Com’è cambiata la vita degli artisti durante la quarantena? Come sono mutate le loro abitudini, il loro sentire, il loro lavoro?
L’aria sospesa, gli spazi dilatati, i silenzi, il fluire sordo del tempo. L’attesa pervasa di un chiarore surreale e indefinito che scandisce le vite della quarantena. Abbiamo chiesto a una serie di artisti di raccontarci lo scorrere del tempo dalle proprie case, trasformate in temporanei atelier. La vita di un artista ai tempi della pandemia.
I tempi di Ruben Montini
Come passi la giornata, dove e come dipingi ora?
Ho sempre avuto lo studio all’interno della mia casa quindi, di fatto, non è cambiato molto. Lo studio occupa tutto il piano superiore della mia abitazione, con una grande terrazza che si affaccia sul giardino e un piccolo balcone che invece guarda la strada principale del centro abitato. Sto lavorando quotidianamente al nuovo esemplare di un’opera, “ISOLATO”, che la mia galleria presenta sui social ogni giorno, in questo periodo in cui ha realizzato la sua prima mostra online, il mio solo show LE PAURE CONDIVISE.
Inoltre, porto avanti un diario giornaliero molto simile, in cui ricamo la stessa parola completata dalla data di ogni singolo giorno.. a partire dal 10 Marzo 2020, primo giorno di lockdown in Italia.
Tempo, Spazio, Suono. Concetti ricalibrati, relativi, riformulati…
La cosa che è cambiata, ovviamente, è il silenzio che avvolge tutto ciò… le macchine… una ogni dieci minuti, le persone che fanno la fila con la mascherina mentre aspettano il loro turno dal fruttivendolo vicino. La mattina, invece, la gente va ancora a comprare il pane, al panificio di fronte. La gelateria artigianale è chiusa. Il via vai delle persone con le coppette o i coni fra le mani è terminato a Novembre e non è ancora ricominciato. Quindi è questo silenzio quasi religioso che differenzia maggiormente le giornate in studio. Ogni giorno sembra un Venerdì Santo; uno di quei Venerdì Santo che ci facevano osservare da piccoli e che non ci ricordavamo più.
Leggere, scrivere, riflettere, altro…
Nel frattempo mi concentro su un restyling DIY della mia casa sul Lago di Garda, che ho acquistato da poco più di un anno. Essendo state rimandate le mostre, le performance che avevo in programma (prima fra tutte quella che avrei dovuto realizzare il 19 Marzo presso il MNAC – il Museo Nazionale di Arte Contemporanea della Romania a Bucarest -, i talks e le fiere, le scadenze sono dilatate – o meglio sospese – e quindi posso dedicarmi a tutte quelle cose che rimandavo da tempo. Ho acquistato dei libri che ancora non avevo; ad esempio alcuni testi di Derek Jarman, primo tra tutti The Garden (1996) che mi aiuta a coltivare la mia passione per il giardino che circonda casa mia.
C’è una parte del libro, molto bella, in cui Derek Jarman parla della necessità di prendersi cura di un pezzo di terra e trasformarlo in un piccolo paradiso. Il giardino è questo, un tentativo che l’uomo compie di creare un pezzo di paradiso sulla terra. Soprattutto quando tutto intorno è morte e sofferenza, questo esercizio diventa catartico. Lui lo fa dopo aver scoperto di essere malato di AIDS: mentre il suo corpo si deteriora e perde forza, perde vigore… lui cerca di far germogliare un’arida, desolata distesa di ciottoli vicino alla centrale nucleare di Dungeness, nel Kent.
Prima cosa che farai quando finisce la quarantena?
Prendo un treno per Milano, poi per Venezia e poi cerco di portare a termine Questo Anonimato E’ Sovversivo, il mio progetto itinerante in giro per l’Europa che – necessariamente – è stato messo in stand-by.