Com’è cambiata la vita degli artisti durante la quarantena? Come sono mutate le loro abitudini, il loro sentire, il loro lavoro?
L’aria sospesa, gli spazi dilatati, i silenzi, il fluire sordo del tempo. L’attesa pervasa di un chiarore surreale e indefinito che scandisce le vite della quarantena. Abbiamo chiesto a una serie di artisti di raccontarci lo scorrere del tempo dalle proprie case, trasformate in temporanei atelier. La vita di un artista ai tempi della pandemia.
I tempi di Sophie Westerlind
Come passi la giornata, dove e come dipingi ora?
Durante questo periodo ho collaborato con Giada Pellicari facendo parte del progetto #artistisinquarantine. Ci siamo sentite quotidianamente sia per feedback che per incoraggiarci reciprocamente a continuare il proprio lavoro, anche se in maniera diversa.
Abito a Venezia alla Giudecca e il mio studio e molto vicino a casa. In questo periodo ho cercato di continuare a dipingere, anche se però con fatica per le preoccupazioni dovute a questa situazione. Faccio più fatica a concentrarmi e mi occorre molto più tempo per qualsiasi cosa.
Da novembre lavoro con una serie di ritratti dal vero. Sono venuti a posare amici, i miei genitori, e conoscenti dalla mia vita quotidiana, da soli o in coppia. Il tempo per le sedute è limitato ad una giornata. Ogni seduta è diversa come la persona che viene a farsi ritrarre, ma quasi sempre si instaura un bel rapporto di fiducia reciproca.
Durante il lavoro rimaniamo a volte in silenzio, a volte parliamo. Vedere qualcuno parlare e gesticolare aiuta ed è importante per la naturalezza della situazione. Il corpo cambia quando sorridi. Le pause sono importanti.
Incoraggiata da varie persone che sono venute a trovarmi in studio mi sono fatta coraggio ad iniziare una serie di nudi. Sono stata fortunata a poter iniziare con una persona molto brava che aveva già posato nel suo passato. Si chiama Marco, vive e lavora a Venezia da tanti anni. La sua tranquillità mi ha subito messo a mio agio ed ero felice quando mi ha detto che sarebbe tornato volentieri a posare per altri quadri.
Ho poi proseguito con Laura, una donna di trent’anni che ho conosciuto al supermercato. Scoperto di essere vicine di casa le ho chiesto se avrebbe voluto posare nuda in questi giorni di lockdown. Ci siamo messe d’accordo e abbiamo lavorato prendendo tutte le precauzioni necessarie. Laura è poi tornata a posare più volte. Credo ci siamo trovate bene entrambe a lavorare assieme e delle volte durante le sessioni nella stanza sembrava che il mondo fuori si fosse fermato per un po’.
Dipingere qualcuno dal vero è un lavoro di collaborazione, decidiamo sempre le pose assieme. Trovo che la quarantena ha influenzato il linguaggio del corpo. È come se tutti avessero più bisogno di conforto creando intorno a se una sorta di nido. Per esempio nell’ultimo quadro Laura ha messo i suoi oggetti personali attorno a se, in maniera naturale sono diventati parte della composizione. Infatti, la parola svedese che dà il titolo al quadro si riferisce al momento in cui gli animali vanno in letargo.
Trovo che dipingere il corpo nudo rende la persona più espressiva. Un busto con tutti i vari dettagli e volumi messi assieme diventa come un paesaggio che può esprimere vivacità quanto un viso che ride. È come se il volto venisse espanso. Trovo che le ginocchia o un gomito possono esprimere carattere allo stesso modo di un naso.
Tempo, Spazio, Suono. Concetti ricalibrati, relativi, riformulati…
In questo periodi si è manifestata molta solidarietà e sostegno. Sentire le persone al telefono me le fa sentire vicine anche se geograficamente distanti. Per non sentirsi soli, alla Giudecca molte persone hanno iniziato a parlarsi dalle finestre. Sto imparando a riconoscere le voci dei vicini. I suoni sono più chiari di prima. Invece di rumori e traffico si sentono solo voci, cani che abbaiano, musica dai balconi e aspirapolvere.
Leggere, scrivere, riflettere, altro…
Ho appena finito a leggere ‘Unquiet’/’De oroliga’ di Linn Ullman. Una bellissima meditazione sul tempo e la memoria e anche sul rapporto con il padre Ingmar Bergman durante gli ultimi mesi della sua vita sull’isola Fårö, Svezia.
Prima cosa che farai quando finisce la quarantena?
Quando finisce la quarantena vorrei fare una lunga passeggiata in spiaggia e prendere una birra con gli amici. Appena sarà possibile vorrei prendere il treno e andare via qualche giorno da Venezia per cambiare aria.