La mostra Orazio Borgianni. Un genio inquieto nella Roma di Caravaggio, prevista dal 6 marzo a 30 giugno 2020 alle Gallerie Nazionali di Arte Antica-Palazzo Barberini, Roma, è stata chiusa a causa del dilagare del COVID-19. Qui una recensione dell’esposizione, in attesa di poterla visitare.
“La più bella natura morta del ’600 italiano e una fra le più belle del ’600 europeo” l’aveva definita nel 1916 lo storico dell’arte Roberto Longhi attribuendola ad Orazio Borgianni. Si trattava di una magnifica cesta piena di panni dipinta ai piedi di una Sacra Famiglia, sant’Elisabetta, san Giovannino e un angelo, una grande tela conservata a Roma alle Gallerie Nazionali d’Arte Antica – Palazzo Barberini. Così uno straordinario dipinto di primo Seicento trovava il suo autore, nome su cui furono concordi gli storici successivi.
Oggi l’opera è esposta nella prima monografica dedicata a Orazio Borgianni. Un genio inquieto nella Roma di Caravaggio (catalogo Skira), aperta al pubblico a Palazzo Barberini il 6 marzo e chiusa per il “coronavirus”, come tutte le altre ben prima del 30 giugno previsto. Una rassegna che accompagna il visitatore in sei sale raccontando, nella prima parte, il percorso storico artistico di Borgianni attraverso diciotto capolavori. E, nella seconda, l’influenza esercitata dal pittore su alcuni contemporanei, tra cui Carlo Saraceni, Antiveduto Gramatica, Giovanni Lanfranco, Simon Vouet, Giovanni Serodine, Claude Vignon, Guido Cagnacci. A testimoniarlo diciassette dipinti di questi eccellenti artisti.
Chi era Orazio Borgianni (Roma 1574-1616)? Uno dei tanti pittori geniali attivi nella capitale tra fine Cinquecento e prima metà del Seicento, influenzati in modi diversi da Caravaggio, ma con uno sviluppo autonomo. Innovatore, Borgianni ha un percorso tutto suo, ancora in parte misterioso. Nato a Roma da un falegname di origini fiorentine, compie in patria i primi passi. La prima opera nota, di committenza siciliana, risale al 1593, ma, ancora acerba, non sembra illuminare sulla sua formazione.
Dal 1597 al 1605 il giovane Borgianni lavora in Spagna spostandosi da Pamplona a Saragozza, da Valladolid a Madrid a Toledo. Conosce El Greco, pittori spagnoli e italiani presenti in quella terra. Ed è forse lì che avviene la sua prima grande trasformazione. Al ritorno a Roma a fine 1605 “esplode” infatti con dipinti potenti, forti, naturalisti, espressivi. Dove ha imparato a dipingere opere come la Visione di san Francesco (o La Vergine che consegna il Bambino a san Francesco) con quei corpi di angeli aggrovigliati e sensuali, o come la sopracitata Sacra Famiglia, sant’Elisabetta, san Giovannino e un angelo o ancora il Cristo tra i dottori giunto dal Rijksmuseum di Amsterdam? Il curatore della mostra, Gianni Papi, cerca di spiegarlo con esperienze emiliane prima della partenza per la Spagna. Ipotesi che non trova però alcun supporto biografico né documentario. Più credibile è che quel linguaggio, con quegli accenti di colore intenso, quei volti rugosi che ricordano tanti maestri spagnoli, si sia formato in Spagna.
Su questa formazione, ancora enigmatica, si infila e intreccia a Roma il nuovo “verbo” del rivoluzionario Caravaggio, che insegna a guardare “dal naturale”. Borgianni fa forse in tempo a conoscere il Merisi, che il 28 maggio 1606 fugge per sempre da Roma con l’accusa di assassinio. È probabile che venga coinvolto in liti e contenziosi che lo riguardano, come racconta il contemporaneo biografo Giovanni Baglione.
Certo Caravaggio influenza Borgianni, che ha già un suo volto consolidato e una complessa cultura artistica. Carattere litigioso, ma personalità colta e raffinata, a Roma diventa membro delle Accademie di San Luca, degli Humoristi, e dei Virtuosi del Pantheon, in rapporto con eminenti personaggi spagnoli. Su questi anni romani si focalizza la mostra, presentandoci opere originali e di grande bellezza, come il forzuto e muscoloso San Cristoforo che trasporta Gesù Bambino arrivato da Edimburgo, o la spettacolare Natività della Vergine giunta da Savona, un’opera articolata dalla spregiudicata prospettiva, ammirata da Roberto Longhi, o il San Carlo Borromeo visita gli appestati. Straordinaria per le tonalità intense e corpose è anche la Sacra Famiglia con sant’Anna, con quella modella spagnolesca a far da Madonna. E ancora Cristi morti, santi martirizzati, volti di un Seicento sempre più affascinate. Tra i ritratti non mancano due autoritratti, l’Autoritratto dello stesso Palazzo Barberini, con uno sguardo curioso e penetrante e quello più maturo dell’Accademia romana di San Luca, che presenta un viso stanco, marcato dalla tisi che avrebbe ucciso il pittore nel gennaio del 1616. Una vita breve, ma ricchissima.