Tra Milano e Roma, in arrivo una settimana di aste da Finarte dedicate a gioielli, orologi, argenti e monete. Nella capitale sarà esitata una collezione di orologi swatch, il cosiddetto “second watch” che ha vestito il polso di milioni di persone
Si parte da Milano dove inaugura il 22 giugno la Jewelry Week. Fino al 25 giugno Finarte presenta un’ampia asta divisa in quattro sessioni. Tra i numerosi lotti in catalogo gioielli di diversi i periodi storici a partire dal 1800, come il lotto 316, una splendida spilla in argento, diamanti e perle naturali che ci si può aggiudicare a partire da 3.000 € o la demi parure appartenuta alla celebre ballerina Virginia Zucchi, pubblicata nel libro Virginia Zucchi genio della danza dell’Ottocento, in asta al lotto 462 per 1.500 €.
Dall’800 alla bell’époque, all’Art Déco con le sue forme geometriche e contrasti cromatici, di cui è un affascinante esempio il lotto 470, orecchini in platino decorati da diamanti con diversi tagli e con terminali frangiati e punzone del fascio (base d’asta 2.000). Si passa poi ai motivi leggeri con belle lavorazioni degli anni ’40 come la spilla in platino e diamanti (lotto 495) scomponibile in orecchini e clips, per poi inoltrarci negli anni ’50 con produzioni animalier decorate da smalti policromi tra cui una spilla in oro bicolore pietre verdi e smalti a forma di tigre (lotto 124) e un bracciale di gusto floreale in oro giallo (lotto 206).
Tra i gioielli d’epoca, ormai introvabili, la collana (lotto 517) in platino a bavaglino con 40 carati di diamanti taglio vecchio, di produzione europea francese scelta come copertina del catalogo.
Degli anni ’60 i gioielli in oro di design dedicati anche al pubblico maschile come il lotto 217 composto da due gemelli e un fermacravatta in oro, zaffiri e diamanti. Passando per gli anni ’70 si giunge al periodo moderno, caratterizzato da linee più pulite come i lotti 286 e 285, un anello e un paio di orecchini in diamanti ed oro bianco stimati rispettivamente 2.200 € e 1.200 € fino ad arrivare ai giorni nostri ai lotti 169, bracciale a maglia groumette impreziosito da diamanti taglio brillante, base d’asta 5.000 €, e 514 anello con smeraldo Zambia, una chicca realizzata a cupola che si si può aggiudicare in asta a 18.000 €.
Presenti i migliori nomi della manifattura italiana, caratterizzati da impeccabili lavorazioni uniche ed ormai introvabili, fatte a mano: tugogas, milligrano, coue de rat, traforo, bulino, oro, platino e argento. Tra i lotti in asta numerosi gioielli di Mario Buccellati, come il lotto 39, un anello in oro bicolore con un raffinato e delicatissimo decoro a foglie incise stimato 1.000 €. Immancabili anche i gioielli delle più prestigiose firme internazionali dell’alta gioielleria da Cartier (lotti 353 e 420) a Chaumet (lotti 498, 501, 414), da Tiffany & Co (lotto 415) a Van Cleef & Arpels (lotto 512).
Completano l’offerta dei lotti gli argenti, tra cui uno spettacolare servizio di posate di Tiffany e Co al lotto 609, gli orologi, di cui troviamo il top lot dell’asta al lotto 677, Rolex Daytona ref. 62625 stimato 25.000 €, e infine importanti collezioni di monete tra cui il lotto 722, 20 lire, 1925 anno V, Vittorio Emanuele III stimata 8.000 €.
Nella giornata di mercoledì 24 giugno l’attenzione si sposta a Roma dove sarà dispersa una importante collezione di orologi swatch, il cosiddetto “second watch” che ha vestito il polso di milioni di persone
Dietro ogni grande storia di successo c’è una sfida e una scommessa, che spesso e volentieri nasce da una crisi. Siamo verso la fine degli anni Settanta e l’industria orologiera svizzera assisteva ad un rapido declino determinato dall’invasione del mercato giapponese; orologi creati attorno al movimento al quarzo, paradossalmente di invenzione svizzera, in grado di passare dallo 0% al 42% del mercato mondiale nel giro di pochi anni.
L’invenzione dello Swatch
Il prototipo che anticipa l’invenzione dello Swatch si chiamava Popularius, nome spartano ma che già indicava chiaramente la destinazione popolare (pop) del prodotto: “a low-cost, high-tech, artistic and emotional «second watch»”, lo Swatch appunto. Gli Swiss watches (S’watches) destinati al mercato americano escono nel novembre 1982, un test che non sfonda. In Svizzera l’intera prima produzione, 25 orologi, viene lanciata ufficialmente nel marzo 1983, quindi distribuita negli Stati Uniti, in Inghilterra e successivamente in Germania. Dietro tutto il progetto un genio del marketing, dell’ingegneria applicata, della strategia aziendale: Nicolas G. Hayek, all’epoca Chief Executive Officer di Hayek Engineering.
Oltre ad alcune fusioni societarie strategiche, Hayek si lanciò nell’impresa impossibile: realizzare un orologio al quarzo quasi perfetto e contemporaneamente di costo estremamente contenuto, funzionante con la metà dei componenti solitamente necessari (da 90-150 a 51 appena). Ma il progetto tecnico da solo non bastava, e questo Hayek lo sapeva bene, serviva uno scatto in altra direzione. Il tocco geniale fu un progetto marketing avanzato e fantasioso.
“Da un lato, Hayek chiese ad alcuni amici artisti di utilizzare quell’orologio di plastica nera (erano così i primi prototipi Swatch) per “dipingerlo” come fosse una tela; dall’altro, si rivolse alle banche per finanziare un progetto sul quale prevedeva di raggiungere il pareggio una volta venduti i primi due milioni di pezzi”.
In poco più di un anno si raggiunse il pareggio, nell’autunno del 1984 si raggiunsero i dieci milioni di esemplari e, nel 1988, si arrivò a 50 milioni. Nell’autunno del 1992, ossia dopo dieci anni dal lancio sul mercato del brand, la cifra salì a 100 milioni, per raggiungere i 200 milioni nel 1996. Una crescita impressionante, una case history da manuale, dichiarava Hayek: “Il sistema realizzativo messo a punto dai nostri ingegneri ci portò, all’inizio, a pianificare un quantitativo di 5 milioni di orologi all’anno, tanto che venimmo ritenuti pazzi dagli operatori di mercato. Ebbene, gli ottimi risultati di vendita c’indussero, per l’anno successivo a prevederne 12 milioni. A divenir pazzi, a quel punto, furono tutti coloro che si trovarono schiacciati dal fenomeno Swatch, e che dovettero rivedere tutte le strategie”.
Orologi svizzeri di qualità, fatti di plastica ma non solo; la sperimentazione costante ha nel tempo introdotto nuovi materiali, dalla plastica all’acciaio e all’alluminio, fino ai tessuti sintetici, alla gomma e al silicone. Ma è nello sviluppo innovativo del design che la Swatch ha raggiunto l’apice della sperimentazione e della fantasia: “Hayek ha voluto intendere Swatch, non solo come contenitore di qualità e tecnologia accessibile a tutti, ma come modo di comunicare, un ‘pezzo parlante’ studiato per permettere a chi lo indossava di mostrare chi era e come si sentiva.” Ed ecco che vennero creati – nei quasi quattro decenni di vita del marchio – modelli iconici ed “emozionali” che hanno fatto la storia della moderna orologeria, intesa anche come sfida continua al mercato dell’arte e del design.
Gli Swatch possono a ragione considerarsi eredi della Pop Art degli anni Sessanta, fonte continua di ispirazione per artisti di almeno due generazioni, diventando loro stessi materiale artistico. Pittori, scultori, musicisti, registi si sono cimentati con questi oggetti di design, a cominciare da Christian Chapiron col suo Kiki Picasso del 1984, per passare al pittore americano Keith Haring, che creò tutta una serie di prototipi a metà degli anni Ottanta e quattro Swatch con i suoi disegni, tra i quali il Mille Pattes (1986), prodotti e lanciati negli Stati Uniti. Da allora, moltissime furono le collaborazioni creative, tra le più significative quelle di Alfred Hofkunst, Jean-Michel Folon, Sam Francis, Mimmo Paladino, Mimmo Rotella, Nam June Paik, Not Vital, Akira Kurosawa, Spike Lee, Renzo Piano e Moby. Parte integrante di ciascuna Swatch Art Special Edition è la confezione, spesso divertente e originale quanto gli orologi stessi.
La collezione in asta da Finarte
La collezione in asta – che sarà venduta come un lotto unico che stima 75-85 mila euro – contiene 1241 esemplari dall’inizio della produzione (1983) sino a tutto il 1996. Quattordici anni di orologi Swatch, tutti nelle loro confezioni originali, MAI USATI. Probabilmente la più importante collezione italiana in mano privata, molti dei quali con certificati di garanzia incorporati nella confezione, con la relativa numerazione del lotto prodotto e messo in commercio.
Nell’insieme spiccano per rarità e preziosità soprattutto gli Special “Art”.
Il Kiki Picasso è l’esemplare n° 82/120 a 5 colori. Opera del pittore/grafico Christian Chapiron, primo artista a firmare uno Swatch. Il cinturino porta la sua firma, la cassa, senza numeri e codici sul retro, è quella iniziale del 1983. In un ricevimento dell’IRCAM di Parigi (Centre National des Arts et de la Culture) presso il centro Pompidou, vennero distribuiti i 120 esemplari ad alcune personalità.
Il Davos Simposium del 1985 (soli 200 esemplari) venne distribuito ai partecipanti economisti riunitisi per l’annuale Forum, tra cui Henry Kissinger. Il presente esemplare è la prima edizione col testo sul quadrante.
L’introvabile Jelly Fish opera di Andrew Logan venne distribuito a Londra il 31/05/1985 in soli 50 esemplari destinati a premiare i vincitori dell’Alternative Miss World, sponsorizzato quell’anno dalla Swatch. La spilla-scultura firmata da Logan presentava sul cinturino del materiale scultoreo simile a un pesce con pietre preziose, brillantini e perle. Sul retro, accanto alla spilla da balia, Logan incise il suo nome e l’acronimo A.M.W. (Alternative Miss World).
L’Oigol Oro del 1985 è opera di Mimmo Paladino, qui conservato nell’originale confezione nera opaca con garanzia e certificato di autenticità. L’esemplare fa parte della prima di due serie, con numerazione araba, limitata a 100 esemplari. Questo è il n° 27/100, destinato – nella documentazione tenuta dalla casa madre – alla cantante Madonna in occasione della festa Vip alla terrazza Martini a Milano. Con garanzia e certificato di autenticità.
I quattro orologi firmati da Keith Haring nel 1985-’86 hanno una tiratura di 9.999 esemplari e sono tra i più ricercati e rari del mercato: la serie completa venne venduta nel 1991 dalla Christie’s di Londra per circa 12 milioni di Lire. Di estrema rarità è anche il Rorrim 5 opera di Tadanori Yokoo, realizzato nel 1987 in soli 5000 esemplari. Venne inizialmente distribuito solo in Giappone, per poi arrivare sul mercato europeo. Ha quotazioni superiori ai € 2000.
Affascinante anche la storia dei 6 Black Puff destinati al mercato americano (1988). Il nome della collezione, “Blow your time away”, richiama la peculiare caratteristica di questi orologi: la presenza di un nugolo di peli d’angora (puff) in sei diversi colori fissati ad un anello di ottone sul vetro, il termine “puff” si può tradurre in soffio e l’idea è quella di soffiare via il tempo…un invito dunque a liberarsi della schiavitù delle lancette. Per leggere l’ora, bisogna soffiare via i peli dal quadrante dell’orologio.
Dal primo Swatch uscito nella primavera del 1983, dal codice GB101, sino all’ultima serie Swatch X 007 dedicata a James Bond e ai suoi eterni movies (uscita a febbraio 2020), questi iconici oggetti utili a misurare il tempo hanno sempre rappresentato qualcos’altro: l’evoluzione del gusto, le passioni di almeno due generazioni di appassionati collezionisti, le trasformazioni impetuose di oggetti che nel misurare il tempo ci danno anche la misura di quanto e come siamo cambiati, da allora. E questa straordinaria collezione – che condensa e rappresenta ampiamente i primi 14 anni della Swatch – è la testimonianza viva e vitale di quanto un orologio semplice e popolare possa rappresentare, nelle sue multiforme sfaccettature, un’intera società.
Jewelry Week / Gioielli, Orologi, Argenti e Monete
Milano, da lunedì 22 giugno 2020 a giovedì 25 giugno 2020, ore 14:30
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The Swatch Collection
Roma, mercoledì 24 giugno 2020, ore 14:30