Com’è cambiata la vita degli artisti durante la quarantena? Come sono mutate le loro abitudini, il loro sentire, il loro lavoro?
L’aria sospesa, gli spazi dilatati, i silenzi, il fluire sordo del tempo. L’attesa pervasa di un chiarore surreale e indefinito che scandisce le vite della quarantena. Abbiamo chiesto a una serie di artisti di raccontarci lo scorrere del tempo dalle proprie case, trasformate in temporanei atelier. La vita di un artista ai tempi della pandemia.
I tempi di Oscar Contreras Rojas
Come passi la giornata, dove e come dipingi ora?
Poco tempo prima della quarantena mi sono trasferito in una nuova casa a Firenze, dove ormai è più di un anno che vivo e lavoro, nella vecchia casa ho ancora uno studio ampio che mi permette di lavorare con i grande formati che prediligo ma purtroppo dopo l’ordinanza per l’emergenza sanitaria non sono riuscito a tornare li per finire le cose su cui stavo lavorando.
Cosi ho deciso di montare uno “studio b” in una stanza vuota nella casa dove abito ora, purtroppo non è molto grande per cui mi sono buttato sui formati piccoli e piccolissimi, miniature per essere più precisi. E’ una serie a cui lavoro da anni, dipinti su bottoni e altri supporti, disegni, quadretti in acrilico e altro.
Ho iniziato anche a lavorare su lastre di vetro e resine, le trasparenze mi affascinano da sempre e ora che ho più tempo e che sono riuscito a procurarmi del materiale faccio un po’ di prove.
Tempo, Spazio, Suono. Concetti ricalibrati, relativi, riformulati…
Questi sono elementi a cui penso sempre, ma all’inizio della quarantena soprattutto allo spazio, per le ragioni descritte prima, ho pensato molto all’importanza che lo spazio ha nel mio lavoro, lo spazio in cui mi muovo con il pennello in mano, ma ovviamente anche lo spazio che i supporti mi possono offrire. Questo poi mi ha portato a provare e rivalutare nuovi supporti, il vetro, il legno, la carta ecc.
Una cosa simile mi era successa anni fa, quando sono rimasto senza uno studio perché non riuscivo a pagarlo, allora iniziai quel ciclo di miniature. in quel periodo stavo lavorando a una serie di grandi dipinti al Forte Marghera a Venezia che ho dovuto pausare. Ci avevo preso la mano, il gusto di lavorare in queste dimensioni che mi permettevano di muovermi con pennellate lunghissime camminando e correndo da un lato all’altro della tela, ma poi è avvenuto il cambiamento totale. Nella mia stanza mi sono messo a dipingere dei bottoni, tappi, piatti ecc. riformulando tutto.
Quando ho avuto modo di ricominciare con quei grandi quadri mi sono trovato benissimo, l’esperienza del piccolo mi è stata davvero utile, e da allora sono sempre contento di fare questi cambiamenti quando necessario al mio lavoro o come in questo caso, alla situazione generale.
Mi sono reso conto che alla fine è solo una questioni di scala, che sembra facile a dire, ma quando su quel supporto piccolo, minuscolo, microscopico che sia riesci a formulare un’idea (adeguando il modo di lavorare, pennelli ecc) hai il riassunto di ciò che una tela gigantesca può contenere, la parte più intima, in qualche modo l’essenza. Questo mi fa sentire libero da questa limitazione spaziale. Non ho più l’assoluto bisogno di uno studio.
Leggere, scrivere, riflettere, altro…
In questo periodo dedico molto tempo a mio figlio appena nato, ho scoperto che essere genitore è più impegnativo di quanto immaginavo, poi guardo dei film fiction, sento dei vecchi album, suono il mio basso elettrico ogni tanto e disegno.
Sto leggendo Jules Verne, in qualche modo per appagare un po’ la voglia di viaggiare e cerco di recuperare il più che posso le ore che passo sveglio di notte
Penso che comunque questo sia un momento in cui mi sto caricando parecchio di energia e idee, gli studi e gli schizzi sono più fluidi e ambiziosi.
Prima cosa che farai quando finisce la quarantena?
Non vedo l’ora di poter usare gli attrezzi per tagliare il legno, ho un po’ di progetti in cui devo fare parecchi tagli, incisioni e tanta polvere, vorrei anche attrezzare il mio furgoncino per lavorare dentro e soprattutto viaggiare.