Print Friendly and PDF

La carriera di Germano Celant attraverso le sue mostre più celebri

Germano Celant Germano Celant

Promotore dell’Arte Povera, Senior Curator of Contemporary Art per il Guggenheim Museum di New York, Direttore artistico di Fondazione Prada Milano. Queste sono solo alcune delle tappe che hanno reso Germano Celant uno dei più importanti curatori della storia.

Arte Povera + Azioni Povere, Arsenali dell’antica Repubblica, Amalfi, 1989

Prima di When Attitudes Become Form (Kunsthalle Bern, Berna, Svizzera, 1969) e Documenta 5 (Kassel, 1972) – due eventi storici e spartiacque per l’arte contemporanea) – nel 1968 Germano Celant cura una mostra che lancia la giovanissima Arte Povera (Arte Povera. Note per una guerriglia, testo simbolo del movimento scritto da Celant, esce nel 1967) e la pone in relazione con i principali fenomeni artistici del tempo come l’arte concettuale, il postminimalismo e la Land art. Ospitata negli spazi degli Arsenali dell’antica Repubblica, ad Amalfi, per iniziativa dell’illuminato gallerista Marcello Rumma, viene considerata la prima mostra di arte povera tenutasi in uno spazio pubblico.

L’intento della mostra è appunto quello di contestualizzare e iscrivere il movimento all’interno del panorama artistico contemporaneo e viene raggiunto ripartendo in due sezioni distinti i contributi degli artisti poveri e quelli proveniente da esperienze internazionali. Da una parte troviamo dunque Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Mario Merz, Marisa Merz, Giulio Paolini, Pino Pascali, Michelangelo Pistoletto, Emilio Prini, Gilberto Zorio; dall’altra invece: Ableo, Paolo Icaro, Pietro Lista, Gino Marotta, Gianni Piacentino, Richard Long, Jan Dibbets e Ger van Elk.

Conceptual art, Arte Povera, Land art, Galleria Civica d’arte Moderna, Torino, 1970

Un approfondimento critico, teorico, analitico e specifico arriva due anni dopo, nel 1970, quando alla Galleria Civica d’arte Moderna di Torino Germano Celant dedica uno sezione riservata ad ogni artista invitato a partecipare alla mostra Conceptual art, Arte Povera, Land art. I tre movimenti condividono una medesima poetica connessa all’utilizzo di materiali semplici come sabbia, terra, legno e altri ancora, come ad una ritrovata spiritualità a discapito di altri movimenti come la Pop art americana. Tra le opere presenti, si ricordano quelle di di Nauman, Heizer, Merz, Weiner, Christo, Gilbert & George, Zorio, Kaltenbach, Pascali, Boetti, Beuys, Manzoni, Ryman, Anselmo, Baldessari, Huebler, Calzolari, Kawara, Klein, Smithson, Paolini, Serra, Dibbets, Morris, Pistoletto, Oppenheim, Barry, De Maria, Prini, Flavin, Kosuth, Fabro, Andre, Haacke, Penone, Sandback, Venet, Kounellis, Lewitt. Legando l’Arte Povera a questi movimenti internazionali, Celant continua così nel processo di internazionalizzare il movimento.

Conceptual art, Arte Povera, Land art

Mario Merz, Unreal City, Guggenheim Museum, New York, 1989

Nel 1977 la fama e il contributo critico e curatoriale di Celant sbarcano definitivamente in ambito statunitense, dove inizia a collaborare con il Guggenheim Museum di New York, di cui nel 1988 diventa Senior Curator of Contemporary Art. L’anno successivo dedica a Mario Merz, artista simbolo dell’Arte Povera, una mostra personale nell’importante museo americano segnando un momento storico – basti pensare che alla conferenza stampa di presentazione è presente il ministro degli Esteri Gianni De Michelis. Dalle strutture fatte a igloo alle lance e al neon, fino alle opere che utilizzano la cosiddetta sequenza Fibonacci: tutta la produzione dell’artista viene coinvolta in un mostra che apre la strada all’ingresso dell’arte italiana nel nuovo mondo. Il connubio viene contemporaneamente sancito anche da una mostra in Italia, dove la sede veneziana del Guggenheim espone quattro opere di Merz: una scritta di tubi al neon (se la forma scompare la sua radice è eterna), una casa sulla foresta con metalli, reti, gomme e fascine, un polemico Bauhaus infilato in una pentola di cera, e un’ opera senza titolo con vetri e tubi.

Mario Merz, Unreal City, Guggenheim Museum, New York, 1989

The Italian Metamorphosis, 1943-1968, Guggenheim Museum, New York, 1994

Di importanza ancora maggiore la mostra che Germano Celant definisce come “uno sbarco alla rovescia“. Nel 1994 il curatore porta al Guggenheim forse quella che diventerà la sua mostra più celebre: The Italian Metamorphosis, 1943-1968. Una somma delle abitudini, dei costumi, dei linguaggi nati in Italia dal dopoguerra alla rivoluzione culturale, passando per il boom economico e lo sviluppo del made in Italy. Gli Stati Uniti vengono così a conoscenza dei movimenti artistici e culturali (artigianato, moda, design, fotografia, cinema, pittura, scultura e altro ancora) che diventarono simbolo di una Nazione che in quegli anni era già radicalmente cambiata, non senza prima aver influenzato il mondo intero con il suo stile e la sua inventiva. Il mastodontico catalogo (più di 700 pagine apprezzabili a questo link) ha visto la partecipazione di diversi critici e intellettuali dell’epoca, tra cui spicca Umberto Eco.

Catalogo The Italian Metamorphosis, 1943-1968, Guggenheim Museum, New York, 1994

The Floating Piers, Lago d’Iseo, Italia, 2016

Facendo un ulteriore salto in avanti, è impossibile non citare – per clamore mediatico e valore artistico – The Floating Piers, che nel 2016 ha permesso a Christo di reinterpretare il Lago d’Iseo. Per 16 giorni una passerella arancione ha permesso di camminare sulle acque dolci (e talvolta agitate) del lago lombardo, dando vita ad un’esperienza artistica e allo stesso tempo naturalistica mai sperimentata alle nostre latitudini. Germano Celant, oltre a curare la mostra parallela Christo and Jeanne-Claude. Water Projects al Museo di Santa Giulia di Brescia, si è rivelato fondamentale per portare in Italia un artista di calibro internazionale come Christo.

Live in Your Head. When Attitudes Become Form, Fondazione Prada di Venezia, 2018

A più di 40 anni dalla già citata When Attitudes Become Form (1969) Germano Celant ripropone il medesimo progetto espositivo che aveva aperto la strada alla scultura contemporanea. Live in Your Head. When Attitudes Become Form del 2018 si presenta alla Fondazione Prada di Venezia come un coraggioso rifacimento della storica mostra curata da Harald Szeemann che aveva posto in evidenza una sfilza di artisti che sarebbero diventati protagonisti dell’arte che oggi tutti conosciamo: Carl Andre, Giovanni Anselmo, Richard Artschwager, Thomas Bang, Jared Bark, Robert Barry, Joseph Beuys, Alighiero Boetti, Mel Bochner, Marinus Boezem, Bill Bollinger, Michael Buthe, Pier Paolo Calzolari, Paul Cotton, Hanne Darboven, Walter de Maria, Jan Dibbets, Ger van Elk, Rafael Ferrer, Barry Flanagan, Ted Glass, Hans Haacke, Michael Heizer, Eva Hesse, Douglas Huebler, Paolo Icaro, Alain Jacquet, Neil Jenney, Stephen Kaltenbach, Jo Ann Kaplan, Edward Kienholz, Yves Klein, Joseph Kosuth, Jannis Kounellis, Gary B. Kuehn, Sol LeWitt, Bernd Lohaus, Richard Long, Roelof Louw, Bruce McLean, David Medalla, Mario Merz, Robert Morris, Bruce Nauman, Claes Oldenburg, Dennis Oppenheim, Panamarenko, Pino Pascali, Paul Pechter, Michelangelo Pistoletto, Emilio Prini, Markus Raetz, Allen Ruppersberg, Reiner Ruthenbeck, Robert Ryman, Frederick Lane Sandback, Alan Saret, Sarkis, Jean-Frédéric Schnyder, Richard Serra, Robert Smithson, Keith Sonnier, Richard Tuttle, Frank Lincoln Viner, Franz Erhard Walther, William G. Wegman, Lawrence Weiner, William T. Wiley, Gilberto Zorio. Un’esposizione dal valore simbolico difficilmente imitabile, che Celant traspone con successo dagli asettici spazi della Kunsthalle di Berna alle sale settecentesche di Ca’ Corner della Regina.


Foto Attilio Maranzano. Courtesy Fondazione Prada

Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics: Italia 1918–1943, Fondazione Prada, Milano, 2018

Nel 2015 Germano Celant diventa direttore artistico della Fondazione Prada di Milano e contribuisce in modo importante al taglio sperimentale e internazionale del museo. Nel 2018 concepisce e cura la mostra Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics: Italia 1918–1943, composta da un’impressionante selezione di oltre 600 lavori, tra dipinti, sculture, disegni, fotografie, manifesti, arredi, progetti e modelli architettonici, realizzati da più di 100 autori. L’intento principale dell’esposizione è quello di esplorare il sistema dell’arte e della cultura in Italia tra le due guerre mondiali, riconnentendosi in qualche modo alla ricerca iniziata da Celant in The Italian Metamorphosis, 1943-1968.

Veduta della mostra. Foto di Delfino Sisto Legnani e Marco Cappelletti

Jannis Kounellis, Fondazione Prada, Venezia, 2019

Conclude il percorso la retrospettiva su Jannis Kounellis ospitata dalla Fondazione Prada di Venezia, la prima esposizione realizzata dopo la scomparsa dell’artista avvenuta nel 2017. Curata da Germano Celant, la mostra accoglie oltre 60 opere realizzate dal 1959 al 2015: un percorso suggestivo attraverso tutta la carriera di uno degli artisti più influenti del secondo Novecento. Come accaduto per Live in Your Head. When Attitudes Become Form, gli spazi settecenteschi di Ca’ Corner della Regina si intrecciano in modo inaspettato ma convincente con le istallazioni concettuali dell’artista, assunto immediatamente nell’olimpo dei grandissimi con una retrospettiva di livello assoluto.

Jannis Kounellis, Fondazione Prada, Venezia

Commenta con Facebook