Print Friendly and PDF

Relazioni possibili tra arte, design e nuove tecnologie. 3 Virtual Video per Fuorisalone TV

Kate Groobey_How Might We_Room Kate Groobey_How Might We_Room Courtesy Ribot gallery Milan
Kate Groobey_How Might We_Room
Kate Groobey_How Might We_Room Courtesy Ribot gallery Milan
All’interno del palinsesto del Fuorisalone TV 2020, THAT’S CONTEMPORARY presenta HOW MIGHT WE – Short quotes inspiring relations between art and design, progetto video, realizzato in realtà virtuale, che partendo da tre citazioni di celebri designer, sperimenta innovative modalità di confronto tra arte, design e nuove tecnologie.

Come la pratica artistica può creare nuovi ponti con altre discipline? Come far sì che la società contemporanea accolga sempre più i semi predittivi e visionari che alcune opere possono offrirle? Sono queste alcune delle domande che hanno stimolato lo sviluppo del progetto sperimentale che ricerca nuove forme di racconto del contemporaneo e relazioni possibili tra arte, design e nuove tecnologie.

HOW MIGHT WE – Short Quotes inspiring relations between art and design, ultimo progetto e primo ciclo di video che usano la tecnologia della virtual reality di THAT’S CONTEMPORARY, è realizzato in partnership con le gallerie milanesi contemporary, Viasaterna e Ribot, con il set design e la direzione creativa di DOMANI STUDIO e le musiche inedite di Giovanni Ferretti. Una sperimentazione in cui artisti, galleristi, designer e VR indagano le relazioni tra linguaggi differenti per costruire nuovi immaginari.

Il titolo HOW MIGHT WE deriva da una delle metodologie utilizzate dal Design Thinking per generare, attraverso brevi domande, un brainstorming capace di amplificare la creatività. Da questo approccio è nata la struttura narrativa dei tre video. Partendo dalle riflessioni generate dalle citazioni di tre celebri designer, i video si aprono su spazi simbolici, realizzati da DOMANI STUDIO interamente in realtà virtuale e ispirati dalla tematica della citazione. I tre racconti, scanditi in tre momenti della giornata – alba, mezzogiorno e sera-, richiamano tre fasi dell’evoluzione della vita dell’essere umano che si approccia alla cultura. Le riflessioni ispirate dalle citazione raggiungono il loro culmine nelle risposte che le opere forniscono al nostro vissuto e a possibili visioni sul mondo che viviamo.

Le musiche di Giovanni Ferretti create appositamente per i video e ispirate dalle stesse opere degli artisti, accompagnano la narrazione, ricercando sonorità che colgono le sfumature più profonde e nascoste delle opere. Parallelamente, la sperimentazione sonora attraversa i tre video creando una dimensione corale della narrazione.

Il primo video, realizzato in partnership con Ncontemporary, si apre con la citazione di Gae Aulenti “Spesso è più utile vedere poco per indovinare molto, per immaginare: se non vedi i limiti di una stanza in penombra la puoi immaginare e sentire molto più grande.”, che ci ricorda che l’immaginazione è creazione in continuità con l’esperienza vissuta, con le sue forme, con le sue figure. Il set design è caratterizzato da elementi fragili come il vetro e resistenti come la roccia che trovano armonia in un contesto insieme naturale – il legno consumato del pavimento – e artificiale – come il policarbonato opalino del soffitto che fa intravedere il cielo, lasciando così spazio all’immaginazione.

Al centro dello spazio simbolico, protetto da lastre di pietra, si trova il lavoro “Cimes aux pas subtiles” (2013) di Ruben Brulat (Laudun, 1988). Realizzata in Nepal, l’opera fa parte della serie Paths, una ricerca artistica performativa, in cui Brulat viaggiando in solitaria per mesi, senza mai prendere un aereo, attraverso l’Iraq, l’Iran, l’Afghanistan, il Tibet fino all’ Indonesia, Giappone e Mongolia, indaga il senso dell’esistenza e della relazione tra il corpo umano e l’ambiente che interagisce con esso. L’artista, coinvolge negli scatti persone del luogo e viaggiatori che incontra lungo il percorso, fotografandoli nudi e mimetizzati nell’ambiente. Dal momento dello scatto, sviluppato solo alla fine della peregrinazione nel suo studio a Parigi, inizia l’immaginazione che porta a riscoprire le sensazioni vissute fino a vivere l’incertezza poetica del risultato finale.

Il secondo video, realizzato in partnership con Viasaterna, inizia con la citazione di Gio Ponti “Il materiale più resistente nell’edilizia è l’arte”, che ricorda che ci sono idee e opere che resistono al tempo, hanno la capacità di essere permeabili ai mutamenti e malleabili nelle risposte ai cambiamenti. Il set design è rappresentato da un palazzo di antico splendore, oggi in decadenza. Come se ci trovassimo in un sito archeologico, tende in pvc proteggono il bene appena scoperto, l’opera “G.E.A.”
(2020) di Cristòbal Gracia (Città del Messico, 1987) che si caratterizza per una profonda ricerca storica attraverso la quale nascono collegamenti tra tempi ed eventi passati.

Gracia durante il periodo di residenza presso Bikini Art Residency sul Lago di Como, ha indagato l’immaginario che deriva da questo paesaggio idilliaco rintracciando l’idea di terza natura come una presenza costante dal Rinascimento a oggi, di cui si trova traccia evidente nelle grotte artificiali manieriste, nelle statue in cemento e costruzioni decorative all’interno di paesaggi, giardini e ville. L’artista attinge a questi elementi, per instaurare un discorso sulle possibilità di riformare il sensibile e il simbolico, interrogando la morfologia della cultura e le configurazioni del suo potere. L’arte è per Gracia uno degli ultimi spazi di libertà e resistenza.

Il terzo e ultimo video, realizzato in partnership con Ribot gallery, si apre con la citazione di Ettore Sottsass “I colori sono come le parole, con i colori si possono raccontare storie”, che ci ricorda che viviamo circondati dai colori e che i colori possono diventare forme di scrittura attraverso i quali dare libera espressione alla propria immaginazione. Il set design, caratterizzato da una particolare architettura ad archi e da tonalità molto accese, trasforma i colori in atmosfere che sembrano nascere proprio dai lavori di Kate Groobey (Leeds, 1979) esposti nello spazio simbolico. Le tre opere, risultato del processo creativo dell’artista, dal titolo “Under siege” (2018-2019) sono caratterizzate da linee decise e colori forti, attraverso i quali Kate Groobey racconta e indaga tematiche profonde e complesse. Durante un viaggio in Giappone scopre in un tempio la leggendaria statua di Senju Kannon, la Dea della Misericordia dalle mille braccia che regge strumenti simbolici e necessari per
esercitare protezione su tutti i suoi fedeli. La visione di questa Dea femminile e “multitasker” genera nell’artista una riflessione intorno al tema dell’essere donna e della necessità di proteggersi al meglio dagli altri, ma anche da se stessi.

HOW MIGHT WE – Short quotes inspiring relations between art and design

 

Commenta con Facebook