Se è Elvis Presley è stato il re del rock‘n’roll, Richard Penniman, meglio conosciuto come Little Richard, è stato la “regina”. Il suo look trasgressivo, il suo modo di vivere lo show e il suo canto gridato hanno rivoluzionato un’America ancora bigotta e razzista. Quella degli anni 50’, che stava faticosamente scoprendo la musica come arma per abbattere muri razziali, e come ribellione alla morale del buon costume.
Little Richard ci ha lasciati a 87anni dopo una vita passata a dare tutto su stesso, tra palco ed eccessi nel quotidiano. Il piano martellante rock’n’roll, quella voce urlante che ha sempre corso sul filo della stonatura senza mai sorpassarlo, il suo trucco sgargiante e le sue tute attillate da drag queen, sono sempre stati i suoi tratti distintivi. Non c’era nessuno come lui. Neanche Jerry Lee Lewis, un altro dei Re di quei favolosi anni che suonava il piano con così tanta rabbia ed energia quasi da infuocarlo.
Little Richard è stato in grado di fondere il sacro del gospel con il profano dell’R&B nato nella Chicago di Muddy Waters e Bo Diddley. La musica nella famiglia Penniman era una parte fondamentale del rendere grazie a Dio. Ecco perché il piccolo Richard, aspirante cantante gospel, voleva diventare un predicatore proprio come su zio.
Long Tall Sally, Good Golly Miss Molly e Tutti Frutti sono solo alcune delle sue canzoni più popolari. Celebrate e spesso interpretate da Elvis Presley che grazie al suo innato talento solitamente oscurava impietosamente chi le aveva cantante prima di lui. Little Richard rappresenta uno dei rari casi in cui le sue versioni mantengono tutt’ora una patina di immortalità. Non sorprenderà il fatto che ancora oggi, in alcune feste a tema anni 50’, il DJ metta in scaletta diversi suoi brani.
La stilista e costume designer Arianne Phillips ha scritto su Instargam: “Non ci sarebbe stato nessun Prince senza il Re” riferendosi a Little Richard. In effetti sono evidenti le somiglianze nell’acconciatura e in quei provocanti baffi disegnati a matita che proprio Richard aveva brevettato in un live del 56’. “Ho deciso che sarei voluto diventare un cantante grazie a lui” ha scritto Elton John dopo la sua morte.
Negli Stati Unti usano la parola Legacy per definire l’eredità di un’artista come fonte di ispirazione. Sono davvero tanti gli esempi di star della musica che hanno ereditato dallo stile di Richard. La prima canzone suonata in pubblico da Paul McCartney fu proprio Girl Can’t Help it, uno dei primi brani di Little Richard. Per quanto riguardo il look invece, il make up e il rossetto sulle labbra di Mick Jagger e James Brown sono i segni della sua impronta artistica. La rockstar come performer erotico e trasgressivo e l’emancipazione di una nuova femminilità e sensualità faranno diventare Little Richard simbolo LGBT anche se non ammetterà mai la sua natura “Queer”, probabilmente per ragioni religiose. Chissà se le generazioni future balleranno ancora la sua musica elettrizzante. La certezza sta nel guardare a Little Richard come icona pop culturale che ha mosso le coscienze di una parte d’America.