma cosa avrebbe scritto Testori oggi?
B Non lo so, certo erano i suoi argomenti, me lo ha chiesto anche il Klaus ieri.
A Dove vive adesso Klaus?
B A Spello. Gli ho mandato un messaggio per sapere come andava e mi ha risposto: Esco solo per il supermercato, ma da anni vivo come la Dietrich. La gente è pericolosa.

Giovanni Frangi

http://www.giovannifrangi.it/

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