In un anno pieno di avvenimenti rivoluzionari come il 1977, la Biennale di Venezia scelse, fra polemiche e opposizioni italiane e russe, di portare alla ribalta i cosiddetti artisti del dissenso, coloro che, per scelte ideali o politiche, si schierarono contro il regime dell’Unione Sovietica. E “La Biennale del dissenso” è il titolo della puntata di sabato 4 aprile di Passato e presente, il programma scritto e condotto da Paolo Mieli, in onda alle 20.30 su Rai Storia.
I 60 artisti che il 15 novembre del ’77 aprirono la Biennale con 300 opere erano perlopiù figli delle avanguardie russe dei primi del Novecento, quelle di Kandiskij e Malevic, così importanti per la nascita dell’astrattismo mondiale. Quel filo, passato attraverso la censura e l’alternarsi di aperture e chiusure del regime, giunse fino agli anni settanta, quando un gruppo di loro, molti dei quali presenti alla Biennale del dissenso, si unirono come movimento Nonconformista.
Le opere di Vladimir Nemuchin, Lidia Masterkova, Dmitri Plavinski, Elij Beljutin, Michael Kulakov (quest’ultimo vissuto in Italia dal ’76 fino alla morte, nel 2012) vennero esposte nei sotterranei del palazzetto dello sport a Riva degli Schiavoni; fu l’obiettivo raggiunto di un percorso a ostacoli. In Russia, già nel ’62 il premier Chruscev aveva bollato l’arte astratta come “degenerata”, nel corso di una mostra a Mosca. Ai tempi della Biennale del ’77, la polizia sovietica mandò agenti in tutta Europa per boicottare Enrico Crispolti che, in qualità di responsabile della sezione Arti visive, sceglieva le opere da esporre. Intanto in Italia impazzava la polemica pro e contro Biennale, con nomi quali Giulio Carlo Argan e Luca Ronconi che criticavano la matrice politica dell’iniziativa, e altri come Alberto Moravia che invece ne apprezzavano il valore artistico.