Io ti vedo, tu mi senti?. Da domani, 7 aprile, Nicolas Ballario presenta il nuovo programma di Sky Arte, pillole di intrattenimento per far conoscere e promuovere le migliori iniziative lanciate da musei, istituzioni e artisti. In onda tutti i martedì e venerdì alle 21.
Io ti vedo, tu mi senti?. Frase formulare con cui esordire nel nostro nuovo modo di entrare in relazione in tempo di quarantena. Un modo diretto e spontaneo, quasi familiare, che sopperisce alla voglia di comunicare e raccontarci. Il nuovo programma di Sky Arte, in collaborazione con TIWI, fa proprio questo, racconta. Racconta cosa sta succedendo nel panorama artistico culturale attraverso i principali protagonisti che lo animano. Interviste a pillole da circa 7 minuti, visibili sui canali di Sky Arte, Facebook e Instagram, in compagnia di Nicolas Ballario, la cui voce, tra le altre cose, ci accompagna già da anni tutte le domeniche su RadioRaiUno. Per l’occasione, da quella voce, ci siamo fatti raccontare Io ti vedo, tu mi senti?.
In questi giorni stiamo assistendo a una vera e propria inondazione del web da parte di musei, gallerie, fiere e istituzioni di vario genere che dopo il lockdown lanciano iniziative e rubriche dedicate ai nostri strani giorni sui propri canali social. È utile? Non sarebbe meglio puntare più sulla qualità che sulla quantità del liberi tutti? Cosa contraddistingue il tuo programma?
È vero, meglio la qualità della quantità, ma devo dire che questo momento ha spinto tutte le realtà artistiche più interessanti a confrontarsi con una esperienza nuova, che per la prima volta esclude la componente fisica. Quindi in questi tentativi ne sono usciti di davvero interessanti, penso a Genealogia, che la bravissima Ilaria Bonacossa ha pensato per il canale Instragam di Artissima e che ci mostra l’albero genealogico, tra avi e discendenti, che ogni artista traccia da sé, oppure Viaggi da Camera della Fondazione Trussardi, che chiede ancora agli artisti di mostrare (ed escono cose assurde!) il loro spazio privato. Per non parlare delle iniziative di charity, come 100 fotografi per Bergamo o Art for Covid. Ecco Sky Arte ha sentito l’esigenza di dare voce a chi in questo momento sta facendo qualcosa di importante: è una piazza in cui possiamo unirci e vedere quali sono i progetti di qualità.
In che modo hai organizzato la rassegna e selezionato i tuoi protagonisti? Di che artisti si tratta (fotografi, pittori, scultori…)?
C’è un po’ di tutto naturalmente, non importa quale sia il medium utilizzato. E poi diciamoci la verità, il mondo dell’arte in fondo è piccolo, ci conosciamo tutti e basta una telefonata per chiamare a raccolta i grandi protagonisti della cultura visiva: direttori di musei, artisti, curatori di grande livello si sono messi subito a disposizione. Quello che mi interessa, infatti, è che la grande arte abbia scelto di dare un contributo. Con Sky Arte abbiamo scelto un format fresco, ideato dallo Studio Tiwi. Siamo in collegamento skype e non lo nascondiamo, anzi cerchiamo di esaltare questo aspetto. Tutte le istituzioni artistiche o i singoli hanno aderito con grande gioia e spero sia un esperimento riuscito.
Da grande comunicatore, hai già il sentore di radicali cambiamenti che potrebbero stravolgere il modo di raccontare l’arte e usufruirne? Come reputi il livello globale di comunicazione di musei, istituzioni e gallerie in Italia? C’è qualche realtà/eccellenza che consigli di seguire? Cosa ne pensi della proliferazione di art blogger e simili?
I Musei erano già pronti a questo salto e lo ha dimostrato il fatto che ci sono molti contenuti di qualità. Molti erano indietro, ma stanno recuperando e sono felice che succeda. Certo c’è chi ha fatto scuola, come la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo che da anni con Silvio Salvo a capo della macchina di comunicazione ha sfondato la barriera dell’arte contemporanea utilizzando uno stile ironico, ma se ne potrebbero citare tantissimi. Sugli art blogger credo che il problema sia la capacità di rinnovare il proprio linguaggio. Penso soprattutto a Instagram, mi spiace vedere che alcune promesse della comunicazione dell’arte si siano arenate in se stesse. Sono felice che ce ne siano tanti, perché nella quantità escono progetti buoni, ma se posso dare un consiglio: occhio a non diventare autoreferenziali, pensando di essere al centro del mondo. Non salviamo vite umane!
Come credi cambierà il mondo della cultura, in generale, quando finirà la pandemia?
Ti devo dire la verità: non ne ho idea. Ho però una grande paura, quella che si perda il segno globale dell’arte. L’arte è internazionale per eccellenza e temo che i Paesi diventino più egoisti in tutto dopo questo periodo e quindi ne risentirà ogni cosa: la libertà di movimento, l’economia, naturalmente la cultura. Naturalmente di contraltare tutto questo può anche essere un’occasione e io lavoro in questo senso.
Come vive la quarantena chi lo chiede agli altri? Raccontaci il tuo modo di passare questo momento. Come trascorri le giornate, letture, modalità di lavoro cambiate…?
Naturalmente non sono sereno e mi accorgo che più ho tempo, più perdo tempo. Devo dire che non c’è posto per la noia, anche se sono lento a lavorare e leggo meno di quanto vorrei. Cerco però di studiare e di tenermi costantemente aggiornato nel mio ambito: il mondo dell’arte ha reagito bene e quindi mi tiene compagnia. Sono fortunato però, perché ancora posso lavorare da casa: le registrazioni di Sky Arte sono divertenti, e poi scrivo per Rolling Stone e ho una trasmissione su RadioRaiUno. C’è anche un nuovo appuntamento fisso: ogni giorno alle 17 faccio una diretta Instagram sulla fotografia con Oliviero Toscani. Mi tengo impegnato insomma. E poi confesso che con l’azzeramento della vita sociale, in controtendenza rispetto a quello che vedo, sono finalmente riuscito a fare una cosa che promettevo da anni: mi sono messo a dieta!