Com’è cambiata la vita degli artisti durante la quarantena? Come sono mutate le loro abitudini, il loro sentire, il loro lavoro?
L’aria sospesa, gli spazi dilatati, i silenzi, il fluire sordo del tempo. L’attesa pervasa di un chiarore surreale e indefinito che scandisce le vite della quarantena. Abbiamo chiesto a una serie di artisti di raccontarci lo scorrere del tempo dalle proprie case, trasformate in temporanei atelier. La vita di un artista ai tempi della pandemia.
I tempi di Leo Ragno
Come passi la giornata, dove e come dipingi ora?
La routine casalinga non è molto cambiata rispetto a prima. Avendo uno spazio in casa adibito a studio ho la possibilità di lavorare senza fare spostamenti e questa è diventata improvvisamente una fortuna. Ero alla ricerca di uno studio più grande a Milano ma la ricerca è stata interrotta dal lockdown. È sicuramente cambiato però l’approccio al lavoro. Ho avuto circa quindici giorni in cui non sono riuscito a realizzare nulla, l’impressione era che non si potesse continuare a fare le stesse cose fatte fino al giorno prima come se nulla stesse accadendo, con la sensazione che il mondo crollasse attorno. Sono stati giorni in cui non ho lavorato fisicamente con pennelli e matite ma in cui molte sono state le riflessioni sul lavoro da fare e sui possibili cambiamenti lasciando sedimentare più del solito le idee. Attualmente sto lavorando molto col disegno, forse in maniera più spontanea del solito, con delle tematiche nuove, sto cercando di aprire il più possibile a nuovi contenuti raccogliendo quanto di nuovo possa partorire questa condizione.
Tempo, Spazio, Suono. Concetti ricalibrati, relativi, riformulati…
La riflessione sul tempo è un argomento che già mi appassionava in passato e questa nuova dimensione non può che stimolare ulteriori riflessioni. Il tempo dilatato, disteso, il tempo che è diventato anche il luogo, dato l’annullamento dello spazio o almeno la sua limitazione, dove muoversi liberamente, andando con la memoria nel passato e immaginando anche i possibili futuri. Ho anche la sensazione che vi sia una specie di convinzione diffusa che si tratti di un tempo di passaggio, come se fossimo in “pausa”, un intervallo tra due atti, in attesa del secondo e quindi in un “non tempo”. Rifletto molto anche sui luoghi metropolitani deserti e per assurdo sulla loro effettiva esistenza non essendoci nessuno a guardarli. L’immagine che più mi sembra simile a questo periodo è quella del viaggio. È come se fossimo in attesa di arrivare in una destinazione sconosciuta e nel frattempo leggiamo qualcosa, guardiamo in sovrappensiero il paesaggio che cambia dal finestrino, ci infiliamo le cuffiette e ascoltiamo un po’ di musica, senza sapere però dove atterrerà il nostro aereo e anche in che condizioni saremo noi all’arrivo.
Leggere, scrivere, riflettere, altro…
Dopo quel primo periodo iniziale in cui mi era difficile anche leggere, ho ripreso la “Recherche” di Proust, che avevo iniziato circa un anno fa per poi interrompere per dedicarmi ad altre letture, sono alla terza parte, l’intenzione è quella di recuperare il tempo perduto e completarne la lettura. Ascolto molta musica, avendo più tempo per farlo, dischi completi, dal principio alla fine, sperando di non disturbare troppo i vicini e la mia compagna. Per il resto vedo film, serie tv, mi tengo informato su quanto accade, cercando di non esagerare in un periodo dove la sovraesposizione alle informazioni credo sia una delle peggiori piaghe. Ho anche portato avanti il lavoro sulla artzine dedicata al disegno “La.banana” con il collega e amico Dario Molinaro. Abbiamo deciso di coinvolgere altri artisti e abbiamo realizzato una serie di numeri speciali su questo periodo cercando di creare una piccola traccia artistica di quello che sta accadendo.
Prima cosa che farai quando finisce la quarantena?
L’ho confidato a pochissimi finora, farò una lunghissima passeggiata per tutta Milano.