All’indomani dell’inaugurazione (a lungo rimandata a causa dell’emergenza coronavirus) del nuovo Albertina Modern, che arricchisce l’offerta museale della città di Vienna, abbiamo intervistato Christian Benedik, curatore dei restauri dell’edificio, e Klaus Albrecht Schröder, curatore delle attività culturali. Scopriamo con Benedik la storia di questo prestigioso Museo.
Come è riuscito a bilanciare l’esigenza di rinnovare l’edificio con quella di conservarne la struttura storica?
Christian Benedik: Il Künstlerhaus ha funzionato come spazio permanente per le mostre della Künstlerhaus Verein fra il 1868 e il 1985. In particolare dopo il 1950, gran parte dei motivi decorativi delle pareti e le decorazioni a stucco dei soffitti delle sale interne furono eliminati; i pochi elementi storici originali ancora esistenti in situ erano quindi limitati al vestibolo, alla magnifica scala e ai due interni adiacenti. Quello che ne restava è stato quindi ripulito, e dove necessario sono state aggiunte tutte le parti mancanti. Mentre gli elementi intonacati – come le decorazioni dei capitelli – sono stati ripuliti e verniciati in oro com’erano in origine. La terrazza, invece, ha dovuto essere ampiamente rinnovata a causa della grande usura del tempo, e delle rottura presenti sulla struttura; però una squadra di restauratori italiani è riuscita a riprodurre, anche nel nuovo, quello che era stato l’aspetto originale.
Puoi spiegarci la storia di questo antico edificio prima che diventasse un museo?
CB: La Künstlerhaus si presentò agli artisti cittadini, nel lontano 1865, come un dono dell’allora Imperatore Francesco Giuseppe; doveva essere costruito nei pressi della magnifica Ringstraße, e rappresentare un punto di riferimento per l’architettura mdoerna, insieme all’Hotel Imperial e al palazzo della Musikverein in Karlsplatz. Ma negli ultimi vent’anni, purtroppo, l’edificio è rimasto quasi sempre nascosto dietro le impalcature. La nascita dell’Albertina Modern è un ulteriore, importante segnale della considerazione di cui, dopo molto decenni di stagnazione e disinteresse, godono adesso in città l’arte e l’architettura moderne.
Hans Peter Haselsteiner si è impegnato a rinnovare questa magnifica ex struttura espositiva (che era stata vittima di un lungo abbandono), nonché a modernizzarla in linea con le esigenze museologiche dell’Albertina. Un progetto in cui sono stati investiti circa 57 milioni di Euro e che adesso ha permesso di aprire Albertina Modern, che occupa che occupa oltre 2.000 m² di superficie; ma il palazzo rimane anche la sede dell’associazione che è succeduta alla Künstlerhaus Verein, ovvero la Künstlerhaus – Gesellschaft bildender Künstlerinnen und Künstler Österreichs.
Quali soluzioni innovative sono state adottate per garantire un basso impatto energetico del Museo?
CB: Il Künstlerhaus è stato adattato per conformarsi agli standard odierni per gli edifici pubblici; le modifiche a questo proposito comprendono l’accessibilità senza barriere di tutte le gallerie e la costruzione di due nuove scale antincendio.
Utilizziamo la tecnologia LED invece dell’alogeno per l’illuminazione, l’impianto di refrigerazione risponde agli standard più avanzati per quanto riguarda un basso fabbisogno di energia, inoltre, abbiamo un sistema di recupero del calore, e meccanismi per l’avviamento modulato dei condizionatori.
Klaus Albrecht Schröder ci parla invece delle linee guida della mostra d’apertura, e dei futuri progetti del Museo.
Cosa puoi dirci della mostra che hai scelto per l’apertura del museo? E inoltre, è un “primo passo”, al fine di avere un’altra mostra che coprirà il periodo 1980-2020?
Klaus Albrecht Schröder: la mostra inaugurale, The Beginning. Art in Austria 1945-1980, offre la prima panoramica completa di un periodo che è considerato fra i più innovativi della storia dell’arte austriaca. Ed espone al pubblico le più importanti posizioni artistiche precedenti al postmodernismo, dalla Scuola del Realismo Magico di Vienna alle prime correnti astratte, dall’arte cinetica alla Pop Art locale, fino al realismo che a Vienna ha sempre avuto un carattere socialmente critico. Gli artisti di questo periodo storico hanno in comune la radicale opposizione all’autorità e alla gerarchia, la critica nei confronti della negazione e della repressione della memoria e delle responsabilità per i misfatti del passato, e il rifiuto intransigente di una nozione reazionaria di arte che ha continuato a rappresentare l’ideale dominante in Austria per molto tempo anche dopo il 1945. Circa 100 sono gli artisti esposti, accomunati dal modo in cui hanno riflettuto sul Nazifascismo, una caratteristica che è stata spesso trascurata in passato dalla critica e dal pubblico.
Le opere sono circa 360 e provengono sia dalla collezione dell’Albertina, sia dall’appena acquisita Collezione Essl; inoltre abbiamo avuto prestiti da istituti di credito, collezionisti privati e altri musei. Il concept della mostra – che include dipinti, sculture, oggetti, disegni, video, fotografie e installazioni – è stato sviluppato da un team che oltre a me include Brigitte Borchhardt- Birbaumer, Elisabeth Dutz, Berthold Ecker, Antonia Hoerschelmann e Angela Stief. È la prima volta che una mostra racchiude una panoramica così vasta sull’arte austriaca; del resto, i tedeschi o gli italiani, gli americani o i giapponesi non si preoccuperebbero di scrivere la nostra storia dell’arte, dobbiamo farlo da soli. Sarei stato molto contento se anche i turisti volessero venire a visitarci. Certo, al momento questo non è possibile per i Paesi più lontani, ma non vediamo l’ora che almeno i turisti europei tornino presto in città.
Le prossime due mostre riguarderanno la Collezione Essl e gli anni Ottanta, con artisti sia austriaci sia stranieri. Per me è sempre interessante presentare un canone interpretativo; al momento non è ancora possibile con l’arte contemporanea austriaca degli ultimi venti anni, ma comunque ci saranno sicuramente mostre generali sull’arte austriaca.
Come immagina il ruolo del museo in città? Pensa anche a sviluppare collaborazioni internazionali?
KAS: vogliamo raccontare la grande arte dopo il 1945. È molto importante per noi non lavorare per un gruppo distinto di specialisti, ma essere i mediatori fra arte e pubblico, cosa che purtroppo nell’arte contemporanea accade raramente. Così come accade con le mostre dell’Albertina, anche qui vogliamo presentare un periodo della storia dell’arte ponendolo in un contesto ben definito, e rendere così gli artisti comprensibili al pubblico. Un ruolo importante lo rivestono le collezioni d’arte austriaca con le opere di Arnulf Rainer, Maria Lassnig, Franz West, Erwin Wurm e VALIE EXPORT. Circa gli artisiti stranieri, abbiamo invece gruppi di opere di tedeschi come Georg Baselitz, Anselm Kiefer, Markus Lüpertz, JörgImmendorff e GüntherFörg, e americani come Andy Warhol, Alex Katz, Eric Fischl, Robert Longo, Cindy Sherman, Sherrie Levine, Ross Bleckner e Michael Heizer.
All’Albertina continueremo a concentrarci su retrospettive di ampio respiro lungo cinque secoli di storia dell’arte. L’Albertina Modern invece dà voce all’arte contemporanea, con una collezione di 60.000 opere di 5.000 artisti, visibili attraverso mostre temporanee e focalizzate su un preciso punto di vista.
Ci sarà un possibile sviluppo della partnership Albertina-Künstlerhaus, considerando che condividete la sede?
KAS: in realtà le due istituzioni operano in maniera completamente indipendente. Però condividiamo la struttura e gli uffici, e abbiamo comunque uno stretto scambio di idee e opinioni.