La storia dell’Impressionismo di John Rewald, edito da Johan & Levi, è di una straordinaria semplicità espositiva, utilizza fonti primarie e ricostruisce nei minimi particolari le vicende che culminano nella prima mostra impressionista del 1874
“L’approccio di John Rewald è rigorosissimo e insieme eccentrico rispetto agli usi della critica d’arte e questo è il segreto che ha portato il libro a diventare un long seller per eccellenza e insieme il più accurato repertorio di consultazione in circolazione”.
Nella prefazione a La storia dell’Impressionismo, edito da Johan & Levi, Flaminio Gualdoni, storico e critico dell’arte, caldeggia la lettura di questo volume che scorre fluido e piacevole nelle sue oltre 500 pagine di testo, corredato da una ricca galleria iconografica, un tributo agli artefici della rivoluzione della luce e del colore.
Chi sono i protagonisti di questa storia avvincente?
Monet, Bazille, Seurat, Redon, Manet, Degas, Sisley, Gauguin, Morisot, Signac e Seurat, i cosiddetti “pittori dell’impressione” termine coniato per derisione da un giornalista in vena di ironia. E l’autore? Non è un francese ma è un tedesco. John Rewald è berlinese di nascita (1912), una formazione prima in Germania e poi alla Sorbona a Parigi dove, nel 1936, propone la tesi su Cézanne e Zola al suo maestro Henri Focillon, ma tanto per capire il pensiero dominante di quei tempi, la prima reazione dello studioso è: “Impossible! La Sorbonne s’arrête à Delacroix!”. Poi, però Focillon accetta la sfida.
Con l’entrata della Francia in guerra, Rewald, ebreo, si trasferisce a New York, all’epoca baricentro del culto dell’Impressionismo. È carico di documenti di prima mano raccolti in anni di ricerche nella capitale francese, presso i parenti degli impressionisti e altri testimoni diretti.
Docente di Storia dell’arte, prima a Chicago e poi a New York continua a scrivere di questo periodo artistico e la sua ricostruzione analitica della vicenda impressionistica si completa con la prima edizione del 1946 di La storia dell’Impressionismo.
È un testo cardine che l’autore continuerà ad arricchire fino al 1973 e questo libro ricalca l’ultima versione.
Nell’arco complessivo di circa trent’anni, dal 1855 al 1886, Rewald narra la cronaca di una strenua battaglia, fatta di trionfi e di sconfitte, di integrità e di perseveranza, di un lento e travagliato processo di demolizione del muro di dissenso della critica e dei pregiudizi borghesi. E anche se narra vicende avvenute quasi un secolo prima, attinge con precisione erudita alla sua vasta raccolta di dati documentari, si immedesima nella vita e nelle vicende degli artisti e restituisce il clima e lo scenario storico, rendendo godibilissima e scorrevole la lettura come fosse un lungo racconto.
La sfida degli artisti al Salon ufficiale di Parigi nella primavera del 1874 è descritta già nelle prime pagine. “All’epoca della prima mostra collettiva, gli impressionisti non sono più dei dilettanti: tutti oltre i trent’anni, da almeno quindici lavorano con fervido impegno, hanno studiato (o tentato di studiare) all’École des Beaux-Arts, chiesto consiglio alla generazione più anziana, discusso e assimilato le diverse tendenze dell’arte del tempo; alcuni di loro hanno persino ottenuto qualche successo a diversi Salon, prima della guerra franco-prussiana. Ma tutti rifiutano di seguire ciecamente i metodi dei riconosciuti maestri o pseudomaestri del giorno, e desumono invece, dalla lezione del passato e del presente, idee nuove che consentono loro di elaborare un fare artistico tutto personale” scrive Rewald.
E per delineare la storia dell’Impressionismo, “…bisognerà dunque cominciare dal periodo in cui prendono forma i suoi assunti principali: periodo che è dominato da artisti più anziani come Ingres, Delacroix, Corot, Courbet oltre che da varie tradizioni fraintese, costituisce lo sfondo sul quale la nuova generazione proiettò le sue eresie artistiche. Di qui l’importanza di quei prima anni in cui Manet (che non volle partecipare alla mostra collettiva), Monet, Renoir, Pissarro rifiutano di conformarsi ai propri insegnanti e imboccano una strada personale che li porterà all’Impressionismo”.
Gli inizi del movimento, l’impegno collettivo, le otto mostre, poi la parabola si chiude virtualmente nel 1886 “ quando l’ultima mostra del gruppo sancisce lo sbandamento degli antichi compagni e il loro abbandono , più o meno completo dell’Impressionismo”.
Su quali basi John Rewald ha costruito il suo volume?
“I documenti sui quali è basato questo studio si possono così classificare: le opere d’arte (e qui in molti casi si è preferito riprodurre gli esempi poco noti piuttosto che i celeberrimi); gli scritti e i giudizi degli artisti; le numerose testimonianze contemporanee, che forniscono informazioni utilissime sui pittori, la loro opera, il loro ambiente e così via; infine i giudizi critici contemporanei, indispensabili perché, oltre all’interesse aneddotico, rappresentano dati di fatto della vita di ogni artista, con tutta una serie di conseguenze psicologiche ed economiche. Ho preferito citare ampi brani da fonti contemporanee piuttosto che riscrivere le informazioni da esse desunte, nel tentativo di ricreare in qualche misura, ponendo il lettore a diretto contatto con il testo, l’atmosfera di quegli anni. In tal modo si fornisce agli studiosi una documentazione che altrimenti potrebbe ottenersi soltanto a costo di lunghe ricerche”.
E la scelta metodologica dello scrittore si rifà ai principi dello storico francese Fustel de Coulanges che scrive: “La storia non è arte, è scienza pura… Lo storico migliore è quel che si mantiene più aderente ai testi, che li interpreta con il massimo rigore, che non scrive e addirittura non pensa se non sulla loro scorta”.
John Rewald | LA STORIA DELL’IMPRESSIONISMO
Collana: Parole e immagini
ISBN: 978-88-6010-227-0
Prezzo: 39,00 €
www.johanandlevi.com