Com’è cambiata la vita degli artisti durante la quarantena? Come sono mutate le loro abitudini, il loro sentire, il loro lavoro?
L’aria sospesa, gli spazi dilatati, i silenzi, il fluire sordo del tempo. L’attesa pervasa di un chiarore surreale e indefinito che scandisce le vite della quarantena. Abbiamo chiesto a una serie di artisti di raccontarci lo scorrere del tempo dalle proprie case, trasformate in temporanei atelier. La vita di un artista ai tempi della pandemia.
I tempi di Giacomo Modolo
Come passi la giornata, dove e come dipingi ora?
Sono bloccato a casa, senza accesso allo studio da diverse settimane. Ho avuto giusto il tempo per andare a recuperare un po’ di materiale prima che le strade si riempissero dei blocchi di polizia. Il Veneto ha stretto misure serie fin da subito, tanto che a raccogliere pennelli e colori in atelier mi sentivo un ladro.
Prima della quarantena ero pronto per uscire con alcune mostre, tra queste una personale, la prima dedicata al paesaggio senza figura. Un passaggio per me importante. Trovandomi a casa e dividendo l’appartamento con un amico (grazie a Dio), disegno e dipingo in camera da letto, sulla scrivania.
Ho ripreso la figura dipingendo su fogli A4 volti di amici e di persone che stimo. Credo sia stata una necessità naturale, data la condizione di isolamento. Inoltre, la giornata la passo portando avanti il mio ruolo di docente attraverso la didattica on line che, nonostante le difficoltà, mi fa sentire utile alla società.
Tempo, Spazio, Suono. Concetti ricalibrati, relativi, riformulati…
Negli ultimi anni, l’atelier e i vari mestieri che ho svolto mi hanno sempre tenuto distante dalla dimensione casalinga. Gli appartamenti che ho abitato sono stati una sorta di dormitorio, dove cenare e dormire. Questa nuova realtà sta mettendo a dura prova la mia condizione di animale da branco e detto sinceramente, non ci trovo nulla di particolarmente entusiasmante. Trovo però curioso aver chiamato “sparire” tutti i quadri del mio ultimo ciclo pre-quarantena. Ho dipinto per mesi la visione del piccolo sprazzo di verde presente nel mio quartiere trasformandolo in visioni di paesaggi incontaminati, esotici. Il silenzio spettrale che oggi invade queste strade, solitamente chiassose, é significativo.
Leggere, scrivere, riflettere, altro…
L’aspetto positivo é che ho ricominciato ad ascoltare musica. Ascoltarla per davvero, con il rituale del giradischi che mi mette nella condizione di vivere un album: dal primo brano all’ultimo, senza tutte quelle playlist “studiate per me” dall’internet.
Spero che una volta finita questa situazione si possa raccogliere qualche consapevolezza in più, come ricordarsi di essere vivi. La pittura é sempre stata un pretesto per essere indipendenti e forse la quarantena stimolerà ancora di più questo aspetto. Guardiamoci indietro – con senso critico – per esistere meglio.
Prima cosa che farai quando finisce la quarantena?
Faremo una festa esagerata.