Lo scrittore americano si è aggiudicato per la seconda volta il Premio Pulitzer per la narrativa, traguardo già raggiunto da altri tre scrittori. Al contrario dei colleghi, è però l’unico ad averlo fatto con due romanzi consecutivi.
A spare and devastating exploration of abuse at a reform school in Jim Crow-era Florida that is ultimately a powerful tale of human perseverance, dignity and redemption
Questa la motivazione con cui il 4 maggio la giuria ha annunciato Colson Whitehead come vincitore del Premio Pulitzer 2020, sezione narrativa. L’opera con cui lo scrittore americano si è aggiudicato l’ambito premio è I Ragazzi della Nickel, edito in Italia da Mondadori. La Nickel Academy, dove è ambientata la vicenda, è una scuola-riformatorio per soli maschi ispirata alla vera Arthur G. Dozier School for Boys di Marianna, Florida, dove dal 1900 al 2011 sono stati rinchiusi migliaia di minorenni. Il romanzo racconta gli abusi (fisici e mentali) e le violenze perpetrate ai danni degli studenti attraverso Elwood Curtis – un ragazzino cresciuto dalla nonna, che si è formato sugli insegnamenti di Martin Luther King – che viene ingiustamente mandato alla Nickel. Un vero inferno, come testimoniato dai sopravvissuti – termine non esagerato, dal momento che nel 2016, nell’area del riformatorio sono state ritrovate 55 tombe anonime. I protagonisti del libro, accomunati dal fatto di essere neri, cercano di cavarsela in questo ambiente estremamente ostile.
Colson Whitehead – nato e cresciuto a New York, laureato a Harvard, collaboratore di The Village Voice, 8 romanzi e due saggi pubblicati fino a oggi – non è nuovo a trionfi del genere. Lo stesso ambito premio gli era stato infatti assegnato anche nel 2017, quando trionfò con La ferrovia sotterranea (edito in Italia da Sur), con cui si era aggiudicato anche il National Book Award. Anche in questo romanzo la segregazione razziale (questione ancora oggi del tutto attuale, tanto che diverse altre sezioni del Pulitzer, consultabili a questo link, hanno premiato opere sul tema) è la tematica principale, espressa tramite la storia di una giovanissima schiava della prima metà dell’Ottocento.
Whitehead è diventato così uno dei quattro autori che in tutta la storia del premio ha trionfato due volte, dopo Booth Tarkington, William Faulkner e John Updike. Al contrario dei colleghi, lui è però l’unico ad aver vinto con due romanzi consecutivi, scritti in diretta successione. Considerato con Dave Eggers, Nathan Englander e Jonathan Safran Foer, uno più dei grandi autori americani viventi, Whitehead racconta nei suoi libri l’insospettabile labilità del confine tra fragilità e violenza, mettendo a nudo la crudeltà e l’inesauribile speranza che da esso si diramano.
Se sono qui è grazie a una serie di colpi di fortuna che hanno permesso che non finissi nel tritacarne della storia
Colson Whitehead all’ANSA, parlando dell’eterna questione razziale