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Le pareti come palcoscenico: la danza verticale tra corpo e architettura

Bora Bora Festival, Aarhus, Danimarca, 2019. © Ryolf Per Bora Bora Festival, Aarhus, Danimarca, 2019. © Ryolf Per
Palazzo Moroni, Festival Prospettiva Danza, Padova, 2012. © Ottorino Cavinato
Palazzo Moroni, Festival Prospettiva Danza, Padova, 2012. © Ottorino Cavinato

Forma artistica innovativa, la danza verticale si muove negli spazi urbani portando bellezza e benessere negli occhi di chi guarda.

Una forma artistica innovativa

È accessibile a chiunque voglia esserne spettatore, riqualifica gli spazi urbani, porta benessere in chi la osserva: queste sono solo alcune delle caratteristiche della danza verticale. Si tratta di una forma d’arte performativa che vede i suoi primi sviluppi in Europa e negli Stati Uniti tra gli anni ‘60 e ‘70, e si distingue per il suo rapporto con le architetture e il paesaggio circostante, con cui entra in dialogo. In questa disciplina la componente coreografica è predominante. Ma non si tratta di danza aerea, in cui i corpi si muovono nello spazio interagendo essenzialmente con il loro attrezzo.

Proprio in questo la danza verticale è innovatrice. I danzatori si muovono in perpendicolare rispetto alle pareti, come se queste fossero il loro palcoscenico. Ciò porta ad uno stravolgimento spaziale per i performer, ma anche per lo spettatore, che, stupito, osserva gli spettacoli da una prospettiva tutta nuova.

M9, Museo del ‘900, Mestre (VE), 2018. © Wanda Moretti
M9, Museo del ‘900, Mestre (VE), 2018. © Wanda Moretti

Il Posto: la danza verticale come linguaggio poetico

Pioniera della danza verticale in Italia, la coreografa Wanda Moretti fonda nel 1994 la Compagnia Il Posto con il musicista Marco Castelli. Negli anni, la Compagnia è cresciuta tanto da partecipare a eventi italiani e internazionali, e lavorare per noti brand tra cui Ferrari e Bulgari.

La cifra stilistica che contraddistingue la Compagnia, consiste nel realizzare coreografie su piani verticali accompagnate da musica per sax e live electronics, dove il rapporto con le architetture e il paesaggio porta a una costante rilettura dello spazio.

Per Wanda Moretti la danza verticale è un ambito specialistico, come il balletto classico, la danza contemporanea e altre tecniche di danza. Necessita quindi di metodi di studio specifici oltre che di costanza. Ed è stata lei stessa a inventare le imbragature utilizzate nella danza verticale, non presenti in commercio e frutto di anni di prove e prototipi.

Nonostante la vicinanza, in parte, con altre discipline aeree, la coreografa tiene però a precisare che la danza verticale è un linguaggio poetico, espressivo e artistico, che nasce dall’esigenza di voler comunicare attraverso il movimento, superando la dimensione acrobatica. “L’aspetto virtuoso non mi interessa, a meno che non sia funzionale a quello che si vuole trasmettere”, precisa.

Roma in Scena, Museo dell’Ara Pacis, Roma, 2009. Unnamed
Roma in Scena, Museo dell’Ara Pacis, Roma, 2009. Unnamed

Tra spazi accessibili e partecipazione con il pubblico

L’accessibilità diventa un elemento fondamentale di questa disciplina, in quanto le performance sono spesso eseguite negli spazi urbani. Questa caratteristica, va ricordato, permette a Il Posto e ad altre compagnie di danza verticale nel mondo di essere più vicine al pubblico, poiché danzare sugli edifici significa muoversi in un territorio estremamente noto ai suoi abitanti.

Inoltre, Wanda Moretti è convinta che ogni persona possieda capacità creative, e che queste possano dare vita a un processo emotivo unico sia negli spettatori, sia nei danzatori. Ha quindi sviluppato nel tempo alcune pratiche di partecipazione con il pubblico. E quella che a primo impatto sembra una forma performativa distante da chi guarda, è in realtà capace di dare vita a sinergie. Non solo con il territorio, ma anche e soprattutto con le persone.

Bora Bora Festival, Aarhus, Danimarca, 2019. © Ryolf Per
Bora Bora Festival, Aarhus, Danimarca, 2019. © Ryolf Per

Semplicità, creatività e partecipazione. Con queste parole in mente, Wanda Moretti ha cercato di sviluppare un legame più forte con il pubblico, dando vita allo spettacolo “La Sfera di Hill” – ancora in repertorio ndr. Il termine, preso in prestito dalla fisica, indica lo spazio di influenza gravitazionale in relazione a un altro corpo. Mettendo dei gessetti a disposizione di spett-attori e danzatori, ha preso dunque vita una performance emozionale che ha risvegliato relazioni uniche tra persone di ogni età. Queste, in un’atmosfera silenziosa e accompagnate solo dalla musica di Marco Castelli, hanno iniziato a disegnare sul pavimento le proprie sagome, insieme a quelle dei danzatori. Ciò, prima che gli ultimi si spostassero nello spazio, portando con sé l’energia di questo scambio.

Proponendo questa performance anche nelle terremotate Accumuli e Amatrice, nel 2019 la Compagnia ha portato il potere creativo degli abitanti a ricostruire il rapporto con il territorio.

Così Il Posto prosegue la sua ricerca, fatta di legami tra corpi e paesaggi urbani, emotività e leggi fisiche.

Bora Bora Festival, Aarhus, Danimarca, 2019. © Steen Hansen
Bora Bora Festival, Aarhus, Danimarca, 2019. © Steen Hansen

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