Non so se sia stato il gusto dell’insolito, dato che a Milano la gastronomia lunigianese è quasi sconosciuta, a spingere Marco Vitolo ad aprire il “Testami”, in via Solari
Si tratta di un take away alias bottega tipica alias ristoro con cucina, insomma un locale che in poco spazio racchiude tante identità: proprio come la Lunigiana, stretta fra l’ Appennino Tosco-Emiliano, le Alpi Apuane e il mare, a nord della Versilia. Ed è questa terra di mezzo il piatto forte, in tutte le salse, del “Testami”, che deve il suo nome ad una pietanza tipica lunigianese: il testarolo.
“I testaroli artigianali di Pontremoli, ora presidio Slow Food –spiega Marco- hanno sfamato agricoltori e pastori per secoli e quindi meritano un po’ di rispetto e di fama. Cibo povero per un contesto povero: una pastella solo di acqua, farina di grano o farro, sale, con cui si forma una crespella di pochi millimetri di spessore. Dopodiché la si stende nel caratteristico ‘testo’, specie di grossa teglia in ghisa, con un ‘soprano’, il coperchio, e un ‘sottano’, il fondo. Il testo è stato precedentemente arroventato sul fuoco, e poi tolto. Dopo pochi minuti di cottura, si stacca il testarolo e lo si taglia a striscette. Bastano pochi secondi in acqua calda (non bollente) per cucinarli. Quelli che servo io, ovviamente artigianali, hanno bisogno di circa dieci secondi; per quelli industriali, reperibili nei supermercati, ci vuole più tempo, ma non saprei dire quanto.”
Il testarolo di Marco Vitolo è abbastanza elastico, morbido ma comunque al dente; quello industriale dobbiamo ancora provarlo, ma non abbiamo grandi aspettative in merito. Si condisce come fosse pasta, un classico lunigianese è il “pesto povero”, tanto per non smentirsi: parliamo quindi di una spolverata di Parmigiano Reggiano, un trito di basilico e un giro d’olio extravergine di oliva. Ma le varianti sono tante quanti i condimenti per la pasta: sugo al pomodoro, funghi, carne, salsiccia, formaggi…
Ma in questo periodo di pandemia e di crisi profonda, il testarolo è bastato per tenersi a galla o no?
“Più o meno, diciamo, perché ‘Testami’ ha puntato sul take away da subito, e consideri che è aperto solo da tre anni. Ora le consegne le fanno tutti perché costretti, e sarebbe anzi il caso che le autorità si mettano a riscrivere le regole per fare un po’ di chiarezza. Quando ognuno svolge attività di ristorazione varia ed eventuale, senza direttive o controlli, poi a rimetterci è il consumatore … che tutti facciano tutto alla fine non dà reali vantaggi a nessuno. Io me la son cavata bene anche con la bottega, i miei prodotti ormai hanno la loro piccola notorietà, cosa che mi ha permesso di andare avanti per la mia strada: le mie torte salate ci sono sempre, e poi c’è la farinata, lo sgabeo della Val di Magra è ancora richiesto (specie di frittella lievitata, modello street food, che si mangia al naturale o farcita con salumi, formaggi e persino creme dolci), abbiamo inserito le lasagne al pesto come alternativa ai testaroli”.
Il suo modello di bottega/ ristoro tipico/ take away non è stato stravolto, allora?
“Ma non ce ne sarebbe stato il motivo. Dal 2017 ad oggi mi sono ritagliato il mio spazio con le specialità lunigianesi e neanche la pandemia mi ha fatto cambiare idea. Insieme al nuovo cuoco, Dario Tonghini, si è deciso di aggiungere alla lista i panigacci, una specie di focaccina tonda non lievitata che si accompagna a formaggi e salumi, poi c’è stata qualche altra piccola variazione nel menù e via, si prosegue, sperando in tempi migliori”.
Dopo la pandemia, di quali nuove idee ha bisogno la ristorazione?
“Difficile dirlo, io so solo che continuerò a insistere col cibo da asporto, col catering, con le specialità della Lunigiana: di sicuro cercherò di far crescere la gastronomia di ‘Testami’ anche attraverso l’e-commerce, e poi può darsi che decida di aprire altri locali in franchising, ma in questo momento non c’è nulla di definito. Più in generale, mi sembra chiaro che per la ristorazione questa è l’ora decisiva: dopo una batosta così prima di riaprire bisogna fare quattro conti e capire come si fa a reggersi in piedi. Sento parlare di plexiglass, una persona per tavolo, camerieri in guanti e mascherina, clienti con mascherina … mi sembra tutto assurdo, come si fa a garantirsi un minimo di affluenza, al ristorante si va per stare in compagnia, per sedersi l’uno di fronte all’altro, e non per mantenere le distanze. “
Ancora sul nostro futuro: cosa si aspetta dal governo nazionale e da quelli locali?
“Semplicemente che mantengano quel che hanno promesso. Sconti fiscali, agevolazioni, più trasparenza nella regolazione del take away: è un dovere, ora più che mai, essere al fianco delle imprese che rischiano di soffocare, e sono tante”.
Idee chiare, come quelle che vengono fuori quando si progetta il menù da asporto lunigianese, coi testaroli, i panigacci, gli sgabei, abbinati magari ai vini rossi caratteristici del territorio d’elezione, come il Pollera e il Cenobio; ma anche quando si pensa al futuro, a una ripartenza che a tutt’oggi appare nebulosa e che su qualcosa dovrà pur basarsi. Sembra che Marco Vitolo e il suo “Testami” abbiano per base la continuità, poi senz’altro la Lunigiana, e la testardaggine, persino. È quel che serve, in questo preciso momento.