Print Friendly and PDF

Mondi dove sognare è alla portata di tutti. Intervista al fotografo Paolo Simonazzi

Paolo Simonazzi, dal progetto Tra la Via Emilia e il West
Paolo Simonazzi, dal progetto Tra la Via Emilia e il West

Un viaggio avvincente attraverso paesaggi, persone e ricordi. Paolo Simonazzi ci fa apprezzare attimi di vita e di vite vissute nel quotidiano della provincia italiana, con qualche sguardo oltreconfine. La pandemia ci ha colti tutti alla sprovvista, chiusi in casa per un tempo infinitamente lungo e tolto la magia di viaggiare. Ma non con le immagini, quelle sono in grado di portarci ovunque. Gli scatti di Simonazzi ci conducono in un mondo giocoso, irriverente e malinconico nel quale sognare non è solo semplice, ma è alla portata di tutti. Nella sua personale “La terra, L’Emilia, la luna” – che ha da poco riaperto e sarà visibile fino al 14 giugno alla Romberg Arte contemporanea di Latina – i lavori sono raccolti in un percorso universale, tra il quotidiano della provincia e lungo la Bassa, Paolo ci fa ballare, divertire e emozionare.

C’è una colonna sonora per ogni cosa nella nostra vita. Leghiamo canzoni a emozioni e momenti importanti e significativi del nostro “tragitto”. Nelle tue immagini è come se fosse racchiusa una melodia, ed è un richiamo spesso esplicito. Per fare un esempio, il titolo della tua personale, da me curata, a Latina, La terra, l’Emilia, la luna, è “rubato” all’ambito musicale. Che significato ha per te, e di riflesso per i tuoi lavori fotografici, la musica? 

La musica cosiddetta leggera, da quando ne ho memoria, è (sempre stata) un punto di riferimento imprescindibile nella mia vita e Inevitabilmente (canzone bellissima di Fiorella Mannoia, inserita tra l’altro nella colonna sonora di uno dei miei film preferiti, Caro diario di Nanni Moretti) ha determinato suggestioni che hanno dato il la ai miei progetti fotografici.

Ti faccio alcuni esempi autobiografici che possono rendere meglio il significato di questa affermazione. Da bambino intorno ai 4-5 anni adoravo Rita Pavone e tormentavo mia mamma, che lavorava per l’allora TIMO (l’attuale Telecom), affinché riuscisse a procurarsi il suo numero di telefono… Nel 1988 con il primo stipendio post-laurea in Guardia Medica acquistai un juke-box Ami Contineal 1, quello con la semisfera in vetro per intenderci, tuttora funzionante ed elemento imprescindibile di arredamento. Venendo ai giorni nostri e alla fotografia La terra l’Emilia, la luna è il titolo di una canzone di Vasco Brondi, Autore di grande spessore che ho scoperto negli ultimi anni, e Il filo e il fiume, il nuovo progetto fotografico già in programma in esposizione per Parma 2020, rinviato all’anno prossimo causa pandemia, richiama nel titolo l’album musicale del 2014 di Rosanne CashThe river and the thread.

Paolo Simonazzi, dal progetto So Near, So Far
Paolo Simonazzi, dal progetto So Near, So Far

La prendo da lontano, ma passando dal senso dell’udito a quello dell’olfatto, si sprigiona un aroma di hot dog guardando gli scatti della serie Tra la Via Emilia e il West. Si coglie il legame forte della Bassa con il “sogno americano” e la spensieratezza del rock’n’roll, un gioco che oscilla tra mito e memoria. Motel, american coffee, gringos, bandiere a stelle e strisce, juke-boxe, simboli della decadenza di un tempo passato che han lasciato il passo al ricordo. Sei ancora alla ricerca di una “terra promessa”? 

In tempi così tribolati, un riferimento a The promised land potrebbe sembrare quanto meno fuori luogo; tuttavia quella parte di adolescente curioso ed inquieto che, grazie al cielo, ritrovo ancora in me, reclama il piacere ed il diritto di continuare ad inseguirla.

Gran parte della tua produzione è una dichiarazione d’amore nostalgica a un territorio che si è profondamente trasformato nel corso degli ultimi decenni: la Bassa Padana. Ne tratteggi ogni angolo, ma soprattutto ne descrivi gli abitanti, con dignità, al lavoro e in attività quotidiane, con un punto di vista spesso irriverente, senza però scadere nel luogo comune. Vecchi, bambini, artigiani, agricoltori. A leggere bene, sembrano proprio le persone il soggetto d’elezione dei tuoi lavori, sempre presenti attraverso i segni del loro passaggio. Che ruolo occupano le persone nel tuo immaginario fotografico? 

Indipendentemente dal fatto che le persone siano o meno fisicamente rappresentate, ritengo, per quanto le classificazioni siano sempre riduttive, che le mie ricerche fotografiche possano effettivamente definirsi “umanistiche”, con un sentimento di fondo sospeso tra affetto e, appunto, irriverenza. È verosimile che gli studi liceali abbiano avuto una certa influenza… A proposito, come in un flashback, mi sovviene ora una reminiscenza latina da Terenzio: “Homo sum, humani nihl a me alienum puto”.

Paolo Simonazzi, dal progetto Mantua, Cuba
Paolo Simonazzi, dal progetto Mantua, Cuba

Mi incuriosisce molto un progetto, Cose ritrovate, diverso dagli altri contesti che hai esplorato. Ti immergi completamente e in prima persona nel vissuto di altre persone, entrando di fatto in uno spazio protetto come la casa. Individui eccentrici riflessi attraverso le loro raccolte, cose, sogni e illusioni, il resto, lo scarto. Qual è la genesi di questo lavoro, cosa ti ha spinto ad addentrarti in questi universi?

La genesi del progetto Cose ritrovate, come peraltro spesso è accaduto per altre mie ricerche, è stata alquanto elaborata per non dire tribolata. L’impulso creativo in questo caso è stato originato dal romanzo di Ermanno Cavazzoni Il poema dei lunatici a cui Federico Fellini si era ispirato per quello che poi fu il suo ultimo film, La voce della luna.

Cavazzoni, quando ebbe modo di vedere una prima selezione del progetto, mi fece presente che il riferimento letterario di questa ricerca doveva essere secondo lui un altro testo, Lafondazione del poeta romagnolo Raffaello Baldini, scomparso nel 2005.

Sono grato ad Ermanno Cavazzoni per aver indirizzato il progetto nella giusta direzione, per avermi fatto scoprire un autore straordinario e un testo che è stato (e non solo per me naturalmente!) un’autentica rivelazione. Inoltre, il testo di Ermanno, insieme quello dell’attore Ivano Marescotti e del curatore Denis Curti, hanno considerevolmente impreziosito il libro (Marsilio, 2014).

A guardarli singolarmente molti dei tuoi scatti raccontano di terre desolate, malinconia e solitudine. Quando invece la singolarità lascia lo spazio alla coralità si riescono a cogliere delle sfumature completamente differenti che regalano nuova vita, prospettiva, una rinnovata sacralità e un senso di rinascita. Come te lo spieghi. 

Mi fa molto piacere questa tua osservazione, è un aspetto del mio lavoro che non avevo infatti ancora considerato. Una spiegazione razionale non c’è, forse è quell’humus di cui consapevolmente o meno si è nutrito chi ha avuto modo di conoscere bene queste terre, quel sentimento padano del tutto particolare, definito da alcuni letterati “magone” che può dare origine ad un imprevedibile processo alchemico che accende lo Spirito nel buio (un riferimento musicale ad un artista conterraneo del calibro di Zucchero non può mancare…).

Paolo-Simonazzi-dal-progetto-Cose-Ritorvate
Paolo-Simonazzi-dal-progetto-Cose-Ritorvate

Finora abbiamo parlato della Bassa, luogo d’elezione dei tuoi lavori, anche se non esclusivo, e la serie Bell’Italia nella quale realizzi un mordace tour dello Stivale ne è un esempio calzante. Ma c’è un corpus di lavori, Mantua Cuba, che esce completamente dal contesto italiano per viaggiare verso lidi più esotici. Qual è la genesi di questo particolare reportage che dipinge quei luoghi in maniera poco convenzionale rispetto a ciò che siamo abituati a vedere? 

Perché Mantua, Cuba? Per più di una ragione… La prima sicuramente di tipo affettivo, ovvero il desiderio di ricordare un amico mio concittadino, Velmore Davoli, che era stato a Mantua nell’estate del 1999 per un progetto di cooperazione internazionale e che dopo pochi mesi scomparve tragicamente in un incidente aereo nel Kosovo, dove si stava recando per un altro missione internazionale di cooperazione…

Ricordo bene che descrivendomi questa località un po’ai confini del mondo mi disse: ”Avresti dovuto essere con me con la tua macchina fotografica”.

Le altre ragioni, maturate negli anni, direi di tipo espressivo, nel senso che provo una forte attrazione per quei luoghi improbabili dove il reale si mescola in maniera impercettibile con il surreale, e avevo la sensazione che Mantua già solo per l’origine curiosa del suo nome, tuttora sospesa tra storia e leggenda, potesse essere uno di quei luoghi. Per dirlo con le parole di una grandissima fotografa, Sarah Moon “l’occhio sente prima di vedere”.

A proposito di questo progetto, se mi è consentito, vorrei approfittare di questa occasione per comunicare che malgrado le difficoltà del momento attuale, sarà possibile visitare la mostra a Cesenatico a partire dal primo luglio, fino probabilmente al 6 settembre 2020.

Giungendo invece a un contesto un po’ più tecnico, sono curiosa di sapere qual è il tuo modus operandi: scatti sul momento per cogliere l’attimo, il passaggio, il suono o il colore oppure ti costruisci mentalmente ciò che vuoi ottenere e pianifichi lo scatto con attenzione al dettaglio? Insomma, quanto pesano nel tuo lavoro improvvisazione e studio dell’immagine?

Nei miei progetti non c’è quasi mai improvvisazione. Insieme ai miei più stretti informatori/ collaboratori studio anticipatamente il contesto ambientale che ho identificato come potenzialmente interessante, e non è infrequente che si faccia un primo sopralluogo senza macchina fotografica al fine di poter stabilire un primo contatto, specie in situazioni che possono preannunciarsi ostiche.

Poi, naturalmente, può verificarsi l’inaspettato, a volte nel male, più spesso fortunatamente nel bene.

Un’ultima veloce domanda, ci sono dei luoghi nel mondo in cui ti piacerebbe andare a scattare e perché?

A parte il progetto Habana eventual, già iniziato sempre a Cuba, per l’appunto a L’Avana, in collaborazione con lo scrittore Davide Barilli, non ancora completato (e ora necessariamente e si spera solo temporaneamente sospeso), di luoghi ce ne sono sicuramente tanti; dovendo fare una scelta potrei dirti un’isola, non necessariamente esotica, ci sto da tempo pensando, ma sia per scaramanzia che per lasciare spazio all’immaginazione…Io mi fermo qui.

Paolo Simonazzi, dal progerro Mondo Piccolo
Paolo Simonazzi, dal progetto Mondo Piccolo

Commenta con Facebook