Chromatica: il nuovo album di Lady Gaga è un pianeta chiamato casa. Il ritorno in compagnia Ariana Grande e Elton John
«La regina della dance mondiale», era il 2009 e così Simona Ventura introduceva Lady Gaga alla sua prima apparizione italiana. Era in tour per promuovere Poker Face e ancora non si era capito se era una scappata di casa o colei che avrebbe salvato la musica pop. Probabilmente è stata entrambe le cose. Da allora ci sono stati milioni di copie vendute, una sfilza di hit, i tour di successo e da vera diva oltre alla carriera musicale ha lanciato anche trucchi & profumi e si è data al cinema. Dandosi in pasto ai fan e ai media – esponendosi su salute mentale, legami famigliari e attivismo per i diritti umani – ha cercato di reinventarsi in molti modi, ma inevitabilmente è sempre rimasta sé stessa.
Dopo la parentesi “jazz” a fianco dell’amatissimo Tony Bennett con Cheek to cheek (per riprendersi dal terremoto Artpop che invece di consacrarla aveva messo in dubbio il suo status di popstar invincibile), dopo la virata “country” di Joanne e il successo di A Star Is Born (Shallow Oscar come migliore canzone originale 2019) la curiosità per la direzione che avrebbe preso con il nuovo album era alle stelle.
«Rumors I’m pregnant? Yeah, I’m pregnant with #LG6», era il 13 marzo 2019 quando Gaga twittava questo status. Da allora i little monsters hanno fatto il conto alla rovescia, ma sono serviti più di nove mesi a Chromatica per venire alla luce (complice anche uno slittamento causa Coronavirus). E come cantava Venditti, certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano.
This is my dancefloor. Chromatica, il pianeta sul quale Gaga ci teletrasporta ha un’estetica che spazia da Matrix a Giger, da Ghost in the shell a Blade Runner. La gestazione è stata lunga, e probabilmente travagliata. Sophie e Grimes (reginette alternative del pop futuristico dall’immaginario postumano) erano state accreditate tra le collaborazioni, ma non hanno superato il cut finale. A sovrintendere è stato (ri)chiamato BloodPop, produttore già al lavoro con Grimes (per l’appunto), Justin Bieber (sua la hit Sorry), Madonna (Devil Pray e Beautiful Scars da Rebel Heart) e con la stessa Gaga per Joanne, interamente prodotto dai due assieme a Mark Ronson. Stavolta invece Gaga scrive ma non produce (al contrario del solito).
Il risultato, come era stato annunciato in un’intervista, è un arazzo elettronico che omaggia la dance anni ’90. Messe in panchina le ballate al pianoforte Lady Gaga ha sfornato un tributo proprio alla “dance mondiale”, dalla house all’eurodance. Canta dei propri fantasmi interiori e porta con sé in questo dancefloor catartico Ariana Grande (Rain on me, sui traumi condivisi e il potere liberatorio del pianto: «I’d rather be dry, but at least I’m alive») e le Blackpink (Sour Candy) – per una mix di deep house e di K-pop che dura il tempo di un secondo. Con alleate simili la quota streaming è garantita. Rain on me difatti ha debuttato alla prima posizione della Billboard hot100, riportando Gaga in cima alla classifica. Fatta esclusione per Shallow nel 2018 (colonna sonora di A Star Is Born), non succedeva dal 2011, erano i tempi di Born This Way.
Stupid love, il primo singolo estratto da Chromatica, è tra i pezzi meno interessanti, ma in radio ha funzionato alla perfezione, e senza lo stop della promozione causa pandemia mondiale – che ha visto Gaga in prima linea con il concerto benefico One World: Together at Home – viene da pensare avrebbe fatto anche meglio.
1000 doves e Babylon, che chiudono il disco, gli episodi migliori con Enigma (che sarebbe stata perfetta in apertura) e Replay (che campiona It’s My House di Diana Ross). In quest’ultima Gaga parla dei meccanismi dello stress post traumatico: «The scars on my mind are on replay, r-replay / The monster inside you is torturing me»; un filo rosso per i testi dell’album che celebra la forza di chi è sopravvissuto. 911, con Madeon alla produzione (già con le mani in pasta per Gypsy, Venus da Artpop), parla di neurolettici e degli effetti delle terapie farmacologiche per la (sua) salute mentale, il suond vira verso la zona Eurythmics. Nell’economia dell’album pezzi come Plastic Doll, Alice e Fun Tonight invece si perdono un po’.
Tematicamente Chromatica è – più che un luogo – un orizzonte: è la prospettiva che Gaga suggerisce per trasformare il dolore in qualcosa di positivo, è la strada di chi ha trionfato sulle difficoltà affrontando i propri mostri a viso scoperto. Musicalmente invece è un viaggio che attinge dalla house di fine anni ’80 fino all’eurodance – quando la musica elettronica dai club sfonda nelle classifiche pop con hit (dal sound “addolcito”) come People Hold On dei Coldcut e Lisa Stansfield o Groove Is in the Heart dei Deee-Lite. Erano gli anni in cui a dettar legge erano Shep Pettibone (Vogue, Rescue Me, Erotica di Madonna) e i C+C Factory di David Cole (Gonna Make You Sweat (Everybody Dance Now)), che univano le sonorità house a quelle funky e groove della black-music (dall’hip-pop al gospel).
A dar voce a questo sound erano chiamate vocalist come Martha Wash (quella delle Weather Girls, It’s Raining Men), Cece Penniston (Finally) e Thea Austin (Rhythm is a Dancer con gli Snap!). Gaga anche vocalmente insegue quel mondo e imprime alla sua voce una buona dose di growl.
Per Lady Gaga questo sembra suonare come un progetto da comfort zone – cosa che in parte le fa bene – il disco fila liscio (forse troppo) e lei non cade nel tranello dell’avanguardia a tutti i costi. Un lavoro che soffre però di scarso respiro, ogni pezzo suona come anthem disco, ma la durata è così breve che manca il tempo di ingranare. Babylon e Replay, che inseguono (con successo) echi da ballroom avrebbero avuto bisogno di tempi più dilatati, strutture più ossessive e aperture ancor più barocche. Sine from above, che ospita l’amico fidato Elton John, spinge sull’EDM da Eurovsion ma finisce nel momento stesso in cui sembra stia per iniziare il più bello. Gaga con Chromatica torna a essere teatrale e pop come abbiamo imparato a conoscerla (e amarla), ma in questa nuova avventura sembra aver voluto guidare col pilota automatico: poteva scrivere un disco di musica che viene dal futuro, invece ha preferito optare per un disco che omaggia il passato.