Print Friendly and PDF

Emergono nuovi dettagli sulla Ragazza con l’orecchino di perla di Vermeer

Caratteristiche fisiche, passaggi procedurali, provenienza dei materiali: questi i risultati di una ricerca condotta da un team di esperti della Mauritshuis Gallery dell’Aia, museo dove il quadro è custodito in Olanda.

Spesso la comunicazione inizia in modo arbitrario. Qualcosa ci interroga, ci muove dalla nostra posizione, destabilizza le nostre convinzioni. Non sempre si tratta di una parola, di una frase, di un discorso diretto, chiaro, preciso; talvolta può essere il semplice – che tanto semplice non è – sguardo di una donna che all’improvviso si volta e ci osserva, scaraventa i suoi occhi nei nostri e ci rapisce per sempre. Forse è per questo che dopo quattro secoli ancora ci si sofferma ammaliati – e indagatori – sulla figura enigmatica e seducente della Ragazza con l’orecchino di perla di Jan Vermeer.

Eternamente sedotti dal fascino enigmatico della ragazza, curiosi ed esperti non hanno mai smesso di domandarsi chi sia la ragazza dipinta, quale sia la sua storia, quale sia il segreto che sembra suggerirci inesausta. Se da una parte l’appassionato può anche – probabilmente a ragione – crogiolarsi in un mistero ancora più forte perchè mai svelato, dall’altra i ricercatori non possono che proseguire nell’indagine.

Così per due anni un team di esperti della Mauritshuis Gallery dell’Aia, mude dove il quadro è custodito in Olanda, ha analizzato l’opera avvalendosi di tecnologie sofisticate, compresa una scansione completa della tela, rivelando particolari finora ignoti: le ciglia lunghe, lo sfondo verde e una impalpabile peluria sul viso. Dettagli tecnici? Superflui? Che non cambiano la sostanza? Forse, ma forse no.

Decade infatti una delle caratteristiche più iconiche della ragazza dipinta, ovvero la mancanza ci ciglia. Esse sono presenti, anche se non si vedono, proprio come la lanugine bianca e sottile del volto, spesso invisibile anche su una persona reale. Allo stesso modo la dissolvenza della peluria della ragazza le dona una verosimiglianza forse mai avuta prima, riporta alla dimensione umana una figura che sfiorava la mitologia nel suo rappresentare un archetipo irraggiungibile. Partecipa in questa operazione anche lo scomparso sfondo verde, che fa irruzione nello spazio astratto da cui emerge la donna e ne approfondisce, anche se in minima parte, la componente narrativa (permangono infatti i dubbi sopracitati sulle origine del soggetto).

Jan Vermeer, La ragazzo con l’orecchino di perla

Il progetto Girl in the spotlight, guidato dal restauratore Abbie Vandivere, ha inoltre evidenziato alcuni cambiamenti apportati al disegno originario e di conseguenza le tecniche utilizzate da Vermeer nella realizzazione dell’opera. In particolare sono emersi vari ripensamenti circa l’impostazione della figura, i quali hanno coinvolto in particolare il posizionamento dell’orecchino, la parte superiore del velo e l’inclinazione del collo. I residui di un progetto antecedente sono emersi durante le analisi, le quali hanno contestualmente portato alla luce la tecnica operativa del pittore: Vermeer dipingeva partendo dallo sfondo e aggiungendo mano a mano i vari colori alla distesa scura. Un dettaglio procedurale che alimenta, con uno sforzo immaginativo, il movimento a girarsi, quasi sorpresa, della ragazza. Chiamata da qualcuno, attirata da qualcosa, vittima benedetta di un’epifania: la figura emerge dal nulla, guidata dal fato, come come quell’imprevisto che l’ha fatta voltare.

L’ultima curiosità riguarda infine la provenienza dei pigmenti e dei colori. La maggior parte dovrebbero essere stati acquistati a Deft, città natale di Vermeer. Ma il bianco centro radioso nonché simbolo dell’opera, ovvero la perla, viene da Peak District, Inghilterra; il rosso splendente della bocca – sottile come l’orizzonte il labbro superiore, gonfio e carnoso quello inferiore – sembra essere stato ricavato da insetti che abitano dei cactus in Messico e Sud America; il preziosissimo blu lapislazzuli del turbante viene invece dall’Afghanistan. “È sorprendente quanto ne abbia usato, nel 1600 valeva più dell’oro”, ha commentato Vandivere.

Disparate provenienze, dettagli che scompaiono e ritornano, misteri intramontabili, uno sguardo fugace, il fascino irresistibile: quante sono allora le anime di questa ragazza? Probabilmente infinite, una per ogni sguardo che, incrociando il suo, stabilisce con esso una connessione personale e irripetibile.

Commenta con Facebook