Dopo il rinvio di giugno, la aspettavamo a settembre ancora in IRL (in real life), tanto che i top dell’art world si erano già riprenotati la consueta camera al Le Trois Rois. Ma mentre fra podcast e webinar senza sosta da ogni parte del mondo si discute delle sorti del mercato dell’arte e di quanto i collezionisti si stiano abituando o meno ad acquistare online, alla fine Art Basel è stata costretta a rimandare i festeggiamenti fisici dei suoi 50 anni molto più in là a causa di questi “challenging times”.
Ha aperto così solo virtualmente ieri, 17 giugno, la VIP preview di una delle fiere più attese di tutto l’anno, preceduta da una virtual welcome reception con i direttori Marc Spiegler, Noah Horowitz e Adeline Ooi.
Per scoprire le 4000 opere presentate da 282 gallerie da tutto il mondo, la fiera ha questa volta aggiunto nuove features alla piattaforma rispetto Hong Kong: la navigazione si è fatta infatti molto più agile, interattiva e spesso arricchita con un contesto di video e presentazioni che fanno da cornici significanti alle immagini da scorrere.
Rimane il fatto che, anche a detta del direttore Marc Spiegler su Financial Times, questo “amazon art world sembra un paradiso d’inferno, che non ha potere di muovere le anime”, e ci si augura presto di tornare ad accogliere i visitatori in carne d’ossa.
Qui una selezione delle opere ho deciso di segnalarvi 10 opere in vista del vostro tour “online” – per quanto difficile limitarsi a 10 fra nuove scoperte e capolavori offerti.
- KAHINDE WILEY, Rumors of War, 2019 – Sean Kelly (New York)
Della serie: solo a Basilea, ma questa volta solo a Basilea online.
Avendo programmato per la fiera fisica di esporre una versione di minori dimensioni dell’iconica Rumors of War (2019) di Kehinde Wiley, Sean Kelly ha pensato bene di sfruttare al meglio l’alternativa virtuale che non pone limiti di dimensioni e peso, offrendo direttamente l’originale della prima e unica opera scultorea monumentale realizzata dall’ormai richiestissimo artista afroamericano, e per la prima volta presentata in Times Square a New York nel Settembre 2019.
Alla fine Art Basel online offre le sue opportunità.
Ma, qualcuno “da casa”, deciderà di portarsi a casa questi 31888 kg di scultura 8mx7m?
Negli eventi degli ultimi giorni che anno visto contestati anche molti monumenti di in quanto accusati di celebrare una certa supremazia bianca a sfondi razzisti o colonialisti, sarebbe bello che fosse qualche municipalità pubblica americana, forse, ad acquistarlo, come simbolo importante di una nuova era e una nuova comunità cittadina più egualitaria.
- GINO DE DOMINICIS, Senza titolo, 1992 – Lia Rumma (Milano, Napoli)
Lo sappiamo: di opere di Gino De Dominicis, figura quasi mistica e misteriosa dell’arte italiana, ce ne sono purtroppo poche di buone, e soprattutto poche della stessa qualità per dimensioni (quasi 2,5 x 2,5 m), intensità pittorica e ottima provenienza come quella offerta da Lia Rumma quest’anno a Basilea.
L’opera, pubblicata nel catalogo a cura di Italo Tommasoni e firmata sul retro dall’artista, rappresenta in maniera emblematica il linguaggio concettuale, elegante e quasi epifanico che rende unica la sua pittura.
La stima attorno il milione appare quindi quasi d’obbligo, e con la sua poesia sospesa nel tempo fra miti e rimandi storici, ben rende onore al tema del booth iniziale “viaggio in Italia”.
- GEORGE GROSZ, Downtown Manhattan, 1933 – DAVID NOLAN Gallery (New York)
Una vera chicca dagli anni ’30 del secolo scorso, ma estremamente contemporanea, in quanto in linea con le proteste di queste settimane.
Molti galleristi del resto, nel rimodulare la propria offerta per l’edizione online della fiera, hanno apertamente manifestato l’intenzione di esprimere qualche sensibilità a temi sentiti oggi, e questa opera sembra esserne un prezioso esempio.
Con un’ottima provenienza (direttamente dall’estate dell’artista) questa guache di George Grotz denuncia già le disuguaglianze nella frenesia della metropoli Americana negli anni ’30.
- DONNA HUANCA, Spiral El Cielo, 2020 – Peres Projects (Berlino)
L’abbiamo vista emergere rapidamente a seguito dell’inclusione nell’importante premio della Rubell Foundation, quando era ancora nella vecchia sede 2 edizioni fa Basel Miami. Subito a seguire ci sono stati una serie di solo show importanti: dal Belvedere di Vienna (2018) alla Marciano Foundation a Los Angeles (oggi tristemente chiusa) fino al Copenhagen Contemporary e al solo show da Simon Lee alla scorsa Frieze Londra (2019).
Il suo approccio performativo alla pittura, soprattutto su grandi dimensioni, riporta all’autenticità di una dimensione rituale indigena, andando a orchestrare sulla tela sensazioni tattili ed energie pulsionali in modo inaspettatamente armonioso e sensuale.
Rappresentata da solide gallerie e note scopritrici di talenti come Peres Project a Berlino, Simon Lee a Londra e Traversia Quadro che in Messico City, non sarà un caso che tutte hanno deciso di portarla a Basel quest’anno, come già a tutte le altre fiere di quest’anno, mentre si rimane in attesa dei vari show museali fra i vari continenti previsti e per ora rimandati.
- TAVARES STRACHAN, Althea and Althea, 2019 – MARIAN GOODMAN GALLERY
Probabilmente vi ricordate il nome dalla scorsa Biennale, per quell’impressionante scheletro ologrammatico pulsante di energia al contempo virtuale e vivida, e rappresentate Robert Henry Lawrence Jr, un astronauta afroamericano che nel 1969 durante un incidente di volo di istruzione.
Be, se questa opera vi pare estremamente distante, bisogna tenere conto che Tavares Strachan, originario delle Bahamas, è un’artista poliedrico oltreché geniale nella sua ricerca.
Non a caso è stato presto riconosciuto ed è ora presentato da una galleria come Marian Goodman a Basilea.
Il tema delle sue opere è poi estremamente attuale, facendo spesso riferimenti, come in questo caso, alla cancellazione di individui di colore dagli “eroi” della storia passata, e moderna. In questo caso, accostandola all’omonima dea greca, l’opera ricorda e celebra Althea Neale Gibson (1927– 2003) la prima tennista americana di colore che vinse il Grand Slam (Francia), e subito dopo Wimbledon. Ancora una volta si dimostrano così notevoli i suoi accostamenti culturali e storici, per ridare dignità a personaggi di colore della storia.
- KENNEDY YANKO, Sky, 2020 – VIELMETTER (Los Angeles)
Debutto ad Art Basel per Kennedy Yanko con la galleria Los Angeliana Vielmetter, in attesa dello show che le dedicherà a settembre. Sempre a settembre potrete però vederla anche a Milano presso la Galleria Poggiali, con uno show che si sarebbe dovuto tenere ad aprile durante l’Art week Milanese, poi rimandato. Vicina tanto a Chamberlain quanto alla Process art e alle teorie del Living Theatre con cui si è formata, la Yanko approccia performativamente la scultura nel dare nuova vita a relitti industriali e del consumismo americano, salvandoli dall’obsolescenza con una sensibilità tutta femminile. Infatti all’asprezza del metallo di scarto si oppone la sensualità tattile e quasi elegante di queste particolari pelli che l’artista crea, lasciando asciugare la pittura in materia plastica avvolgente. L’artista è rappresentata negli States anche dalla solida galleria di Chicago Kavi Gupta e dalla più “hype” New Yorkese Danny Dimin, ed è già apprezzata fra comunità artistica e salotti dell grande mela oltre che in importanti collezioni come quella di JP Morgan.
- NICOLE EISENMAN, Man at the Center of Men, 2019 – ANTON KERN GALLERY (New York)
La stessa cosa di Sean Kelly deve averla pensata anche Anton Kern, che ha deciso di portare da oltreoceano (fortunatamente solo online) una scultura monumentale della fortunata artista Nicole Eisenman.
In realtà questo è solo un pezzo di una ”processione scultorea” ben più ampia presentata nella terrazza del Whitney Museum nel corso della tanto contestata scorsa Whitney Biennial 2019, prima che l’artista (già alla sua terza partecipazione alla Biennale), decidesse di ritirarla per protesta nello scandalo che coinvolgeva Warren Kanders, parte del board dei trustee del museo.
Oggi la processione scultorea è in mostra all’interno del solo show della Eisenman al The Contemporary di Austin: evidentemente, se questa parte troverà chi vorrà adottarla, la processione perderà sue istrionici componenti scultori per le sue prossime realizzazioni.
- CLAUDIO PARMIGGIANI, Untitled 2019 – Bortolami gallery (New York)
Difende l’orgoglio italiano anche in una Art Basel online il maestro solitario del dopoguerra italiano Claudio Parmiggiani.
Dopo l’enorme libreria Delocazioni presentata alla scorsa Art Basel Miami, la galleria New Yorkese (ma dall’animo fondatore Italiano) di Stefania Bortolami, sceglie di portare due opere di Parmiggiani che hanno saputo subito conquistare il pubblico internazionale con la loro poesia. Una poetica, quella di Parmiggiani, fondata sulla memoria, nostalgia, ed effimeralità che forse, mai come in questo delicato di comune fragilità esistenziale globale, il pubblico sa empaticamente sentire ed apprezzare.
- SAM GILLIAM, Untitled, 1970– Mnuchin Gallery (New York)
Continua a crescere la domanda di opere dell’astrattista afro-americano a lungo trascurato fra le schiere dell’espressionismo astratto, e ora fra i più richiesti sul mercato. Così, dato che è ormai impossibile trovare sul mercato i suoi splendidi teloni arcobaleno e le tele medie volano già al milione, (come Pac (1970) da Christie’s lo scorso Novembre) crescono inesorabilmente i prezzi anche per le sue più atmosferiche gauche su carta, tanto che un 45x60cm circa viene offerto a $100.000 ora Mnuchin – quando fino a qualche anno fa era sul range di poche decine.
Sarà la voglia di colore in questo difficile momento, ma la poesia delle opere di Gilliam dopo anni pare aver ormai conquistato (finalmente) il mercato Americano, ma non solo.
- GIORGIO GRIFFA & RICHARD LONG: HORIZONTAL – VERTICAL – Galleria Lorcan O’Neill (Roma)
Menzione speciale per l’intero concept, del tutto inaspettato, va alla Galleria Galleria Lorcan O’Neill, che decide di onorare uno dei maestri Italiani come Giorgio Griffa affiancandone le ritmiche linee di un raro gruppo di lavori, con uno dei maestri inglesi come Richard Long, presentato con i suoi più recenti mud painting.
Ne risulta un brillante accostamento fra diverse linee dell’orizzonte, fra tocco umano e natura.
Si scoprono così inaspettate affinità fra due contemporanei che, condividendo in qualche modo lo stesso culto di Klee del “portare a spasso una linea” dimostrano un medesimo e prezioso sentimento di essenzialità, apertura e poesia nel ritmo discontinuo, ma per questo organico, delle loro composizioni.