La Galleria Studio G7 a Bologna è uno dei primi spazi a riaprire dopo il lockdown, proponendo una mostra collettiva che riflette sul tema dell’immagine, forma protagonista durante i giorni di assenza e allontanamento dal mondo reale. Chiaroscuro conclude per il secondo anno la stagione espositiva della galleria. Se l’emergenza non fosse esistita il tema sarebbe stato quello della messa a fuoco, la possibilità quindi di osservare il mondo più da vicino e nel dettaglio; qui invece si indaga il ruolo dell’immagine. L’immagine che in questi mesi è divenuta centrale nella nostra vita e nel nostro quotidiano, evolvendosi e subendo continue distorsioni, adattamenti e cambiamenti del punto di vista.
«La perdita del contatto fisico e il mancato incontro con l’altro nei difficili giorni che stiamo vivendo hanno accelerato ed implementato drammaticamente l’abuso dell’immagine, acuendo una realtà in cui eravamo già perfettamente calati» ricorda Leonardo Regano, curatore della mostra con l’assistenza artistica di Giulia Biafore.
Questo percorso alla scoperta dell’evoluzione dell’immagine e della centralità che ormai detiene all’interno delle nostre vite, è compiuto grazie alla selezione dei lavori artistici di Bill Beckley, Gregorio Botta, Daniela Comani, Franco Guerzoni, Eduard Habicher, Jacopo Mazzonelli e Mariateresa Sartori.
Nello spazio della galleria si accede “dall’alto”, dall’ufficio, la cui entrata si trova sul retro, da “Vicolo Spirito Santo” (per coloro che conoscono Bologna).
Dopo il classico rituale del disinfettare-le-mani, appena entrati sulla destra ci accoglie la prima opera di Franco Guerzoni: una pagina di libro traslata su una superficie in legno, rappresenta un paesaggio pompeiano, la polvere di gesso con la quale l’artista interviene sulla superficie, trasmette un senso di incertezza, la mancata possibilità di vedere l’immagine chiaramente. L’effetto del bianco sullo sfondo rossastro, viene esaltata dalla cornice bianca che, in assenza del vetro, rende possibile allo spettatore un tuffo completo nel lavoro.
Immersione che continua sprofondando nella poltrona dell’ufficio e indossando un visore per la realtà virtuale nel quale, accompagnati dalla voce di Leonardo Regano, possiamo girare su noi stessi visualizzando intorno a noi le opere presentate nella mostra che si succedono immerse nel nero dello sfondo. In questa “camera oscura” ritorniamo a una visione mediata da uno schermo, a cui i nostri occhi si sono abituati, e forse accontentati, durante questi mesi. Qui, però, lo spettatore può decidere se vivere la sola realtà virtuale o avvicinarsi alla visione reale dei lavori. Così facendo si passa dal sogno, dalla stasi alla vita, comprendendo con meraviglia l’importanza, la forza e il valore del “vivere dal vero”.
Scesi i pochi scalini, ponendosi al centro dello spazio, si nota sin da subito il legame di chiaroscuro che accompagna i diversi lavori lungo le pareti. In particolare, spicca “Estensione” di Habicher in cui ferro e vetro sembrano unirsi in un’onda sinuosa nell’incavo che unisce due mura dello spazio. Dall’altro lato, Mazzonelli propone tre specchietti argentati, visivamente usurati dal tempo, sui quali interviene con dello smalto andando a ricreare i simboli tipici della produzione musicale; accelerare, fermarsi o partire. Accanto, Botta ritorna al chiaroscuro del titolo dove su una superficie di vetro vengono posizionati un riquadro nero fumo e un ritaglio di garza con al centro una macchia che induce lo spettatore a chiedersi la sua origine e il senso dell’immagine.
Si continua poi con il meraviglioso lavoro di Beckley, qui il chiaroscuro della fotografia confonde l’occhio mostrandosi come un dipinto in cui è possibile scorgere diverse immagini e silhouette. La fotografia si ritrova con Sartori: una nuvola viene fotografata con la tecnica stenopeica, consentendo anche qui di immergersi nell’immagine e di perdersi al suo interno. Comani con “Soggetto assente” propone una serie di fotografie in cui il soggetto viene ritagliato dall’artista lasciando così uno spazio bianco che sul muro ritrova un gioco di luci e ombre. Sebbene resti solo lo sfondo, la centralità dell’immagine viene acquisita proprio dall’assenza e dalla mancanza. Infine, ritorna Guerzoni con altri due lavori in cui il gesso viene accompagnato dal vetro, ricordando una delle tecniche tipiche del restauro.
La mostra quindi consente così di relazionarsi con il tema dell’immagine affinché lo spettatore riesca ad appropriarsi di una propria idea e visione.
Chiaroscuro è visitabile fino al 19 settembre su appuntamento.
Galleria Studio G7, Via Val D’Aposa 4A, 40123, Bologna
Tel. 051296037 | +39 3398507184
E-mail. info@galleriastudiog7.it