8 aprile 2020, inizio della Pasqua ebraica. Per l’occasione, è da poco apparso sul web un Martirio di San Simonino da Trento, per omicidio rituale ebraico, un olio su tela di cm 225×150 del pittore Giovanni Gasparro. La funerea creatività dell’autore presumo voglia risvegliare il virus medioevale dell’antigiudaismo, padre storico del razzismo antisemita del secolo scorso. Mi spiego meglio: a Trento, il 26 marzo del 1475 viene trovato il cadavere di un bimbo. È credenza comune che sia stato ucciso dagli ebrei per impastare con il suo sangue il pane azzimo che si consuma, appunto, nei dieci giorni della Pasqua ebraica. Pertanto numerosi ebrei vengono arrestati, torturati, uccisi. E Simonino diventa Santo Martire. La verità storica su questa vicenda è però venuta a galla e documentata il 28 ottobre del 1965 nel corso del Concilio Vaticano II. E Simonino è stato doverosamente depennato dalla schiera dei Santi Venerabili. Tant’è che, nel sito del Museo Diocesano Tridentino, si dà notizia del recente allestimento di una mostra “dedicata a quella che si potrebbe oggi definire una clamorosa fake news del passato: il caso di Simonino da Trento, un bambino presunta vittima di omicidio rituale ebraico, venerato per secoli come martire”.
Il quasi quarantenne Giovanni Gasparro è nativo di Adelfia, cittadina del barese. Vittorio Sgarbi cinque o sei anni fa ha visitato il suo atelier; da professionista di livello ha esaminato le sue opere con attenzione, scoprendo un abile artista, mirabile nei passaggi di ombra e luce, eccellente nel disegno e nella pittura alla maniera degli antichi. Terminata la visita, Vittorio Sgarbi ha dichiarato sul Giornale dell’Arte di Umberto Allemandi di essersi trovato di fronte a un novello Caravaggio. Vittorio, si sa, è uomo d’onore, ma mi chiedo perché prenda in giro il suo pubblico di creduloni impreparati. Certo, a Giovanni Gasparro il talento non manca, ma un po’ meno di enfasi non guasterebbe. La sua cultura pittorica egregia risente, a mio parere, di qualche carenza di spiritualità; al contrario del grande Maestro divenuto suo parente con nomina sul campo, la ricerca sulla luce nelle sue composizioni è puro pretesto per mettere in risalto carne, vesti, sguardi, posture. Non così per Caravaggio, che della luce fa messaggio spirituale, emanazione di un “altrove” immanente, pura emozione che avvolge e sublima la carnalità sofferente – e a volte giocosa – delle creature che ha reso immortali nel colore.
Infine, Gasparro vanta il merito di essere un fervente cattolico. Ma di fatto non si riconosce nelle grandiose disposizioni di un Papa Santo e Buono, che nel 1959 ha finalmente prosciolto noi ebrei dall’accusa di deicidio. Accusa, come è noto, messa a segno da Sant’Agostino di Lippona, e premessa di massacri inenarrabili. Vorrei chiedere ora a Vittorio Sgarbi cosa ne pensa di questa brillante trovata del suo pupillo. A me sembra che l’artista sia ben consapevole del virus che ha messo in circolo. In certi ambienti e in certi siti ha infatti ricevuto numerosi plausi. Una cinica operazione di marketing, insomma. Io qui mi unisco al coro degli indignati, anche se corro il rischio, parlandone, di fare il suo gioco. Pazienza. Vorrei solo ricordare a Gasparro che, se la Pasqua degli ebrei celebra la libertà dalla schiavitù, quella dei cristiani annuncia la Resurrezione di un Ebreo.