Tutto è fermo. Il tempo è sospeso. E nei teatri del mondo, dove fino a ieri volteggiavano solisti e corpi di ballo, applauditi da migliaia di persone, oggi il vuoto e il silenzio regnano indisturbati.
Tra i lavori più significativi di ricerca personale di Raoul Iacometti, fotografo milanese, autore di reportage di documento e socio-umanitario, si distinguono progetti tematici sul mondo della danza e in particolare Green Attitude, un work in progress iniziato nel 2008, dove danzatori e danzatrici del Teatro alla Scala di Milano, dell’Opéra National de Paris o del Teatro dell’Opera di Roma, per citarne solo alcuni, posano in ambienti insoliti come serre e vivai, tra fiori e piante.
Ma, nel mese di marzo, blindato nella sua casa milanese, Raoul Iacometti ha concepito un progetto fotografico diverso, geniale per la composizione e il montaggio e positivo per il messaggio di energia e di dinamismo che lancia. L’ha realizzato insieme a molti protagonisti della danza internazionale e l’ha chiamato #homeTOhome.
“Dal 15 al 28 marzo, ho scattato fisicamente con la mia fotocamera più di quaranta artisti sparsi nel mondo, primi ballerini, solisti e danzatori di corpi di ballo che fanno parte di importanti teatri (La Scala, Les Ballets de Monte Carlo, Martha Graham Dance Company di New York, Mikhailovsky Theatre di San Pietroburgo, ecc.) direttamente da casa mia, “ospite” nelle loro” spiega.
E, da professionista dell’obiettivo, tiene a precisare: ”Non sono screenshot, selfie o manipolazioni in Photoshop, ma reali interazioni durante videocall in WhatsApp, come se fossimo tutti sullo stesso set”. La musica originale è stata scritta e registrata da due bravissimi musicisti italiani, Renato Greco e Francesco Bonito, anch’essi in case separate e in una notte.
La distanza obbligata tra fotografo a modelli è stata uno stimolo in più per la creatività dell’autore: “Milano, Parigi, Genova, New York, Vicenza, Palermo, Bucharest, Lucignano, Laşi, Montecarlo, Forlì, San Pietroburgo, Napoli, luoghi bellissimi, alcuni distanti migliaia di chilometri, altri raggiungibili in poche ore di auto, ma che in questo particolare e surreale momento della nostra esistenza assumono la stessa distanza, quella dell’impossibilità di raggiungerli fisicamente. E allora la mente, il pensiero, che dovrebbe non aver confini né limitazioni, va, supera le barriere, le sorvola e arriva in ognuno di questi bellissimi posti in maniera diversa. Lì ho incontrato grandi artisti, anime sublimi, con i quali ho condiviso e ripreso fotograficamente la loro arte, nonostante le distanze. Abbiamo vissuto su set virtuali, le loro abitazioni e la mia, talvolta la temporalità di un fuso orario che permette di far incontrare il giorno e la notte in un unico scatto. Sì, sorvolare le barriere dell’oceano, delle montagne, anche quelle delle nostre stesse convinzioni. Superare il limite logico della materialità delle cose, perché l’anima di ognuno di noi è libera e qualche volta ci rappresenta attraverso l’arte”.
Al progetto di Iacometti hanno aderito finora 43 ballerini, ma queste immagini sono già state prenotate per una prossima mostra e nuovi set virtuali con altri protagonisti sono già in cantiere. “Tutti hanno aderito con chiamata in video call e nella connessione decidevamo gli spazi delle loro case come location per scattare le immagini.” E tutti hanno danzato assumendo pose plastiche come fossero sul palcoscenico.
Così, #homeTOhome è il risultato tangibile e materiale di una un’intensa condivisione d’anime, fotografie e sensazioni in tempo reale. In questo momento senza precedenti Raoul Iacometti riflette sul significato e sullo scopo di questo suo lavoro fotografico: “Accade ora, nel mezzo di attività casalinghe che ognuno di noi sta cercando di creare per esorcizzare questa situazione strana, paradossale, mai vissuta prima, e che questo periodo di fermo forzato – giusto e necessario per la nostra salute e quella degli altri – ci ha relegati. Siamo nel centro di un momento storico particolare che lascerà senz’altro un segno in ognuno di noi e che spero porti un cambiamento migliorativo su come affrontare “il dopo”.
Così, giorno e notte, ho viaggiato virtualmente in molte parti del mondo, nel doppio ruolo di ospite e di ospitante. Un’idea semplice, nulla che possa salvarci fisicamente da questo nemico invisibile. Ci sono persone che stanno lottando per fare questo, anche a costo delle loro stesse vite e alle quali va la nostra più grande riconoscenza e gratitudine, questo lavoro vuole essere solo portatore di un po’ di serenità e far comprendere che la cosa primaria di questa nostra esistenza è anche la più semplice da realizzare: il rapporto umano, fatto di parole, gesti, pensieri e tante, tante emozioni”.